Ora et labora... Per lavoro qui s’intende tutta quella parte della vita monastica diversa dalla preghiera (liturgica o privata) e dalla lectio divina. La visione benedettina del lavoro permette al monaco di viverlo nella gioia, una gioia anzitutto soprannaturale, beninteso. Vediamone le ragioni: conoscerle meglio potrà aiutarvi a impregnarne il vostro lavoro.
Gioia di fare la volontà di Dio e così contribuire alla sua gloria. Il lavoro è infatti parte integrante del piano di Dio per l’uomo, sia prima che dopo il peccato originale. Il monaco sa dunque che lavorando compie così la volontà di Dio, tanto più che non sceglie il proprio lavoro, ma lo riceve umilmente dall’abate, rappresentante di Cristo.
Gioia di un lavoro ben fatto. Perché non si può degnamente pretendere di lavorare per la gloria di Dio senza che la qualità del lavoro ne risenta. Gioia di rendere fecondi i talenti che Dio ci ha donato, di metterli al servizio degli altri e contribuire così al bene comune della comunità. Gioia di poter fare l’elemosina grazie al frutto del nostro lavoro.
Gioia di fare umilmente lavori spesso nascosti, senza prendersi sul serio, secondo questa raccomandazione dello stesso Nostro Signore: “Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: ‘Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare’” (Lc 17,10).
Gioia di unire a volte il nostro dolore a quello di Cristo. Quando il nostro lavoro assume un aspetto doloroso, ricordiamoci che Nostro Signore era un falegname e non una persona che viveva di rendite! Gioia, infine, di sapere che un lavoro così compiuto ci unisce veramente a Dio, poiché è già di per sé una vera preghiera.
Buon lavoro a tutti in una rinnovata gioia!
La prossima volta, Z come zelo.
[Fr. Ambroise O.S.B., “Saint-Benoît pour tous...”, La lettre aux amis, dell’Abbazia Sainte-Marie de la Garde, n. 42, 6 dicembre 2022, p. 4, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]