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San Benedetto in un disegno di Albert Gérard |
I novizi sono generalmente pieni d’energia. Talora
occorre addirittura moderarli. Un giorno Dom Gérard disse a uno di costoro,
tutto preso nell’attività manuale: «Attenzione,
bisogna durare: al giorno d’oggi le vocazioni sono rare». Dom Gérard
conosceva bene la differenza fra attivismo e zelo. Ce l’ha insegnata con la sua
fedeltà all’ufficio di Mattutino, alla lectio divina, alla preghiera, alla
corrispondenza…
La Regola di
san Benedetto si conclude con un bel capitolo sul buon zelo che i monaci devono
coltivare. In realtà, tutta la Regola
è un grande richiamo a questa virtù. San Benedetto sa bene che la pigrizia
spirituale minaccia il monaco come il leone minaccia la sua preda. La si chiama
il demone meridiano, quando il sole raggiunge lo zenit e sembra non avanzare oltre.
Il tempo appare lungo. Il povero monaco inizia a sbadigliare al tavolo di
lettura, a guardare fuori dalla finestra, a sognare altri cieli. Gli viene il
desiderio di andare a visitare i suoi fratelli, i malati, la propria famiglia.
Secondo Evagrio Pontico, dottore di vita spirituale, «l’accidia è un rilassamento dell’anima, ma un rilassamento che non è
conforme alla natura e non resiste valorosamente alle tentazioni». Si
tratta di una pigrizia colpevole che si disinteressa delle cose spirituali.
Così come, senza sforzo, non si possono gustare le gioie spirituali, l’anima
vaga a cercarne altre più facili e quindi più basse. Giacché, secondo il
principio formulato ammirevolmente da Aristotele, «all’uomo è impossibile vivere lungamente senza alcuna gioia».
Ma la pigrizia spirituale non è esclusiva dei monaci;
essa riguarda tutti e può persino diventare contagiosa. L’uomo è così influenzabile!
Padre de Vogüé, deceduto recentemente dopo una lunga vita monastica alla
Pierre-qui-Vire, piena di duro lavoro, lo ha giustamente notato: «Quando si legge che l’accidia è un’“atonia”,
come non pensare all’enorme caduta di tensione che ha fatto seguito all’ultimo
Concilio, con migliaia di defezioni nel clero e nella vita religiosa? E quando
ci viene detto che è l’instabilità a caratterizzare l’accidioso, il nostro
pensiero ritorna invincibilmente a un altro aspetto dell’aggiornamento post-conciliare: la brama di cambiare.
Senza dubbio s’invocavano le aspirazioni della gioventù, ma quelli che lo facevano
erano troppo spesso uomini di 40 anni e più, la cui sollecitudine per i giovani
nascondeva male l’indigenza spirituale e il lassismo».
Veniamo tuttavia ai rimedi. Il modo migliore di salvare
il mondo e la Chiesa è di coltivare il buon zelo al fine di propagarlo attorno
a sé. Per amare il Signore con forza, bisogna conoscerlo. Se ci costa così
tanta fatica pregare e fare il bene, è anzitutto perché non conosciamo il
Signore Gesù. Per conoscerlo intimamente, occorre iniziare con la lettura dei
Vangeli. Vediamo cosa dice sant’Ambrogio: «Quando
prendiamo in mano con fede le sante Scritture e le leggiamo con la Chiesa, l’uomo
ritorna a camminare con Dio nel paradiso» (Lettera 49, 3 ; PL 16,
col. 1204). Perché non assumere come risoluzione quaresimale di leggere un
Vangelo per intero e in maniera continuativa, o il messale, come fanno alcuni
monaci? In spirito penitenziale, come ci ricorda il Santo Padre nella Verbum Domini. «Ai fedeli cristiani che leggono almeno mezzora la Sacra
Scrittura secondo i testi approvati dall’autorità competente, con la
venerazione dovuta alla Parola di Dio e con un fine spirituale, è concessa un’indulgenza
plenaria; se la lettura dura meno di mezzora, l’indulgenza sarà parziale» (Penitenzieria Apostolica, Enchiridion indulgentiarum [16 luglio 1999], Aliae concessiones, 30, § 1).
Imparare a memoria un brano del Vangelo e ruminarlo è
sempre occasione di una grande gioia. Per esempio, può trattarsi dell’Annunciazione
o delle Beatitudini. Per i più coraggiosi sarà il capitolo 17 del Vangelo di
san Giovanni, o semplicemente la sua meravigliosa conclusione: «Padre
giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno
conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo
farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in
loro».
Buona
Quaresima!
[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, editoriale di Les amis du monastère, n. 141, 7 marzo 2012, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]
Sul buon zelo nel tempo quaresimale