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lunedì 10 ottobre 2022

Omelia in occasione del 40° anniversario di Notre-Dame de Chrétienté

[Sabato 8 maggio 2022, presso la chiesa di Saint-Roch a Parigi, alla presenza di circa 900 fedeli, si è svolta una Messa pontificale celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., padre abate dell’abbazia Sainte-Madeleine du Barroux, per commemorare i 40 anni dell’associazione Notre-Dame de Chrétienté, organizzatrice dell’annuale Pellegrinaggio di Pentecoste da Parigi a Chartres. Qui di seguito lomelia di Dom Louis-Marie (trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.).]

Reverendi Padri Abati,
Signor Cappellano,
Signor Presidente,
Cari Amici di Notre-Dame de Chrétienté,

La Provvidenza è stata così gentile da fare celebrare a un padre abate benedettino la santa Messa per solennizzare i quarant’anni dell’associazione Notre-Dame de Chrétienté. Permettetemi dunque di salutare – da lontano per la distanza, ma da molto vicino con il cuore – Sua Eminenza il cardinale Robert Sarah, che ha preferito rinunciare a celebrare questa Messa per ragioni diplomatiche.
È dunque un benedettino che è qui, a duplice titolo: come superiore di una comunità fondata, mezzo secolo fa, sulla celebrazione della sacra liturgia secondo gli antichi libri liturgici, e come successore di Dom Gérard, che vi saluta dal cielo. Il fondatore dell’abbazia di Sainte-Madeleine è stato sin dall’inizio un ardente sostenitore del pellegrinaggio, incoraggiando i laici che furono all’origine di quest’opera audace e – va detto – di reazione contro l’apostasia generalizzata di una società impazzita.
Dopo quarant’anni di fedeltà, di lotta, di prove, di lacrime, quarant’anni di ammirevole generosità da parte di tanti cattolici, di tanti laici e sacerdoti, dopo quarant’anni di fatica, di croci, ma anche di gioia e di speranza, quale bilancio possiamo fare?
In quanto monaco benedettino, permettetemi di trasmettervi alcune esortazioni di san Benedetto indirizzate al padre abate. Perché il padre abate?
Perché tutti voi qui presenti, che avete una certa responsabilità nel pellegrinaggio, partecipate alla grazia di Cristo capo.
Sì, lei, signor Presidente, e tutti voi, suoi collaboratori, fino ai capi dei capitoli e tutti i “decani” (cfr. Regola, cap. 21), come li chiama san Benedetto. Sì, tutti voi, ognuno al suo posto, senza clericalismo e senza alcun anticlericalismo, siete parte di questa grande opera al servizio della gloria di Dio e della salvezza delle anime.
La prima esortazione è di ricordare il nome che portate (cfr. Regola, cap. 2, 1-2).
Per san Benedetto, questo è molto importante. Perché per quest’uomo imbevuto di Sacra Scrittura, il nome è una chiara identità. Il nome è anche una missione. “Nostra Signora della Cristianità”: questo è il vostro nome. Nostra Signora, colei che è stata scelta da Dio. Un nome è una vocazione, una chiamata, un amore di preferenza. Sì! Siate certi che Dio ha puntato il suo dito su di voi, e ha detto: “Tu! Vieni e seguimi su questa strada. Vieni dietro di me in una vicinanza interiore fatta di grazia, nel dono dello Spirito Santo e d’inabitazione interiore”.
Nostra Signora della Cristianità: ecco la vostra missione. Una missione che può apparire al di là di ogni speranza umana e che in una certa misura è destinata al fallimento, a tal punto il rapporto di forze è ineguale. Ma cosa posso dirvi? Solo che è il vostro nome, la vostra missione, quindi è la vostra ragion d’essere: lavorare per stabilire il letto temporale del fiume spirituale. Non abbiate paura e soprattutto non scoraggiatevi mai. Ci sono voluti sei secoli a san Benedetto per coprire l’Europa con un manto bianco di monasteri di monaci e monache. E non era peraltro il suo progetto. Ma, cercando veramente Dio, ha “avviato un processo”, come dice Papa Francesco.
Nostra Signora della Cristianità è un nome, è una missione, è un inizio. Dopo 40 anni di esistenza, la vostra missione è appena iniziata.
La seconda esortazione che vi trasmetto di san Benedetto all’abate è di insegnare ai figli con la sana dottrina e l’esempio (cfr. Regola, cap. 2, 11-12). Più con l’esempio che con la dottrina, certo, ma mai senza di essa.
Accogliete questa esortazione con fierezza, perché per 40 anni, indipendentemente dai presidenti, dai cappellani, questa preoccupazione dottrinale è sempre stata cruciale. Con un’ovvia preoccupazione per l’adattamento, ma senza mitigazione o debolezza.
Alcuni potrebbero essersi chiesti se un pellegrinaggio fosse il luogo ideale per l’insegnamento. Don Coiffet si era posto la domanda e la risposta era venuta naturalmente: sì, e soprattutto nel nostro tempo che vede una grande crisi della fede. Ciò che è in gioco, soprattutto oggi, non è solo la conoscenza. È vero che anche i cristiani ignorano i misteri più basilari della fede: la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, la presenza reale nell’eucaristia, la natura sacrificale della santa Messa.
