[Il 31 luglio 2013 è morto il
pensatore e scrittore cattolico francese Jean Madiran (1920-2013), al secolo
Jean Arfel, oblato benedettino dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux con
il nome di fr. Jean-Baptiste. In
prossimità del trigesimo, trascriviamo di seguito la nostra traduzione dell’omelia
pronunciata nel corso del funerale – svoltosi il 5 agosto 2013, presso la chiesa
Notre-Dame des Armées, a Versailles – da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Abate del monastero di Le
Barroux.]
Signori Sacerdoti,
Signori Canonici,
Cari Padri,
Carissima Michèle,
Cara famiglia Arfel,
San Bernardo diceva in un’omelia che gli occhi sono quanto di più eccellente vi sia nel corpo,
malgrado la loro piccolezza. Diceva questo pensando alla visione beatifica.
Avrebbe potuto dirlo anche vedendo gli occhi di Jean Madiran, perché egli aveva
degli occhi eccezionali. Non solo in ragione del loro fascino, gioiosi e
scoppiettanti – uno sguardo infantile –, ma anche per quel timore reverenziale
che si provava davanti all’acutezza del suo sguardo. Jean Madiran era fatto per
la luce, ma era anche un uomo che illuminava, senza compromessi.
Ben presto si è rivolto verso la luce. Giacché prima di diventare un
maestro, come lo hanno salutato in numerosi omaggi – fra cui quelli di Philippe
Maxence, Yves Chiron e molte altre decine –, Jean Madiran è stato un discepolo
attento. Prima di Maurras, che per sette anni ha letto tutti i giorni, a
partire dai suoi quindici anni, fino a quando ha incontrato il maestro di
Martigues.
Poi fu la volta dell’altro maestro intellettuale che egli ebbe la grazia
d’incontrare nella persona di Henri Charlier. Sarebbe meglio dire gli Charlier,
la famiglia Charlier, attraverso la quale è giunta fino a lui la tradizione
vivente di Péguy e del padre Emmanuel di Mesnil-Saint-Loup.
Madiran diceva: «È stato André
Charlier a insegnarmi a leggere Chesterton, Claudel e Pascal. È lui che mi ha
insegnato cos’è il gregoriano, che mi ha mostrato la Francia, che mi ha
insegnato il silenzio. È lui che mi ha fatto comprendere quel che sapevo già ed
è lui che mi ha disposto a quel che avrei dovuto comprendere più tardi. L’essenziale
è l’educazione della libertà».
Se Jean Madiran ha saputo e potuto mettersi alla scuola di questi
giganti, è perché lui stesso aveva del genio.
Glielo disse Maurras nella prefazione al suo libro sulla filosofia
politica di san Tommaso d’Aquino. André Charlier diceva che solo Péguy si era
spinto così avanti e con tale finezza nell’arte di leggere. Se Jean Madiran ha
potuto appoggiarsi sulle spalle dei giganti, è perché con la sua intelligenza
egli aveva ricevuto dalla sua educazione la pietà filiale, che dona alla
conoscenza un’acutezza speciale, così che egli ha potuto interpretare
fedelmente quanto aveva ricevuto, e a sua volta ha potuto aggiungere luce alla
luce.
Per esempio, egli ha saputo – incoraggiato dallo stesso Maurras – sviluppare
e innalzare il pensiero politico del suo maestro, alla luce della dottrina
sociale della Chiesa, e trasmettere la luce diventando professore di filosofia precisamente
a Maslacq, dove strinse un’amicizia indefettibile con un tale Gérard Calvet, il
quale da allievo – talora indisciplinato – diventò un amico, per poi diventare
il suo padre spirituale.
Ma è soprattutto nella sua battaglia, che ha condotto con un genio
eccezionale, che Jean Madiran è meglio conosciuto, il più amato e il più
detestato, senza alcun dubbio. Una battaglia condotta in un’eclissi nella quale
tutto il mondo è all’oscuro. Padre Calmel diceva che la grande opposizione fra
la luce e le tenebre sarebbe presto finita, che si sarebbe entrati in un’epoca
di nebbia nella quale non si sarebbe più stati capaci di distinguere il
fratello dall’avversario. Ma Jean Madiran aveva buoni occhi.
Oggi possiamo ricordare tutti i fronti sui quali ha condotto la sua
battaglia spirituale con delle armi intellettuali e che lo hanno reso un maestro di dimensione
internazionale. Nell’ambito politico egli ha eccelso nella battaglia contro il
comunismo che esalava il suo profumo seduttore fino al cuore della Chiesa. È
lui che ha predisposto la più fedele traduzione dell’enciclica di Pio XI, Divini Redemptoris, e che ha pubblicato
il capolavoro La vieillesse du monde.
Nell’ambito dell’impegno cristiano e politico, ha accompagnato l’avventura
della Cité catholique, partecipando attivamente e intervenendo al primo Congresso
di Losanna, denunciando in alcuni scritti – come La laïcité dans l’Église – la sfiducia nei confronti della nostra
azione cattolica.
All’indomani del Concilio, Jean Madiran ha combattuto contro la
cattiva gestione che s’installava a vari livelli nella Chiesa universale, e in
particolar modo nella porzione che risiede in Francia.
Chi non ricorda questa costanza, fino alla sua morte, contro la
smobilitazione dei cattolici in materia d’impegno politico, o contro alcuni
erronei impegni.
In materia religiosa, Jean Madiran ha applicato quel che insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica al
numero 907, ove è detto: «In
rapporto alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli laici] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai
sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa e di
renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei
costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità
comune e la dignità della persona».
