«Essere pittore vuol dire trovare dei rapporti generali, cioè delle idee, là dove il resto degli uomini non percepisce che sensazioni. La superiorità di un ritratto su una descrizione mediante il linguaggio proviene dal fatto che per dare l’idea di uno spirito informante la materia, nessun linguaggio è così diretto e così delicato come quello delle arti plastiche».
(Henri Charlier, L’Art et la Pensée)
In passato ci siamo occupati a più riprese dell’educatore, moralista e scrittore cattolico francese André Charlier (1895-1971), traducendo in più puntate (si veda qui, qui, qui e qui) il suo articolo-appello del 1967 Ai monaci e alle monache dell’Ordine di San Benedetto, e ancora un articolo biografico e un discorso inedito rivolto a Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux.
Questa volta desideriamo rendere omaggio alla figura del fratello di André – come il fratello, anch’egli oblato benedettino –, il pittore e scultore Henri Charlier (1883-1975), il quale fu dalla conversione alla fede cattolica, nel 1913, un propagatore dell’eredità tradizionale della Chiesa, collaborando inoltre per lunghi anni alla rivista Itinéraires, per la quale assicurò durante un ventennio varie meditazioni spirituali di rara profondità sull’anno liturgico con lo pseudonimo D. Minimus, raccolte postume in due volumi (Les Propos de Minimus, Dominique Martin Morin, Jarzé 1994).
Henri Charlier fu uno strenuo difensore della forma straordinaria del Rito romano, e in particolar modo del canto gregoriano, tema al quale dedicò un’opera in collaborazione con il fratello (Le Chant grégorien, Dominique Martin Morin, Jarzé 1967).
L’occasione del presente omaggio ci deriva dalla recente pubblicazione, a opera delle edizioni TerraMare, di un magnifico libro di 232 pagine in grande formato – Henri Charlier. Peintre et Sculpteur. 1883-1975 (Parigi 2011) –, al contempo opera biografica e catalogo delle opere artistiche, il cui autore è il pronipote di Henri Charlier, ossia il monaco dell’abbazia di Le Barroux, Dom Henri Lapèze-Charlier O.S.B., che dedica in esordio il volume all’illustre artista e parente con le toccanti parole: «Dilectissimis parentibus meis decorisque inventoribus viæ pulchritudinis».
Sacro Cuore in maestà (statua, 1936) |
Henri Charlier (1883-1975) |
Lo stesso Papa Benedetto XVI ha voluto esprimere il suo apprezzamento per quest'opera, con un messaggio di cui riproduciamo l'estratto più significativo: «Possa la biografia di questo grande autore, del quale ripercorrete felicemente l'itinerario artistico e spirituale, incoraggiare gli artisti del nostro tempo a fare rivivere l'arte sacra. Affidandovi all'intercessione di Nostra Signora e di san Benedetto, il Santo Padre v'impartisce di tutto cuore la sua benedizione apostolica».
Le prefazioni al volume, abbondantemente illustrato con foto d’archivio e riproduzioni di opere del maestro, recano la firma di Hélène Rouvier, archivista onoraria del Museo Rodin, e Véronique Mattiussi, responsabile dei fondi storici, manoscritti e della biblioteca della medesima istituzione.
Le prefazioni al volume, abbondantemente illustrato con foto d’archivio e riproduzioni di opere del maestro, recano la firma di Hélène Rouvier, archivista onoraria del Museo Rodin, e Véronique Mattiussi, responsabile dei fondi storici, manoscritti e della biblioteca della medesima istituzione.
Al centro del libro, un appassionante excursus del percorso umano e artistico di Henri Charlier, in cui è dedicato uno spazio adeguato e opportuno alle problematiche teoriche ed estetiche del maestro francese, autore peraltro di monografie sul tema – da Culture, école, métier (Arthaud, Grenoble - Parigi 1942, 2a ed. Nouvelles éditions latines, Parigi 1959) a L’Art et la Pensée (Dominique Martin Morin, Jarzé 1972) –, che meriterebbero una traduzione e diffusione nel mercato editoriale italiano.
La questione liturgica, pure al centro delle preoccupazioni di Henri Charlier, non è tema sviluppato nell’opera, sebbene il ricco apparato iconografico che riproduce i suoi capolavori d’arte cristiana – sono oltre duecento le immagini a colori di alta qualità che accompagnano l'opera – ne sia un eloquente commento. Ecco comunque un estratto sull’argomento (p. 152):
«Durante l’estate 1972, egli lancia una piccola rivista intitolata Faits et gestes, che componeva egli stesso e stampava a sue spese. Rispondeva agli errori riguardanti la trasmissione della fede e alle deformazioni della liturgia, in una conversazione immaginaria fra tre giovani che non manca di puntiglio, come spiegherà in una lettera a Padre Bergeron: “Per venire a me, sono nel mio novantesimo anno d’età. Completo la mia ultima statua e metto in ordine i miei disegni e le mie carte. Ma ecco che il nostro vescovo – e la debolezza del nostro curato – ci ha imposto per la domenica Quasimodo una Messa dei giovani in dialetto e con musica ‘pop’. Giacché oggigiorno è impossibile dubitare che la nostra gerarchia sia perlomeno luterana, ho iniziato la battaglia, perché il popolo non è avvertito; è anzi imbrogliato da degli ipocriti che non credono più al loro sacerdozio e pendono per il comunismo. Quindi molta corrispondenza e occupazioni: stampa di volantini, conferenze, ecc. Beninteso non sono da solo (se non per la stesura)”».
L'enfant blessé (olio su tavola, 1911) |