Ma il male non è più profondo? Santa Bernadette di Lourdes ignorava molti punti della dottrina, ma aveva la fede, aveva questa virtù soprannaturale dell’obbedienza dell’intelligenza a una rivelazione, a una verità trascendente, che viene da Dio e che è trasmessa da Dio attraverso la Chiesa. Il dramma va così lontano perché non solo le anime non sanno più dove trovare la luce, ma arrivano al punto di pensare che non ci sia luce autentica proveniente dall’alto. Il mondo moderno non è solo un’apostasia della vita interiore, è anche un rifiuto della trascendenza. Le sintesi sinodali mostrano fino a che punto anche i cristiani impegnati hanno perso non solo la fede, ma il senso della fede.
Quindi, sì, è importante e urgente dare, durante questi incontri di giovani, il gusto per la dottrina, il senso della fede. Sì, è della massima importanza dare loro la possibilità di alzare gli occhi verso la verità e – perdonatemi l’espressione – d’infilare il muso nella verità. Compelle intrare, “spingili a entrare” (Lc 14,23). A volte basta un’esperienza, uno shock sentito grazie allo splendore della verità, per aprire all’anima un cammino di conversione e d’impegno al servizio del Signore.
San Benedetto aggiunge che il buon esempio è decisivo, e vorrei salutare oggi tutti i laici che hanno dimostrato una generosità edificante nel preparare, organizzare, accompagnare, a volte adattare, il corso del pellegrinaggio. E vorrei salutare tutti i sacerdoti che camminano coraggiosamente ogni anno in mezzo al gregge per confessare, insegnare, illuminare, adattarsi a ogni situazione.  Ma soprattutto, vorrei incoraggiarvi, se necessario, a prendervi cura della sacra liturgia. Perché qual è l’esempio migliore, il segno più eloquente dello splendore della verità di una sacra liturgia? Se amiamo la liturgia celebrata secondo il messale di san Pio V, è soprattutto per il suo senso del sacro e per il rispetto dovuto a Dio.
È innegabile che molti giovani abbiano scoperto questo universo che, per loro, non è una cosa vecchia, ma una novità totale. La liturgia tradizionale non è nostalgia del passato, è l’ingresso in un mondo nuovo. Mi fermo qui perché sento che sto predicando ai convertiti.
Mi rimane una terza istruzione da trasmettervi da san Benedetto, e che rileggo due volte l’anno nel capitolo mattutino con tremore.
San Benedetto esorta l’abate a ricordare spesso che sarà responsabile di fronte al Signore nel giorno del giudizio, non solo per le proprie azioni, ma anche per quelle del suo gregge (Regola, capp. 2 e 64).
Sì, il Signore ci affida le anime. E se ognuno ha la responsabilità ultima dei propri meriti e dei propri difetti, abbiamo anche la missione di portare i fardelli gli uni degli altri (Gal 6,2). Abbiamo quindi una parte di responsabilità per la salvezza delle anime. È d’altro canto una missione generale che ogni cristiano riceve al battesimo: quella di partecipare, di prendere parte alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime.
San Benedetto parla molto spesso dei fini ultimi e dei conti che ognuno dovrà fare con il Signore per quello che ha fatto e per quello che non ha fatto. È una chiamata alla responsabilità e, per noi, a renderci conto che questo regno di Dio per il quale lavoriamo non è di questo mondo. Notre-Dame de Chrétienté, se è stata fondata per lavorare per il radicamento delle verità cristiane nella società, non deve mai dimenticare l’orizzonte eterno che è il vertice della storia.
San Benedetto specifica due punti particolari sui quali il padre abate sarà giudicato per quanto riguarda il suo ministero: la dottrina dei suoi fratelli e la loro obbedienza (Regola, cap. 2,6).
Ho già parlato della dottrina.
Ed è con le pinze che mi avvicino al tema dell’obbedienza.
Con le pinze perché i giovani cattolici in generale sono in collera. Alcuni vescovi ne sono emozionati e sorpresi. Bene, voglio dire ai giovani cattolici, a quei giovani che rimangono fedeli alla fede, alla liturgia tradizionale e alla Chiesa cattolica, che questa collera è comprensibile. Perché la collera è quella passione che Dio ha creato per aiutarci ad affrontare il male. E Dio sa quanto siete stati aggrediti.
Ma aggrappatevi alla chiamata del Signore: “Adiratevi e non peccate”, Irascimini et nolite peccare (Ef 4,26, citando Sal 4,5). Aiutiamo i giovani a mantenere la linea di cresta. Ho ancora, nell’orecchio e nel cuore, il grande grido di don Alexis Garnier: “duplice fedeltà”. Lo faccio mio oggi. È una sfida. Ma il pellegrinaggio di Notre-Dame de Chrétienté non porta forse il nome di “Pellegrinaggio di Pentecoste”, e quindi dello Spirito Santo, e quindi dei doni dello Spirito Santo che ci danno la forza di percorrere la strada giusta in condizioni estreme? Devo concludere questa omelia e lo farò suggerendovi all’orecchio un ultimo consiglio benedettino. San Benedetto dice all’abate: “Non preoccuparti troppo, mio brav’uomo, altrimenti non avrai mai riposo” (Regola, cap 64,16).
No, non ti preoccupare troppo perché sei troppo piccolo per essere responsabile di tutto.
Non ti preoccupare troppo perché il Signore è più grande di te, ed è il vero Re delle nazioni, e lo sa.
Non ti preoccupare troppo perché Maria è qui, colei che ha dato alla luce il Salvatore in una miserabile mangiatoia, colei che ha visto morire su una croce il vero Re, colei che lo ha visto risorto, colei che ha visto dei poveri uomini andare a predicare alle nazioni.
È ancora qui.
È sempre qui.
Amen.


