«Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza
armeria»
(da un antico detto
monastico)
Dom Jean-Baptiste Chautard O.C.S.O. (1858-1935), L’anima di ogni apostolato, reprint
dell’8a edizione (Paoline 1958), pp. 311
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Dopo il Trattato della vera devozione alla Ss.ma
Vergine, scritto da san Luigi Grignion di Monfort, un altro libro che diede
un inestimabile beneficio alla mia vita spirituale e alla mia vocazione
contro-rivoluzionaria fu L’anima di ogni apostolato, scritto dal celebre
abate trappista dom Chautard.
Nato in un paesello di una regione montagnosa della
Francia, questo insigne uomo di Dio sentì risuonare precocemente nel suo intimo
il richiamo della Trappa. Avendo abbracciato la vita religiosa, divenne non
soltanto un monaco esemplare, ma anche un ardito e vittorioso combattente per
la causa cattolica, perseguitata dall’anticlericalismo francese all’inizio del
nostro secolo.
Dom Chautard visse durante il pontificato di San Pio
X, quando il progresso tecnico e industriale del mondo contemporaneo cominciava
a dare grandi prove di sé. Ai suoi fautori, tale progresso appariva come
antitetico alla Chiesa tradizionale, la quale sembrava lenta, impolverata dal
passato, radicata nei suoi dogmi e nei suoi immutabili princìpi morali: una
Chiesa, quindi, che pian piano veniva trascurata da tutte le persone che
s’inebriavano di modernità.
Questa ebbrezza recava, di conseguenza, un grave
rilassamento spirituale, provocando non poche apostasie. Per affrontare questa
decadenza religiosa, molti sacerdoti zelanti incominciarono a fondare quelle
che si chiamarono “opere pie”, cioè cattoliche. Erano luoghi in cui i giovani
potevano riunirsi senza mettere a rischio la loro vita spirituale; in cui, a
fianco di sani svaghi, ricevevano lezioni di catechismo ed erano formati nella
conoscenza della dottrina cattolica.
Queste opere evitarono che innumerevoli giovani
cadessero sotto le grinfie del male. Fu senza dubbio un frutto abbastanza
prezioso... ma insufficiente. Occorreva conquistare nuove anime alla Chiesa, il
che non avveniva. Rappresentava, dunque, uno sforzo colossale che però
produceva un risultato esiguo.
“O cerco di santificarmi, o non sarò che un pagliaccio”.
Profondo osservatore delle cose, dom Chautard mise
allora il suo vigoroso dito nella piaga e scrisse il libro L’anima di ogni apostolato. Il titolo rivela già una grande verità:
esiste dunque un apostolato senz’anima, poiché se esiste un’anima di ogni
apostolato vuol dire che quest’ultimo può essere fatto con essa o senza di
essa. Dom Chautard dimostrerà, appunto, che l’apostolato delle “opere pie” non
otteneva migliori frutti proprio perché non aveva anima.
Qual è, dunque, quest’anima di ogni apostolato? La
risposta a questa domanda m’interessava moltissimo. Infatti, desiderando
realizzare la Contro-Rivoluzione, un’opera eminentemente apostolica, volevo
invitare ed attirare a questo ideale i giovani del mio tempo. Notavo però la
relativa inutilità degli sforzi che, a questo fine, si facevano intorno a me.
Donde il mio immenso interesse nel prender conoscenza della dottrina esposta
dall’abate trappista.
Secondo dom Chautard, la sostanza dell’apostolato sta
nel fatto che l’apostolo sviluppi nella sua anima, in grado superlativo, la
grazia di Dio e la trasmetta agli altri. Quando qualcuno possiede in sé, in
modo intenso ed abbondante, la vita della grazia, l’azione di Dio si fa sentire
– persino involontariamente – attraverso questa persona, su coloro ch’essa
vuole conquistare. Nelle loro anime, tale azione produce quindi frutti
spirituali analoghi a quelli che ha prodotto nell’anima dell’apostolo. Così, l’apostolato
sarà fecondo quando il suo strumento umano godrà di una elevata partecipazione
alla grazia divina; sarà invece sterile quando questa partecipazione sarà
insufficiente.
Dom Chautard insiste però nel dire che, per il pieno
successo, non basta che l’apostolo viva nel semplice stato di grazia; occorre
ch’egli lo abbia con sovrabbondanza, affinché i doni celesti trabocchino dalla
sua anima a quelle dei suoi discepoli.
Questa dottrina, dom Chautard la dimostra con una
ricchezza di argomenti inoppugnabili, illustrandoli con diversi esempi che egli
colse dalle sue polemiche apostoliche.
Dinanzi a questo luminoso insegnamento, io mi posi il
problema: “Quel che dice è perfetto e tutti questi argomenti valgono pure per
il mio apostolato. Quindi, o io cerco di santificarmi, o non sarò che un
pagliaccio. Trascorrere una vita spensierata, piacevole, senza sofferenze,
illudendomi di realizzare nel mondo le trasformazioni che desidero, è pura
fantasticheria! Non otterrò nulla, perché non avrò il grado di fervore
necessario. Dunque, per concretizzare le mie aspirazioni, bisogna che io
miri... alla santità!”.
