[Sabato 8 maggio 2022, presso la chiesa di Saint-Roch a Parigi, alla presenza di circa 900 fedeli, si è svolta una Messa pontificale celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., padre abate dell’abbazia Sainte-Madeleine du Barroux, per commemorare i 40 anni dell’associazione Notre-Dame de Chrétienté, organizzatrice dell’annuale Pellegrinaggio di Pentecoste da Parigi a Chartres. Qui di seguito l’omelia di Dom Louis-Marie (trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.).]
Signor Cappellano,
Signor Presidente,
Cari Amici di Notre-Dame de Chrétienté,
La Provvidenza è stata così gentile da fare celebrare a un padre abate benedettino la santa Messa per solennizzare i quarant’anni dell’associazione Notre-Dame de Chrétienté. Permettetemi dunque di salutare – da lontano per la distanza, ma da molto vicino con il cuore – Sua Eminenza il cardinale Robert Sarah, che ha preferito rinunciare a celebrare questa Messa per ragioni diplomatiche.
È dunque un benedettino che è qui, a duplice titolo: come superiore di una comunità fondata, mezzo secolo fa, sulla celebrazione della sacra liturgia secondo gli antichi libri liturgici, e come successore di Dom Gérard, che vi saluta dal cielo. Il fondatore dell’abbazia di Sainte-Madeleine è stato sin dall’inizio un ardente sostenitore del pellegrinaggio, incoraggiando i laici che furono all’origine di quest’opera audace e – va detto – di reazione contro l’apostasia generalizzata di una società impazzita.
Dopo quarant’anni di fedeltà, di lotta, di prove, di lacrime, quarant’anni di ammirevole generosità da parte di tanti cattolici, di tanti laici e sacerdoti, dopo quarant’anni di fatica, di croci, ma anche di gioia e di speranza, quale bilancio possiamo fare?
In quanto monaco benedettino, permettetemi di trasmettervi alcune esortazioni di san Benedetto indirizzate al padre abate. Perché il padre abate?
Perché tutti voi qui presenti, che avete una certa responsabilità nel pellegrinaggio, partecipate alla grazia di Cristo capo.
Sì, lei, signor Presidente, e tutti voi, suoi collaboratori, fino ai capi dei capitoli e tutti i “decani” (cfr. Regola, cap. 21), come li chiama san Benedetto. Sì, tutti voi, ognuno al suo posto, senza clericalismo e senza alcun anticlericalismo, siete parte di questa grande opera al servizio della gloria di Dio e della salvezza delle anime.
La prima esortazione è di ricordare il nome che portate (cfr. Regola, cap. 2, 1-2).
Per san Benedetto, questo è molto importante. Perché per quest’uomo imbevuto di Sacra Scrittura, il nome è una chiara identità. Il nome è anche una missione. “Nostra Signora della Cristianità”: questo è il vostro nome. Nostra Signora, colei che è stata scelta da Dio. Un nome è una vocazione, una chiamata, un amore di preferenza. Sì! Siate certi che Dio ha puntato il suo dito su di voi, e ha detto: “Tu! Vieni e seguimi su questa strada. Vieni dietro di me in una vicinanza interiore fatta di grazia, nel dono dello Spirito Santo e d’inabitazione interiore”.
Nostra Signora della Cristianità: ecco la vostra missione. Una missione che può apparire al di là di ogni speranza umana e che in una certa misura è destinata al fallimento, a tal punto il rapporto di forze è ineguale. Ma cosa posso dirvi? Solo che è il vostro nome, la vostra missione, quindi è la vostra ragion d’essere: lavorare per stabilire il letto temporale del fiume spirituale. Non abbiate paura e soprattutto non scoraggiatevi mai. Ci sono voluti sei secoli a san Benedetto per coprire l’Europa con un manto bianco di monasteri di monaci e monache. E non era peraltro il suo progetto. Ma, cercando veramente Dio, ha “avviato un processo”, come dice Papa Francesco.
Nostra Signora della Cristianità è un nome, è una missione, è un inizio. Dopo 40 anni di esistenza, la vostra missione è appena iniziata.
La seconda esortazione che vi trasmetto di san Benedetto all’abate è di insegnare ai figli con la sana dottrina e l’esempio (cfr. Regola, cap. 2, 11-12). Più con l’esempio che con la dottrina, certo, ma mai senza di essa.
Accogliete questa esortazione con fierezza, perché per 40 anni, indipendentemente dai presidenti, dai cappellani, questa preoccupazione dottrinale è sempre stata cruciale. Con un’ovvia preoccupazione per l’adattamento, ma senza mitigazione o debolezza.
Alcuni potrebbero essersi chiesti se un pellegrinaggio fosse il luogo ideale per l’insegnamento. Don Coiffet si era posto la domanda e la risposta era venuta naturalmente: sì, e soprattutto nel nostro tempo che vede una grande crisi della fede. Ciò che è in gioco, soprattutto oggi, non è solo la conoscenza. È vero che anche i cristiani ignorano i misteri più basilari della fede: la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, la presenza reale nell’eucaristia, la natura sacrificale della santa Messa.