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domenica 9 ottobre 2022

La Tradizione è la giovinezza della Chiesa

Video commemorativo per il 40mo anniversario del Pellegrinaggio Parigi-Chartres.


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domenica 22 maggio 2022

40° Pellegrinaggio di Pentecoste Parigi-Chartres 2022


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mercoledì 4 marzo 2020

Pellegrinaggio di Pentecoste Parigi-Chartres 2020


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mercoledì 23 maggio 2018

In un mondo di fuggitivi, chi va nella direzione opposta, sembra un disertore

[Dal 19 al 21 maggio 2018 si è svolto in Francia il 36° Pellegrinaggio di Pentecoste, che ha visto la partecipazione di oltre 12.000 pellegrini, i quali si sono recati a piedi dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, e che si è concluso il Lunedì di Pentecoste con una Messa solenne nella forma extraordinaria del Rito romano, celebrata da S.E. il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Riproduciamo di seguito la traduzione dell’omelia pronunciata dal card. Sarah a Chartres, il 21 maggio 2018 (trad. it. di sr. Bertilla Obl.S.B, dedicata a C. e L.)]

Cari pellegrini di Chartres,
«La luce è venuta nel mondo», ci ha detto Gesù nel Vangelo di oggi, «e gli uomini hanno preferito le tenebre». E voi, cari pellegrini, avete accolto l’unica luce che non inganna, quella di Dio? Voi avete marciato per tre giorni, avete pregato, cantato, sofferto sotto il sole e sotto la pioggia: avete accolto la luce nel vostro cuore? Avete realmente rinunciato alle tenebre? Avete scelto di percorrere la strada seguendo Gesù, che è la luce del mondo?
Cari amici, permettetemi di porvi questa domanda radicale, perché se Dio non è la nostra Luce, tutto il resto diventa inutile. Senza Dio, tutto è tenebre. Dio è venuto a noi, si è fatto uomo. Ci ha rivelato l’unica verità che salva, è morto per riscattarci dal peccato. E alla Pentecoste ci ha donato lo Spirito Santo, ci ha offerto la luce della fede... ma noi preferiamo le tenebre!
Guardiamoci attorno! La società occidentale ha deciso di organizzarsi senza Dio. Eccola adesso consegnata alle luci appariscenti e fuorvianti della società dei consumi, del profitto a tutti i costi, dell’individualismo forsennato. 
Un mondo senza Dio è un mondo di tenebre, di menzogna e di egoismo!
Senza la luce di Dio, , la società occidentale è diventata come un battello ebbro nella notte! Non ha più abbastanza amore per accogliere i bambini, proteggerli in grembo alle loro madri, proteggerli dall’aggressione della pornografia.
Privata della luce di Dio, la società occidentale non sa più rispettare i suoi anziani, accompagnare verso la morte i malati, fare posto ai più poveri e ai più deboli. È consegnata alle tenebre della paura, della tristezza e dell’isolamento. Non ha nient’altro da offrire che il vuoto e il nulla.
Lascia proliferare le ideologie più folli. Una società occidentale senza Dio può diventare la culla di un terrorismo etico e morale più virulento e più distruttore del terrorismo degli islamisti. Ricordate che Gesù ci ha detto: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10,28).
Cari amici, perdonatemi questa descrizione, ma bisogna essere lucidi e realisti. Se vi parlo così è perché nel mio cuore di prete e di pastore provo compassione per tante anime smarrite, perse, tristi, inquiete e sole.
Chi le condurrà alla luce? Chi mostrerà loro il cammino della verità, il solo vero cammino di libertà, che è quello della Croce? Li consegneremo senza fare nulla all’errore, al nichilismo disperato, all’islamismo aggressivo?
Dobbiamo gridare al mondo che la nostra speranza ha un nome: Gesù Cristo, unico salvatore del mondo e dell’umanità!