“Senza il libro di Dom Chautard, io avrei perduto la
mia anima”.
Esponendo la sua dottrina, dom Chautard indica come
grandi indizi della santità specialmente la purezza e un’altra virtù, verso la
quale avevo una certa incomprensione: l’umiltà. Benché io sapessi che si
trattava di una caratteristica cristiana, e sebbene avessi letto nei Vangeli
che Nostro Signore fosse stato infinitamente umile nella sua vita terrena, le
persone che mi erano indicate come modelli di umiltà mi sembravano caricature
di questa virtù. Provavo quindi difficoltà nel capirla.
Questo problema si risolse con la lettura dell’opera
di dom Chautard, la quale mi fece capire che l’umiltà è, fondamentalmente, la
virtù per cui non cerchiamo di attribuire a noi stessi quel che appartiene a
Dio. Quindi, se nel fare apostolato convertiamo qualcuno, dobbiamo ammettere
che non siamo stati noi ad averlo fatto, bensì Nostro Signore Gesù Cristo, servendosi
di noi. Un uomo può quindi essere un ottimo predicatore, un esimio oratore, un
eccellente catechista, eccetera; ma egli non convertirebbe nessuno, se Dio non
gli concedesse la sua grazia al riguardo.
Da un’altra prospettiva, dom Chautard mette in rilievo
che ogni uomo dev’essere umile nei confronti della persona che ha il diritto di
comandargli; ha quindi l’obbligo di compiacersi nell’ubbidire al suo superiore,
con rispetto, amore e sottomissione. Tutte queste disposizioni d’animo
conducono alla santità, la quale costituisce il cuore del completo successo di
ogni apostolato.
Nella lotta quotidiana in cerca di questa perfezione,
il libro di dom Chautard fu per me un preziosissimo aiuto. Senza di esso, io
avrei semplicemente perduto la mia anima, per esempio quando fui eletto
deputato federale. Infatti, a 24 anni, essere il parlamentare più giovane e più
votato del Brasile, sul quale in quel momento erano puntati tutti gli occhi di
tutti gli ambienti cattolici del Paese, poteva indurmi facilmente all’autocelebrazione,
a pensieri di vanità: “Che gigante sono! Essere già riuscito, così giovane, ad
impormi a tante migliaia di elettori! Che intelletto straordinario il mio!”,
eccetera.
Il risultato sarebbe stato inebriarmi di me stesso; e
quando mi fossi trovato di fronte all’alternativa – o apostatare o rinunciare
alla rielezione – avrei scelto l’apostasia. Allora, fu grazie agli insegnamenti
di dom Chautard che potei mantenermi fedele in quella delicata fase della mia
vocazione.
“Mai consentire a un moto di ebbrezza di sé, per
quanto piccolo sia”.
A questo proposito, mi ricordo di un episodio molto
significativo che mi capitò in un giorno solenne all’Assemblea Costituente,
insediata in quei tempi a Rio de Janeiro, nel Palazzo Tiradentes. Le automobili
che portavano i deputati dovevano passare davanti a una fila di soldati
schierata lungo la via che conduceva all’entrata dell’edificio. Quando l’automobile
in cui mi trovavo – da solo, in frac e cilindro – apparve all’inizio della via,
un ufficiale diede ordine di presentare le armi. Lentamente, la mia vettura
passò in mezzo a quei soldati con le armi alzate. In quel momento, provai una
tendenza a inebriarmi di quell’omaggio, perché sono sempre stato un grande
ammiratore degli onori militari, ritenendoli i più adatti a celebrare la
grandezza di un uomo. Mi sentii inclinato a compiacermi di essere fatto oggetto
di quegli onori... Nello stesso momento, però, la grazia risvegliò nella mia
anima questo pensiero: “E dom Chautard?...”.
Allora riflettei: “Devo reprimere immediatamente
questo moto d’animo, non guardare il plotone che mi sta presentando le armi e
chiedere aiuto alla Madonna”. Immediatamente deviai lo sguardo verso il lato
opposto, facendo il proposito di ignorare qualsiasi onorificenza, purché non
andasse a danno alla causa cattolica.
Ritengo che molti giovani, trovandosi in situazioni
analoghe, se non avranno letto L’anima di ogni apostolato, si troveranno
in grave rischio di perdersi, cedendo alla vanità. In questa materia è
necessario essere meticolosi e non consentire mai a un moto di ebbrezza di sé,
per quanto piccolo sia. Così, quando ci elogiano, ci applaudono o riconoscono
in noi qualche qualità, dobbiamo sforzarci di non badare a queste lodi.
Cerchiamo di essere umili con naturalezza, senza falsa modestia e senza
arroganza. Però con un timore maggiore di diventare orgogliosi che
artificiosamente umili: questi infatti godono di attenuanti e potrebbero quindi
arrivare in Cielo; ma i vanitosi troverebbero chiuse le soglie della
beatitudine eterna... Ecco alcune preziose lezioni che ho tratto dalla lettura
dell’ammirevole opera di dom Chautard.
Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995)
[estratto
di una conferenza tenuta dinanzi a giovani cooperatori della Società Brasiliana
per la Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà, di cui Plinio Corrêa de Oliveira è stato il fondatore e presidente]
L’anima di ogni apostolato