Una
forma volta a Dio, ma a misura d’uomo
Proseguiamo l’indagine sugli elementi
propri della forma extraordinaria che favoriscono la presa di coscienza della
presenza del sacro.
Il rito
Raccoglimento, adorazione, silenzio
Raccoglimento, adorazione, silenzio
In primo luogo, vengono le disposizioni di
raccoglimento, di adorazione e di silenzio religioso. In tal senso, così scrive
il cardinale Robert Sarah in La forza del silenzio:
“Vorrei fare un appello a una vera
conversione! Cerchiamo con tutto il nostro cuore di diventare in ciascuna delle
nostre celebrazioni eucaristiche ‘un’Ostia pura, un’Ostia santa, un’Ostia
immacolata’! Non dobbiamo avere paura del silenzio liturgico. Come mi
piacerebbe che i pastori e i fedeli entrassero con gioia in questo silenzio
pieno di sacro rispetto e di amore del Dio indicibile. Come mi piacerebbe che
le chiese fossero luoghi in cui regna il grande silenzio che annuncia e rivela
la presenza adorata di Dio. Come mi piacerebbe che i cristiani, nella liturgia,
potessero fare l’esperienza della forza del silenzio!” (La forza del silenzio, trad. it., Cantagalli, Siena 2017, n. 265,
p. 163).
Queste righe sono illustrate dalla recita
silenziosa del canone. Analogicamente, essa è nella forma extraordinaria ciò
che è l’iconostasi per i nostri fratelli orientali: questo luogo, questo
momento, è sacro.
Se i monaci di Fontgombault, dopo avere
praticato per circa dieci anni il messale del 1969, hanno desiderato un ritorno
al messale del 1962, è perché tale messale sembrava loro in particolare armonia
con la vita monastica, la ricerca di Dio nel silenzio del chiostro, la
comunione profonda in un cuore a cuore, preludio del faccia a faccia
dell’eternità. Il carattere più contemplativo di questa forma promuove la
dimensione verticale della liturgia, che è “cammino dell’anima verso Dio”
(Benedetto XVI). Così, che gioia la riscoperta della liturgia dell’ottava di
Pentecoste!
Ripetizioni e sobrietà
Secondariamente, osserviamo che il messale
del 1962, come gli altri riti anteriori alla riforma liturgica, non teme le
ripetizioni, i doppioni, le insistenze. Esso si prende il suo tempo, perché l’uomo
ha bisogno del tempo, sollecitando instancabilmente uno spirito errante per
riportarlo all’essenziale.
Il Vangelo c’insegna che la Vergine Maria
meditava conservando fedelmente nel suo cuore (cfr. Lc 2,19;51) gli avvenimenti che segnarono la nascita del suo
Figlio. Ugualmente dev’essere per il contemplativo, per il monaco: non multa sed multum, non la quantità,
ma la qualità.
Amica della tradizione monastica, Hélène
Lubienska de Lenval (1895-1972) sosteneva una pedagogia fondata essenzialmente
sul silenzio e i riti. Così scriveva:
“La liturgia è lenta: essa ama la minuzia,
le ripetizioni e i preparativi interminabili. Essa trae il suo ritmo dalla
pedagogia divina che ha modellato il popolo eletto per mezzo di un rituale lento
e minuzioso. Quando si affretta sotto la pressione della vita moderna –
frenetica perché infeodata alla materia – essa perde la sua efficacia
psicologica e diventa formale… Essa resta operante là ove mantiene il suo
proprio ritmo, presso i monaci. La liturgia combatte al contempo la pesantezza
dei muscoli e l’impazienza dei nervi; essa impone al medesimo tempo il
movimento e la lentezza. Ed è attraverso la lentezza che la liturgia domina il
tempo. Perché tempo e materia sono correlati, e non si può vincere l’uno senza
l’altro. L’uomo moderno va in senso inverso e cerca di sventare il tempo con la
velocità. Ahimè, lungi dal dominare la materia, vi s’impantana” (L’entraînement à l’attention, Spes - Centre d’études pédagogiques, Parigi 1953, pp. 85- 86).
Aggiungiamo una riflessione a proposito del
lezionario del messale del 1962, ritenuto povero. L’arricchimento della lettura
della Sacra Scrittura uscita dalla riforma liturgica, la lunghezza di talune
pericopi, non saranno di ostacolo alla contemplazione? Certamente, i laici che
hanno sempre meno tempo da dedicare alla lectio divina, forse anche i sacerdoti secolari, schiacciati dal ministero, ne
trarranno profitto. Per i monaci, l’abbondanza e la varietà delle letture,
gustate da alcuni e sicuramente non senza valore, appaiono piuttosto
generalmente come eccessive. Questo partito preso sacrifica la ripetizione
delle pericopi rilette, ruminate, imparate a memoria, mai esaurite. La
moltiplicazione dei Prefazi potrebbe suscitare un’analoga riflessione. Il
cardinale Ratzinger ha suggerito saggiamente “alcuni nuovi prefazi della Messa,
un lezionario esteso – più scelta di prima, ma non troppa” (Lettera al prof. Heinz-Lothar
Barth del 23 giugno 2003), ciò che potrebbe essere adottato nella forma
extraordinaria: non multa sed multum.
La sobrietà invita alla contemplazione.
L’offertorio
Fra le ricchezze del messale del 1962,
molti sottolineano la profondità delle preghiere dell’offertorio. Come scrive
il cardinale Sarah, “[esso] è, però, il momento in cui, come indica il suo
nome, tutto il popolo cristiano si offre, non solo insieme a Cristo, ma in Lui,
mediante il suo sacrificio che sarà realizzato nella consacrazione” (La forza del silenzio, cit., n. 266, p.
164).
Suscipe sancte Pater... quam ego indignus famulus tuus... In spiritu humilitatis et animo contrito... Grandezza del mistero, del sacro, e umile condizione del servitore di cui il Signore vuole avere bisogno, si affiancano. Sarà così fino al Placeat finale: sacrificium quod oculis tuae majestatis indignus obtuli.
Suscipe sancte Pater... quam ego indignus famulus tuus... In spiritu humilitatis et animo contrito... Grandezza del mistero, del sacro, e umile condizione del servitore di cui il Signore vuole avere bisogno, si affiancano. Sarà così fino al Placeat finale: sacrificium quod oculis tuae majestatis indignus obtuli.
[Dom Jean Pateau O.S.B., Padre Abate dell’abbazia Notre-Dame di Fontgombault, “Fruits de la grâce du motu proprio Summorum Pontificum pour la vie monastique et la vie sacerdotale”, conferenza in occasione del V Convegno sul motu proprio Summorum Pontificum, dal titolo Il Motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI: Una rinnovata giovinezza per la Chiesa, svoltosi a Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, il 14 settembre 2017. Trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B. / 2 - continua (la prima parte qui)]