Cari pellegrini di Francia, guardate questa cattedrale! I vostri antenati l’hanno costruita per proclamare la propria fede! Tutto, nella sua architettura, nella struttura, le sue vetrate, dichiara la gioia di essere salvati e amati da Dio. I vostri antenati non erano perfetti, non erano senza peccato, ma volevano lasciare che la luce della fede illuminasse le loro tenebre.
Anche oggi, tu popolo di Francia, svegliati, scegli la Luce, rinuncia alle tenebre!
Come fare? Ci risponde il Vangelo: «colui che agisce secondo la Verità giunge alla Luce». Lasciamo che la luce dello Spirito Santo illumini le nostre vite concretamente, semplicemente e fino alle parti più intime del nostro essere più profondo. Agire secondo la verità è prima di tutto mettere Dio al centro delle nostre vite, come la Croce è il centro di questa cattedrale.
Fratelli, scegliamo di volgerci a Lui ogni giorno!
Assumiamo in questo istante l’impegno di prendere ogni giorno qualche minuto di silenzio per rivolgerci a Dio e dirGli: «Signore, regna in me! Ti offro tutta la mia vita».
Cari pellegrini, senza silenzio non c’è luce. Le tenebre si nutrono del rumore incessante di questo mondo, che ci impedisce di rivolgerci a Dio. Prendiamo come esempio la liturgia della Messa di oggi. Essa ci porta all’adorazione, al timore filiale e amorevole davanti alla grandezza di Dio. Essa culmina nella consacrazione, ove tutti insieme rivolti all’altare, gli sguardi diretti all’ostia, verso la croce, ci comunichiamo in silenzio, nel raccoglimento e nell’adorazione.
Fratelli, amiamo quelle liturgie che ci fanno gustare la presenza silenziosa e trascendente di Dio, e ci rivolgono al Signore.
Cari fratelli sacerdoti, ora mi rivolgo a voi in particolare.
Il santo sacrificio della Messa è il luogo in cui voi troverete la luce per il vostro ministero. Il mondo che noi viviamo ci sollecita senza pausa. Siamo costantemente in movimento. È grande il pericolo di scambiarci per degli “operatori sociali”. Non porteremmo più al mondo la Luce di Dio, ma la nostra luce personale, che non è quella che attendono gli uomini. Ciò che il mondo attende dal sacerdote è Dio e la Luce della sua Parola proclamata senza ambiguità né falsificazioni.
Dobbiamo saperci volgere verso Dio, in una celebrazione liturgica raccolta, piena di rispetto, di silenzio e impressa di sacralità. Non inventiamo nulla nella liturgia, riceviamo tutto da Dio e dalla Chiesa. Non cerchiamo lo spettacolo o il successo.
La liturgia ce lo insegna: essere preti non è prima di tutto fare molto.
È essere con il Signore sulla Croce! La liturgia è il luogo in cui l’uomo incontra Dio faccia a faccia. È il momento più sublime in cui Dio ci insegna a «riprodurre in noi l’immagine di suo figlio Gesù Cristo affinché egli sia il primo di una moltitudine di fratelli» (Rm 8,29). Essa non è, non deve essere, un’occasione di lacerazione, di lotta e di disputa.
Nella forma ordinaria del rito romano come nella forma extraordinaria, l’essenziale è di volgerci verso la croce, verso Cristo, nostro Oriente, nostro tutto, nostro unico orizzonte. Sia nella forma ordinaria sia in quella extraordinaria, sappiamo sempre celebrare, come oggi, secondo quello che insegna il Concilio Vaticano II, con una nobile semplicità, senza sovraccarico inutile, senza estetica fittizia e teatrale, ma con il senso del sacro, la preoccupazione principale della gloria di Dio e con un vero spirito di figli della Chiesa di oggi e di sempre!
Cari fratelli sacerdoti, conservate sempre questa certezza: essere con Cristo sulla Croce, è proprio questo che il celibato sacerdotale proclama al mondo!
Il progetto, riproposto da alcuni di separare il celibato dal sacerdozio, conferendo il sacramento dell’ordine a degli uomini sposati, i viri probati, per – dicono – «delle ragioni o delle necessità pastorali», avrà in realtà la grave conseguenza di rompere definitivamente con la Tradizione apostolica.
