«Non è un libro, è un
ufo. Un romanzo caduto dal cielo, firmato da una sconosciuta» scriveva Étienne
de Montety. Pubblicata in settanta Paesi, questa prima opera di Natalia
Sanmartin Fenollera, Il risveglio della
signorina Prim (Milano, Mondadori, 2014, pagine 256, euro 16,50) è stata
salutata da Philippe Maxence come un «miracolo letterario». S’ispira
indubbiamente al racconto filosofico: alate di una delicata poesia, ne vengono
fuori riflessioni sostanziali, su uno sfondo di risa cristalline.
L’eroina, Prudence Prim,
è una giovane donna assetata d’indipendenza, con un sacco di diplomi, dalle
battute pronte, spesso piene di umorismo. Rispondendo a uno strano annuncio, si
presenta al paese di Saint-Irénée d’Arnois per lavorare come bibliotecaria
presso un gentiluomo, chiamato per tutto il libro «l’uomo dello scranno», che
ha adottato i suoi nipoti e le sue nipoti orfani. Intellettuale di alto livello
ma umile, questo convertito ha fatto sua una concezione tradizionale della
cultura e della società paesana. Saint-Irénée costituisce «una fiorente colonia
di esiliati del mondo moderno alla ricerca di una vita semplice e rurale».
Questi simpatici non-conformisti appartengono però pienamente al nostro tempo!
«Noi, i selvaggi moderni, abbiamo i nostri limiti. Non troviamo più il tempo di
sederci a un tavolo per parlare del divino e dell’umano. E non solo non
troviamo il tempo, ma non sappiamo nemmeno più come si fa». All’inizio
refrattaria, Prudence Prim finisce con l’apprezzare lo stile di questo
villaggio poco comune, che si sforza di condurre una vita sociale di tipo
familiare dove le visite, la lettura e le conversazioni riprendono il loro
giusto posto.
Attraverso discussioni
talvolta burrascose, la signorina Prim impara a conversare. Lei, che da sempre
aveva nostalgia della bellezza, finirà con il risvegliarsi alla grazia divina,
scoprendo a poco a poco che «la bellezza non è un che cosa, ma un chi». Con lo
stesso meccanismo, comprende la bellezza del matrimonio cristiano, «che non è
una questione a due, ma a tre» (Dio ha la sua parte!). Il risveglio di Prudence
costituisce l’avventura interiore del romanzo. Una forza prepara tale evento:
la preghiera. Questa è delicatamente presente quando «l’uomo dello scranno»
dichiara il suo amore a Prudence sotto la forma allegorica di un viaggio
insieme a Tahiti. «Andrei in capo al mondo per convincerla ad andare a Tahiti»
dice con una strana intensità nella voce. «Farei tutto ciò che è in mio potere,
assolutamente tutto, per convincerla. Ma credo che il nostro viaggio sarebbe un
fallimento, un terribile fallimento, se prima di cominciarlo non fosse chiaro
nella sua mente che vuole conoscere Tahiti». Allora la signorina Prim risponde:
«Lei non è andato in capo al mondo per convincermi ad accompagnarla a Tahiti».
«Crede?» le domanda lui con un sorriso. «Forse un giorno si renderà conto che
si può andare in capo al mondo senza uscire da una stanza, Prudence».
Risvegliarsi alla fede
non è proprio comodo. L’uomo dello scranno cerca di far percepire alla
signorina Prim il prezzo da pagare: «La fede non è qualcosa di teorico,
Prudence. Una conversione è qualcosa di così teorico come un colpo sparato alla
testa. È stato il mio banco di prova, il parallelo che ha diviso la mia vita in
due e che le ha dato un senso assoluto. Ma la ingannerei se le dicessi che è
stato facile. Non è facile, e chi le dirà il contrario si sbaglia. Ha
presupposto una lacerazione, una catarsi intellettuale, un’operazione a cuore
aperto. Come un albero che si strappa da terra e si pianta in un altro luogo,
come ciò che si pensa debba provare un bambino quando affronta la terribile
bellezza della nascita».
L’ultimo capitolo ci
porta a Norcia, luogo di nascita di san Benedetto. Ma la vita liturgica,
silenziosa e operosa dei benedettini risplende già nel paese di Saint-Irénée,
al di là delle vecchie mura di pietra della sua abbazia. La conclusione del
romanzo è ammirevole: non troppo precisa, come è giusto che sia, per lasciar
spazio al sogno e alla riflessione, ma chiara riguardo all’essenziale. Prudence
Prim alla fine ha incontrato Dio, nella libertà sovrana della grazia. Ed è
pronta per il viaggio a Tahiti. Il lettore chiude il libro, rinvigorito dalla
gioia e dalla speranza che gli hanno comunicato la fede e il talento di Natalia
Sanmartin Fenollera.
Questo romanzo, che non può
non ricordare quelli di Jane Austen, può suscitare profondi scambi in famiglia,
tra amici o in comunità. Può soprattutto toccare le persone che si sono
allontanate dalla fede cristiana. Che un libro così denso resti gradevole,
addirittura aereo, e senza pretese, è una vera impresa! In effetti «un miracolo
letterario».
[Placide Devillers O.S.B., Madre Abbadessa di Notre-Dame de l'Annonciation, Le Barroux, "Il mondo in una stanza", L'Osservatore Romano, 30 aprile 2015, p. 5]
Natalia Sanmartin Fenollera con una parte della comunità monastica di Le Barroux dopo una conversazione sul romanzo. |