Ma il male non è più profondo? Santa Bernadette di Lourdes ignorava molti punti della dottrina, ma aveva la fede, aveva questa virtù soprannaturale dell’obbedienza dell’intelligenza a una rivelazione, a una verità trascendente, che viene da Dio e che è trasmessa da Dio attraverso la Chiesa. Il dramma va così lontano perché non solo le anime non sanno più dove trovare la luce, ma arrivano al punto di pensare che non ci sia luce autentica proveniente dall’alto. Il mondo moderno non è solo un’apostasia della vita interiore, è anche un rifiuto della trascendenza. Le sintesi sinodali mostrano fino a che punto anche i cristiani impegnati hanno perso non solo la fede, ma il senso della fede.
Quindi, sì, è importante e urgente dare, durante questi incontri di giovani, il gusto per la dottrina, il senso della fede. Sì, è della massima importanza dare loro la possibilità di alzare gli occhi verso la verità e – perdonatemi l’espressione – d’infilare il muso nella verità. Compelle intrare, “spingili a entrare” (Lc 14,23). A volte basta un’esperienza, uno shock sentito grazie allo splendore della verità, per aprire all’anima un cammino di conversione e d’impegno al servizio del Signore.
San Benedetto aggiunge che il buon esempio è decisivo, e vorrei salutare oggi tutti i laici che hanno dimostrato una generosità edificante nel preparare, organizzare, accompagnare, a volte adattare, il corso del pellegrinaggio. E vorrei salutare tutti i sacerdoti che camminano coraggiosamente ogni anno in mezzo al gregge per confessare, insegnare, illuminare, adattarsi a ogni situazione. Ma soprattutto, vorrei incoraggiarvi, se necessario, a prendervi cura della sacra liturgia. Perché qual è l’esempio migliore, il segno più eloquente dello splendore della verità di una sacra liturgia? Se amiamo la liturgia celebrata secondo il messale di san Pio V, è soprattutto per il suo senso del sacro e per il rispetto dovuto a Dio.
È innegabile che molti giovani abbiano scoperto questo universo che, per loro, non è una cosa vecchia, ma una novità totale. La liturgia tradizionale non è nostalgia del passato, è l’ingresso in un mondo nuovo. Mi fermo qui perché sento che sto predicando ai convertiti.
Mi rimane una terza istruzione da trasmettervi da san Benedetto, e che rileggo due volte l’anno nel capitolo mattutino con tremore.
San Benedetto esorta l’abate a ricordare spesso che sarà responsabile di fronte al Signore nel giorno del giudizio, non solo per le proprie azioni, ma anche per quelle del suo gregge (Regola, capp. 2 e 64).
Sì, il Signore ci affida le anime. E se ognuno ha la responsabilità ultima dei propri meriti e dei propri difetti, abbiamo anche la missione di portare i fardelli gli uni degli altri (Gal 6,2). Abbiamo quindi una parte di responsabilità per la salvezza delle anime. È d’altro canto una missione generale che ogni cristiano riceve al battesimo: quella di partecipare, di prendere parte alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime.
San Benedetto parla molto spesso dei fini ultimi e dei conti che ognuno dovrà fare con il Signore per quello che ha fatto e per quello che non ha fatto. È una chiamata alla responsabilità e, per noi, a renderci conto che questo regno di Dio per il quale lavoriamo non è di questo mondo. Notre-Dame de Chrétienté, se è stata fondata per lavorare per il radicamento delle verità cristiane nella società, non deve mai dimenticare l’orizzonte eterno che è il vertice della storia.
San Benedetto specifica due punti particolari sui quali il padre abate sarà giudicato per quanto riguarda il suo ministero: la dottrina dei suoi fratelli e la loro obbedienza (Regola, cap. 2,6).
Ho già parlato della dottrina.
Ed è con le pinze che mi avvicino al tema dell’obbedienza.
Con le pinze perché i giovani cattolici in generale sono in collera. Alcuni vescovi ne sono emozionati e sorpresi. Bene, voglio dire ai giovani cattolici, a quei giovani che rimangono fedeli alla fede, alla liturgia tradizionale e alla Chiesa cattolica, che questa collera è comprensibile. Perché la collera è quella passione che Dio ha creato per aiutarci ad affrontare il male. E Dio sa quanto siete stati aggrediti.
Ma aggrappatevi alla chiamata del Signore: “Adiratevi e non peccate”, Irascimini et nolite peccare (Ef 4,26, citando Sal 4,5). Aiutiamo i giovani a mantenere la linea di cresta. Ho ancora, nell’orecchio e nel cuore, il grande grido di don Alexis Garnier: “duplice fedeltà”. Lo faccio mio oggi. È una sfida. Ma il pellegrinaggio di Notre-Dame de Chrétienté non porta forse il nome di “Pellegrinaggio di Pentecoste”, e quindi dello Spirito Santo, e quindi dei doni dello Spirito Santo che ci danno la forza di percorrere la strada giusta in condizioni estreme? Devo concludere questa omelia e lo farò suggerendovi all’orecchio un ultimo consiglio benedettino. San Benedetto dice all’abate: “Non preoccuparti troppo, mio brav’uomo, altrimenti non avrai mai riposo” (Regola, cap 64,16).
No, non ti preoccupare troppo perché sei troppo piccolo per essere responsabile di tutto.
Non ti preoccupare troppo perché il Signore è più grande di te, ed è il vero Re delle nazioni, e lo sa.
Non ti preoccupare troppo perché Maria è qui, colei che ha dato alla luce il Salvatore in una miserabile mangiatoia, colei che ha visto morire su una croce il vero Re, colei che lo ha visto risorto, colei che ha visto dei poveri uomini andare a predicare alle nazioni.
È ancora qui.
È sempre qui.
Amen.