Fabbricheremmo un sacerdozio a nostra misura umana, ma senza perpetuare, senza prolungare il sacerdozio di Cristo, obbediente, povero e casto. Perché in realtà il sacerdote non è solamente un «alter Christus», un altro Cristo, ma è veramente ipse Christus, il Cristo stesso! Ed è perciò che, come Cristo e come la Chiesa, il sacerdote sarà sempre un segno di contraddizione!
E voi, cari cristiani, laici impegnati nella vita civile, voglio dire con forza: «non abbiate paura! Non abbiate paura di portare a questo mondo la Luce di Cristo». La vostra prima testimonianza dev’essere il vostro esempio: agite secondo la Verità! Nella vostra famiglia, la vostra professione, le vostre relazioni sociali, economiche, politiche, Cristo sia la vostra Luce! Non abbiate paura di testimoniare che la vostra gioia viene da Cristo!
Vi prego: non nascondete la fonte della vostra speranza! Al contrario, proclamate! Testimoniate! Evangelizzate! La Chiesa ha bisogno di voi! «Cristo crocifisso rivela il senso autentico della libertà!» [1]. Con Cristo, liberate la libertà oggi incatenata da falsi diritti umani, tutti orientati verso l’autodistruzione dell’uomo.
A voi cari genitori, voglio indirizzare un messaggio del tutto particolare. Essere padre e madre di famiglia, nel mondo di oggi, è un’avventura difficile, piena di sofferenze, di ostacoli e di preoccupazioni. La Chiesa vi ringrazia! Sì, grazie per il dono generoso di voi stessi! Abbiate il coraggio di allevare i vostri figli alla Luce di Cristo. Talvolta dovrete lottare contro il vento dominante, sopportare il disprezzo e la derisione del mondo. Ma non siamo qui per piacere al mondo! «Noi proclamiamo un Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e follia per i pagani» (1 Cor 1,23-24).
Non abbiate paura! non rinunciate! La Chiesa, per mezzo dei Papi, e in particolare dall’enciclica Humanae vitae, vi affida una missione profetica: testimoniate davanti a tutti la vostra fiducia gioiosa in Dio, che ci ha fatto custodi intelligenti dell’ordine naturale. Voi annunciate ciò che Gesù ci ha rivelato con la sua vita: «La libertà si realizza nell’amore, cioè nel dono di sé» [2].
Cari padri e madri di famiglia, la Chiesa vi ama! Amate la Chiesa! È vostra Madre.
Mi rivolgo infine a voi, i più giovani, che siete così numerosi!
Vi prego di ascoltare prima di tutto un «anziano» che è più autorevole di me. Si tratta dell’evangelista san Giovanni. Aldilà dell’esempio della sua vita, san Giovanni ha anche lasciato un messaggio scritto ai giovani. Nella sua Prima Lettera, leggiamo queste parole commoventi di un vecchio ai giovani delle Chiese che aveva fondato. Ascoltate la sua voce piena di vigore, di saggezza e di calore: «Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il Maligno. Non amate né il mondo, né le cose del mondo!» (1 Gv, 2, 14-15) [3].
Il mondo che non dobbiamo amare, commenta il padre Raniero Cantalamessa nella sua omelia del Venerdì santo 2018, e al quale non dobbiamo conformarci, non è – lo sappiamo bene – il mondo creato e amato da Dio, non sono le persone del mondo, verso le quali, al contrario, dobbiamo sempre tendere, soprattutto i poveri e i più deboli, per amarli e servirli umilmente...
No! Il mondo da non amare è un altro. È il mondo quale è divenuto sotto la dominazione di Satana e del peccato. È il mondo delle ideologie che negano la natura umana e distruggono le famiglie... È il mondo delle strutture dell’ONU che impongono imperativamente una nuova etica mondiale, giocano un ruolo decisivo e sono diventate ormai un potere travolgente, che si diffonde per via delle onde radio attraverso le possibilità illimitate della tecnologia. Nei Paesi occidentali oggi è un crimine rifiutare di sottomettersi a queste orribili ideologie. È ciò che chiamiamo l’adattamento allo spirito dei tempi, il conformismo. Un grande scrittore credente inglese del secolo scorso, T.S. Eliot, ha scritto tre versi che dicevano più di interi libri: «In un mondo di fuggitivi, chi va nella direzione opposta, sembra un disertore».
