Dom Charbel Pazat de Lys O.S.B. durante l'omelia. |
[Come abbiamo annunciato in precedenza, lo scorso 18 maggio 2015 i monaci benedettini dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux si sono recati in visita a Genova. Durante la visita il Padre Abate, Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., ha celebrato una Messa Abbaziale, nel corso della quale si è tenuta la professione di due oblati dell'abbazia provenzale, sr. Teresa e fr. Agostino. L'omelia, che riproduciamo qui di seguito con il permesso del monaco, è stata pronunciata da Dom Charbel Pazat de Lys O.S.B.]
Siamo felicissimi, grazie all’invito di mons. Bernini
e alla vostra splendida
accoglienza, di trovarci qui per conoscere questa bella città e testimoniare un
po’ della vita monastica! Dal cuore, vi ringraziamo
tutti dell’aiuto, della vostra presenza e della vostra preghiera.
Per capire cosa sia un monaco,
bisogna soprattutto avere un cuore di bambino. Un cuore di chi è tutto teso verso la realizzazione di qualcosa
che, per adulti disincantati, sembra un sogno, ma che è più reale di tutto quanto abbiamo attorno. Quindi parlo
specialmente ai giovani e a quanti ne abbiano lo spirito,
tanto è vero che solo i cuori di bambino sanno distinguere veramente la
realtà del sogno.
Nella civiltà dell’immagine in cui
viviamo, probabilmente alcuni di voi
hanno visto dei film dove ci sono delle porte misteriose, piene di segni
“cabalistici”, portici straordinari che fanno passare verso mondi fantastici:
pianeti, viaggi intergalattici, mondi magici. Tranne qualche eccezione, spesso
c’è molto esoterismo, e dall’altro lato si trovano mostri
orribili che stanno per mangiarci tutti, eccetto un paio di eroi.
Ma che idea di andare a cercare cose simili? Perché tutto quanto, anche quando è bello, sappiamo benissimo
che sono sogni o incubi! Perché
cercare nell’immaginazione quando abbiamo nella realtà cose infinitamente più
vere, più belle, più fantastiche?
Cosa abbiamo? Noi, abbiamo
ricevuto un’iniziazione assolutamente
speciale, che ci ha fatto uscire dal mondo delle illusioni per tornare alla
realtà; quell’iniziazione si chiama il battesimo! Essere battezzato, è appartenere a un altro mondo, sì, ma un mondo vero, al mondo della bellezza, al mondo di Dio.
Essere battezzato, non vuol dire avere una composizione strana
del sangue — sapete,
come in Star Wars —,
ma vuol dire essere riscattati dal sangue di Gesù, vivere del suo sangue,
della sua vita.
Di questo, i martiri
avevano — scusate, ne hanno
ancora oggi — una consapevolezza fortissima.
Ecco quindi la grande questione:
se sogniamo di appartenere a mondi fantastici, è perché non sappiamo a quale
mondo reale apparteniamo, e che
questo mondo l’abbiamo nel più intimo di noi stessi. Eccolo lì, nei vostri cuori, adesso,
che chiama, canta, tira, spinge.
Chi è? Dio. Sì, ma Dio, chi sei?
Amore, cioè, unione.
Cari amici, bambini o adulti, il
mondo straordinario del quale tutti sogniamo e che ci abita,
è Dio, che è unione,
perché è inseparabilmente tre Persone in un solo Dio, Trinità.
Dio ci chiama all’unione perché là è sé stesso.
Anzi, inventò l’Eucaristia proprio per questo, perché vivendo di Gesù, entriamo
in quella unione.
Non è così complicato: se siamo
tentati di fare qualche sciocchezza e c’è una vocina nel cuore che ci dice di no, allora non c’è unione nel cuore: da una parte la
tentazione, dall’altra la coscienza. Il disagio finisce quando torniamo all’unione:
i sentimenti seguono la coscienza. Altro esempio: quand’è che siamo
felici, in famiglia o nel gruppo? Quando siamo uniti, come nei più bei
Natali. Lì c’è la pace. In questo
mondo pazzo, chi non desidera trovare l’unione, la pace?
Ebbene, questa sete di pace, di unione, di amore, che portate nel più
intimo dei vostri cuori, è la prova che appartenete a un altro mondo che non è quello delle divisioni,
dell’odio e dell’egoismo. Il battesimo vi ha aperto gli occhi al mondo vero, il
nostro, quello di Dio Trinità. E facendone parte, siamo tutti dell’immensa
famiglia di coloro che gli appartengono; una famiglia unita in Dio, una
famiglia dove si trovano tutti i
santi, gli eroi dell’amore.
