Secondo un’antica tradizione monastica, il Mercoledì delle Ceneri, dopo l’ufficio di Nona, i monaci si recano nella sala capitolare per ascoltare ancora una volta il capitolo 49 della Regola di san Benedetto, intitolato “La Quaresima dei monaci”. Tale capitolo inizia in maniera alquanto sorprendente: “Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale, visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno”.
Mentre per la grande maggioranza dei cristiani la Quaresima è sinonimo di penitenza, per san Benedetto è un tempo da vivere in piena purezza, conformemente alla vocazione di ciascuno. È dunque un periodo durante il quale ci sforziamo di vivere quali degni figli e figlie di Dio, e che ci conduce, in occasione della veglia pasquale, a rinnovare le nostre promesse battesimali.
La breve esortazione del Nostro Santo Padre Benedetto descrive la Quaresima come un allenamento alla santità, non come una parentesi nella nostra vita abituale. Perché la santa Quaresima rimane un tempo di conversione in profondità, un tempo per cambiare i nostri cuori, per perdere le cattive abitudini e acquisirne delle buone. È una battaglia della virtù, qualità dell’anima acquisita mediante atti concreti e volontari. Nelle sue Confessioni, sant’Agostino confessa che la sua battaglia più rude, nella scelta decisiva di Dio, fu quella relativa alle cattive abitudini. In effetti, una catena, una corda, un luogo fosse pure il più debole, lo tratteneva nelle braccia paludose delle cose terrestri. Ma la grazia era là, e al momento opportuno egli fece la scelta che decise della sua eternità nonché, in una certa misura, dell’avvenire della cristianità. Non lo rimpianse mai.
Nel suo libro Désir et unité – un’opera che vi raccomando vivamente – il Padre Abate di Lagrasse cita sant’Agostino:
“Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene d’ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio. Eppure, amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell’amare il mio Dio: la luce, la voce, l’odore, il cibo, l’amplesso dell’uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, dov'è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà. Ciò amo, quando amo il mio Dio”.
Non abbiamo nulla di enorme da perdere convertendoci a Dio; al contrario, in Lui riceviamo tutto al centuplo. La Quaresima è veramente un tempo di grazia, un tempo da vivere quali figli e figlie di Dio, un cammino di luce che ci dirige verso la gioia senza fine.
La Quaresima, dice san Benedetto, è anche un tempo di riparazione delle negligenze. Egli pensa anzitutto alle nostre negligenze personali, alle nostre colpe, che dobbiamo espiare e riparare in ragione della maestà di Dio. Ma in san Benedetto la vita cristiana è maggiormente una partecipazione alle sofferenze di Cristo, del Cristo che ha sofferto e che è morto a causa dei nostri peccati. Nostro Signore è l’autentico Agnello di Dio, che toglie i peccati e che continua a espiare per le sue membra, che noi siamo. E Dio sa che il peccato abbonda! “Penitenza!”, ha detto la Vergine Maria a Lourdes e a Fatima. “Penitenza!”, ripete san Benedetto. Perché Dio è gravemente offeso.
[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, editoriale di Les amis du monastère, n. 173, 19 marzo 2020, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]