Cari giovani, se è permesso a un «anziano» come era san Giovanni d’indirizzarsi direttamente a voi, anch’io vi esorto e vi dico: voi avete vinto il Maligno! Combattete tutte le leggi contro natura che vorranno imporvi, opponetevi a tutte le leggi contro la vita e contro la famiglia, siate tra coloro che prendono la direzione opposta! Osate andare controcorrente! Per noi cristiani, la direzione opposta non è un luogo, è una Persona, è Gesù Cristo, nostro Amico e Redentore.
Un compito è particolarmente affidato a voi giovani: salvare l’amore umano dalla deriva tragica nella quale è precipitato; l’amore che non è più il dono di sé, ma solamente il possesso dell’altro, un possesso spesso violento e tirannico. Sulla Croce, Dio si è fatto uomo e ci ha rivelato che Lui è «agapè», cioè l’Amore che si dona fino alla morte [4]. Amare veramente, è morire per l’altro, come quel giovane poliziotto: il colonnello Arnaud Beltrame. 
Cari giovani. Voi provate spesso, senza dubbio, nella vostra anima, la lotta tra le tenebre e la Luce, voi siete talora sedotti dai piaceri facili del mondo. Dal profondo del mio cuore di sacerdote vi dico: non esitate! Dio vi darà tutto! Seguendolo per essere santi, non perderete nulla! Guadagnerete la sola gioia che non delude mai! Cari giovani, se oggi Cristo vi chiama a seguirlo come sacerdoti, come religiosi o religiose, non esitate! Ditegli «fiat», un sì entusiasta e senza condizioni! Dio vuole avere bisogno di voi, che grazia! Che gioia!
L’Occidente è stato evangelizzato dai santi e dai martiri. Voi, giovani di oggi, sarete i santi e i martiri che le nazioni attendono per una nuova evangelizzazione! Le vostre patrie hanno sete di Cristo! Non deludetele! La Chiesa ha fiducia in voi! Prego perché molti tra voi rispondano, oggi, durante questa Messa, alla chiamata di Dio a seguirlo, a lasciare tutto per Lui, per la sua Luce. Cari giovani, non abbiate paura, Dio è il colo amico che non vi deluderà mai!
Quando Dio chiama, è radicale. Ciò significa che va fino in fondo, fino alla radice. Cari amici, non siamo chiamati a essere cristiani mediocri! No, Dio ci chiama integralmente, fino al dono totale, fino al martirio del corpo o del cuore!
Caro popolo di Francia, sono i monasteri ad avere fatto la civilizzazione del tuo Paese! Sono le persone, uomini e donne, che hanno accettato di seguire Gesù fino alla fine, radicalmente, che hanno costruito l’Europa cristiana. Avendo cercato Dio solo, hanno costruito una civilizzazione bella e pacifica, come questa cattedrale.
Popolo di Francia, popoli occidentali, voi non troverete la pace e la gioia se non cercando Dio solo! Ritornate alle vostre radici! Ritornate alla fonte! Ritornate ai monasteri! Sì, tutti voi, osate andare a passare qualche giorno in un monastero! In questo mondo di tumulto, di bruttezza, di tristezza, i monasteri sono delle oasi di bellezza e di gioia. Lì sperimenterete che è possibile mettere concretamente Dio al centro di tutta la propria vita, sperimenterete la sola gioia che non passa!
Cari pellegrini, rinunciamo alle tenebre. Scegliamo la Luce! Chiediamo alla Santissima vergine Maria di saper dire «fiat», sì, pienamente come ha fatto lei, di saper accogliere la luce dello Spirito Santo, come lei. In questo giorno in cui, grazie alla sollecitudine del Santo Padre Francesco, noi festeggiamo Maria Madre della Chiesa, chiediamo a questa madre santissima di avere un cuore come il suo, un cuore che non nega nulla a Dio, un cuore che brucia d’amore per la gloria di Dio, ardente nell’annunciare agli uomini la Buona Novella, un cuore generoso, un cuore grande come il cuore di Maria, a dimensione della Chiesa, a dimensione del cuore di Gesù. Amen!