Come fare perché questo riesca a
cambiare qualcosa in noi e attorno a
noi? Naturalmente ognuno farà degli sforzi per vivere nella carità. Ma siccome nelle circostanze
concrete è spesso difficile, e poiché c’è gente
che non sa, non può o non vuole, è anche estremamente importante che ci sia un contrappeso, dei centri, anzi delle
centrali di unione, delle fabbriche di pace, dei reattori di amore, dei testimoni del cielo.
Quelle centrali, quei reattori, sono i monasteri; quei testimoni sono i martiri
e i monaci. Bisogna che Dio si scelga delle persone decise a prendere dei mezzi più radicali affinché
niente si opponga all’unione, all’amore, a quella
chiamata interiore che Dio ha messo
nei cuori. Persone affascinate, abitate, afferrate dalla bellezza, dalla gioia, dalla grandezza dell’unione d’amore
infinito che regna in Dio, nella Trinità. È quello che cerchiamo di essere
noi monaci.
Perciò, come diceva il nostro fondatore, i monasteri sono dita silenziose tese verso il cielo, sono porte verso
l’altro mondo, finestre
dalle quali si vede, non a migliaia
di chilometri, ma quel mondo straordinario di luce e bellezza che costeggiamo ogni momento
senza accorgercene: la vita di Dio in noi, la comunione dei santi. Non si deve immaginare che i contemplativi facciano sforzi mentali
di concentrazione, di
riflessione, contrazioni di cervello, o che utilizzino
telescopi o microscopi… No, un contemplativo è quello che ha sistemato le cose per vedere tutto con occhi
di credente; il suo telescopio è la Regola,
la clausura, il silenzio, la liturgia:
tutto quanto raccoglie le forze per l’unione
con Dio. Anzi, il contemplativo non ha niente a che vedere con lo spettatore in poltrona…
In realtà, nell’avventura più meravigliosa che esista, sta dall’altra parte
dello schermo, come attore nella vita stessa di Dio nello Spirito Santo.
Quando Dio mette questa sete nel
cuore dell’uomo o della donna, non svanirà
facilmente, come testimoniano le storie di tanti giovani che, dopo adolescenze di festa e fuga, finiscono per ricordare che, forse da piccoli, Dio li aveva
chiamati, avevano provato questa sete,
a un
grado particolare, di diventare attori dell’unione del mondo a Dio.
E Dio rispose a quella sete con un Sì enorme, caloroso, misericordioso, che invade l’anima di una pace inspiegabile,
dando una libertà che niente ferma
perché è resa capace di ogni sacrificio.
E così da secoli, seguendo san
Benedetto, l’Europa è stata coperta di centrali di unione, di fabbriche di pace,
di portici dell’altro mondo. Sono per
caso i benedettini specialisti di qualcosa? No, né della liturgia, né della scienza, né del lavoro,
né del gregoriano… No, il carisma
proprio dei monasteri, è di andare verso Dio in comunità, insieme, in famiglia. Ossia, vivere in
questa terra come “sacramenti” della comunione
dei santi. È per questo
che spesso attorno a essi sono state costruite delle città, perché più che parafulmini che
proteggono, i monasteri sono magneti
che attirano, diventando gradualmente famiglia di famiglie, dove un po’ di cielo si diffonde, come sobborghi di Paradiso.
Vi è che in questo mondo strapieno di reti tecniche
e sociali di ogni
genere, c'è un’altra categoria di persone che hanno scelto di estendere quei
sobborghi del Cielo con un approccio personale: come fare per vivere quanto più possibile la vita
dei monaci essendo sposati, con una
famiglia e molti impegni? Offrendosi a vivere secondo lo spirito della Regola di san Benedetto, tramite l’oblazione
secolare. È quello che stanno per
fare i nostri oblati Marrè con la loro professione.
Cari amici, non siete tutti
chiamati a fare lo stesso, ma tutti potete al vostro modo offrire le vostre vite, perché tutti voi battezzati siete dall’altra parte
dello schermo, e potete quindi essere a vostro
modo degli attori dell’unione. A questo vorremmo che la nostra presenza oggi vi possa incoraggiare. Allora,
grazie di nuovo per la vostra presenza e la vostra preghiera perché possiamo essere,
sotto il manto della Madonna, una famiglia di Dio, rivolta a Lui,
che attragga il mondo verso le gioie
della Risurrezione.
Un momento della professione degli oblati sr. Teresa e fr. Agostino. |