Si oppose, in tema di catechesi, ai teorici del pedagogismo poco
rispettoso della tradizione. Per convincersene, sarà sufficiente rileggere nei
suoi Éditoriaux et Chroniques, quei
testi ardenti d’indignazione, che riguardano la distruzione del catechismo. Colmò
il vuoto creato dai distruttori ripubblicando successivamente il Catechismo di san Pio X, maggiore e
minore, e il Catechismo del Concilio di
Trento, che per molti fra noi, nel mezzo della tempesta, si mostreranno dei
fari indicanti la giusta direzione verso il Cielo.
Ancora recentemente, nel 2005, dopo il raddrizzamento impostato da
Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI con il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo compendio, Jean Madiran
non dimenticava di tracciare un bilancio dello tsunami devastatore.
Nell’ordine della liturgia, ha protestato contro le traduzioni erronee
– in particolare della Scrittura – e si è innalzato contro la brutalità con la
quale fu interdetta, di fatto, la celebrazione di quella che ora si chiama la
forma extraordinaria del rito romano. Trentasette anni di battaglia, ricompensati
dal motu proprio Summorum pontificum,
che è stato uno degli atti salienti del pontificato di Benedetto XVI, poiché ha
abbattuto il muro di Berlino contro la tradizione vivente e trasmessa.
Ha seguito con attenzione lo sviluppo del Concilio Vaticano II, pubblicando
in particolare su Itinéraires i
resoconti di Mons. Marcel Lefebvre – altro grande amico, fino al 1988 –, allora
superiore generale dei Padri dello Spirito Santo.
Intratterrà in seguito con padre Congar una corrispondenza sull’intimo
rapporto fra il Concilio e la crisi che è seguita nella Chiesa.
Sin dal 1966, ahimé, l’episcopato francese si puntò contro la rivista Itinéraires. Si trattò di una grande sofferenza
per il nostro caro fratello Jean Madiran, degno figlio della Chiesa. Sappiamo
che rimase fino alla fine reticente nei confronti del Concilio Vaticano II,
malgrado tutto quel che hanno potuto dire sul suo carattere vincolante i Papi
Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Dobbiamo però notare che lo stesso
Benedetto XVI ne ha sottolineato qualche limite; non mi dilungo oltre.
Cosa incredibile, con mezzi estremamente limitati, Jean Madiran ha
osato lanciare assieme a qualche amico, nel 1982, il quotidiano Présent – di cui ne dirigerà la
pubblicazione –, senza il sostegno di alcuna pubblicità. Vi scriverà fino ai
suoi ultimi giorni contro l’inondazione dell’immoralità, del laicismo
aggressivo, dell’empietà, del liberalismo, del relativismo massonico o del
marxismo militante, distruttori della civiltà cristiana in tutti i suoi
aspetti.
Non ci compete di tratteggiare qui quelle che furono le sue battaglie
politiche a fianco dei suoi compagni d’armi; costoro – come per esempio Bernard
Antony – lo faranno meglio di noi.
Si disconoscerebbe però Jean Madiran se si vedesse in lui solo un
combattente duro e puro. Certo, non ha sempre avuto la reverenza dovuta ai
pastori. Glielo si perdonerà. Dom Gérard sottolineava che il suo grande amico
aveva dato dei magnifici colpi di spada, senza odio, ma con un piacere non
dissimulato. Alcuni dei suoi amici lo hanno messo in guardia contro il rischio
di confondere il vizio e il fratello, la ruggine e il vaso. Ma egli era capace
di comprendere. Era capace di perdonare, malgrado il suo temperamento focoso.
Perché se Jean Madiran era un uomo fatto per la luce, era anche un uomo fatto per
il fuoco.
Un fratello mi ha raccontato una scena
che lo ha sconvolto: Jean Madiran che abbracciava in pubblico un uomo
che gli aveva fatto la peggiore delle ingiustizie nella vita personale.
E noi, i monaci di Le Barroux e di Sainte-Marie de La Garde, e i
cappellani di Notre-Dame des Armées, possiamo testimoniare della profondità
della sua vita spirituale. Jean Madiran era capace di un profondo
raccoglimento. Era un contemplativo. Lo rivedo ancora assistere agli uffici con
uno zelo sereno, passare silenziosamente nel chiostro, con la testa leggermente
chinata, secondo il dodicesimo grado d’umiltà della Regola di san Benedetto.
Jean Madiran ha così imitato la grande santa di Francia, santa
Giovanna d’Arco, la cui grazia particolare fu quella di unire profondamente la
vita mistica e la vita pubblica. È il primato della grazia.
Concludo citando il nostro fratello oblato, poiché Jean Madiran aveva
preso lo scapolare sotto il patrocinio di san Giovanni Battista, colui che
grida nel deserto. Jean Madiran diceva: «L’autentica
azione è figlia della preghiera, e coloro i quali non agiscono abbastanza, è
perché non pregano abbastanza, e non perché pregano troppo. È nella vita di
preghiera che ciascuno trova la forza e la volontà di un’azione a misura delle
sue attitudini. Questo è vero di ogni azione; l’azione politica non fa
eccezione».
Preghiamo durante questa santa Messa – secondo la forma extraordinaria
che Jean Madiran amava, non per ragioni affettive, ma per ragioni teologiche –
affinché il nostro fratello possa contemplare con i suoi occhi il volto di Dio,
e affinché ciò che ha seminato possa portare molto frutto.
Amen.