[1] San Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 85.
[2] San Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 87.
[3] San Giacomo aggiunge: «Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc 4,4). Il mondo occidentale è un’illustrazione incontestabile di ciò che afferma san Giacomo.
[4] Omelia di padre Raniero Cantalamessa del Venerdì santo 2018, Basilica di San Pietro a Roma.

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domenica 11 giugno 2017

Pellegrinaggio di Pentecoste Parigi-Chartres 2017


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mercoledì 30 marzo 2016

14-15-16 maggio 2016: Pellegrinaggio di Pentecoste Parigi-Chartres



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martedì 1 dicembre 2015

L'abbazia del Barroux e l'Anno della Vita Consacrata

Nel corso degli anni ci siamo occupati a più riprese della bella iniziativa del Pellegrinaggio di Pentecoste, durante il quale migliaia di persone, soprattutto giovani, si recano a piedi dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri: segnatamente, nel 2009 ce ne siamo occupati qui, nel 2010 qui, nel 2011 qui, nel 2012 qui, nel 2015 quiqui e quiCom'è noto, a organizzare questo imponente pellegrinaggio è l’associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto l'egida del motto Tradizione Cristianità - Missione.
In occasione dell'Anno della Vita Consacrata, indetto dal Santo Padre Francesco con Lettera Apostolica del 21 novembre 2014, e che ha avuto inizio il 30 novembre 2014 e terminerà il 2 febbraio 2016, l’associazione Notre-Dame de Chrétienté ha prodotto una serie di video di approfondimento, intervistando in video alcuni superiori di istituti di vita consacrata legati alla forma extraordinaria del Rito romano: fra questi, Padre Alain Hocquemiller, dell'Institut de la Sainte Croix de Riaumont, Padre Emmanuel-Marie, dell'Abbazia Notre-Dame de Lagrasse, e Padre Dominique-Marie de Saint Laumer, della Fraternité Saint Vincent Ferrier.
Da ultimo, è stata appena pubblicata l'intervista in video a Dom Louis-Marie Geyer d'Orth O.S.B., Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, che riproduciamo qui di seguito e invitiamo a guardare e ascoltare. 


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lunedì 25 maggio 2015

Ai pellegrini di Parigi-Chartres

Qui di seguito il video del "mandato" con il quale sabato 23 maggio, al termine della Messa solenne nella cattedrale Notre-Dame di Parigi, Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B. – Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux – ha dato l'avvio al 33mo Pellegrinaggio di Pentecoste, durante il quale le migliaia di pellegrini raggiungono a piedi la cattedrale Notre-Dame di Chartres.




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domenica 24 maggio 2015

Dal Pellegrinaggio Parigi-Chartres

Con una Messa solenne nella cattedrale Notre-Dame di Parigi celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, sabato 23 maggio è iniziato il 33mo Pellegrinaggio di Pentecoste, durante il quale migliaia di pellegrini – dei quali moltissimi i giovani – raggiungono a piedi il lunedì di Pentecoste la cattedrale Notre-Dame di Chartres. Qui di seguito alcune immagini della Messa d'apertura di Dom Louis-Marie, e in chiusura un'istantanea dei partecipanti alla Messa di Pentecoste, celebrata durante il tragitto del pellegrinaggio, domenica 24 maggio, presso l'ippodromo di Rambouillet, da S.E. mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Astana, nel Kazakhstan.









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martedì 28 aprile 2015

Pellegrinaggio di Pentecoste 2015 Parigi-Chartres

Dal 23 al 25 maggio 2015 si svolgerà la 33ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio, al quale è attesa la partecipazione di varie migliaia di persone (perlopiù giovani), è l’associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto legida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Questanno il tema del pellegrinaggio Parigi-Chartres è Gesù Cristo salvatore del mondo. Le tre giornate del pellegrinaggio sono poste rispettivamente sotto il patrocinio di sant’Ilario (23 maggio: L’Incarnazione), di san Luigi (24 maggio: La Redenzione) e di santa Maria Maddalena (25 maggio: Il Risorto, nostra speranza).
Gli organizzatori hanno già reso noto i nomi dei celebranti dei momenti liturgici salienti del pellegrinaggio:
– Alla partenza del pellegrinaggio, sabato 23 maggio, Messa solenne alle ore 7 nella cattedrale Notre-Dame di Parigi, celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux.
– Nella solennità di Pentecoste, domenica 24 maggio, Messa pontificale alle ore 12 presso l’ippodromo di Rambouillet, celebrata da Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakhstan).
– La sera di domenica 24 maggio, adorazione eucaristica presso il bivacco di Gas, presieduta da Mons. Michel Pansard, vescovo di Chartres.
– Al termine del pellegrinaggio, lunedì 25 maggio, Messa pontificale alle ore 15 nella cattedrale Notre-Dame di Chartres, celebrata da Padre Emmanuel-Marie de Saint Jean, Abate dei Canonici regolari della Madre di Dio dell’abbazia Sainte-Marie de Lagrasse.
Mentre invitiamo i lettori di Romualdica a unirsi in preghiera ai pellegrini che si accingono a compiere quest’avventura spirituale e umana – anche quest’anno è possibile diventare pellegrini “angeli custodi” –, rimandiamo alla lettura e meditazione dell’omelia Chartres,1985: “è un monaco che vi parla”, pronunciata a Chartres nel 1985, in conclusione di quell’edizione del pellegrinaggio, da Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux; e a quella pronunciata nel 2005 da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B.

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martedì 22 maggio 2012

La famiglia, culla della Cristianità

Dal 26 al 28 maggio 2012 si svolgerà la 30ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio, al quale è attesa la partecipazione di oltre diecimila persone, è l'associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto l'egida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Quest'anno il tema del 30mo pellegrinaggio Parigi-Chartres è La famiglia, culla della Cristianità, come espressione di adesione integrale e difesa del secondo dei punti non negoziabili sui quali Papa Benedetto XVI, a partire dal discorso del 30 marzo 2006, è tornato a più riprese. In questo senso, le tre giornate del pellegrinaggio sono poste rispettivamente sotto il patrocinio di san Giuseppe (26 maggio: La Chiesa, modello della famiglia), dei beati coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi (27 maggio: La famiglia, cammino di santità) e di santa Giovanna d’Arco (28 maggio: La famiglia missionaria).
Mentre invitiamo i lettori di Romualdica a unirsi in preghiera ai pellegrini che si accingono a compiere quest’avventura spirituale e umana, li rimandiamo alla cronaca del Pellegrinaggio di Pentecoste che abbiamo pubblicato l’anno scorso, nonché alla lettura e meditazione dell’omelia pronunciata a Chartres nel 1985, in conclusione di quell'edizione del pellegrinaggio, da Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux: Chartres, 1985: "è un monaco che vi parla".

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giovedì 30 giugno 2011

Un pellegrinaggio della Tradizione


Dall'11 al 13 giugno 2011 si è svolta la 29ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio è l'associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma straordinaria del Rito romano – posta sotto l'egida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Quest'anno il tema del 29mo pellegrinaggio Parigi-Chartres è stato Il Vangelo della Vita, come espressione di adesione integrale alla tutela della vita in tutte le sue fasi – dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale –, cioè il primo dei punti non negoziabili sui quali Papa Benedetto XVI, a partire dal discorso del 30 marzo 2006, è tornato a più riprese. In questo senso, le tre giornate del pellegrinaggio sono state poste rispettivamente sotto il patrocinio della beata Madre Teresa di Calcutta (1910-1997), santa Maria Goretti (1890-1902) e la Vergine di Guadalupe.
Alle tre faticose, ma gioiose e spiritualmente assai ricche giornate di pellegrinaggio, ha partecipato quest'anno una folla di quasi 10.000 persone, prevalentemente di età giovanile, oltre a centinaia di membri d'istituti di vita consacrata, che hanno accompagnato i pellegrini durante il loro percorso. Sul sito Internet dell'associazione Notre-Dame de Chrétienté è accessibile una pagina in cui sono visionabili circa 400 fotografie.
Anche l'Italia ha avuto quest'anno una sua piccola rappresentanza – auspicabilmente da replicare e intensificare negli anni a venire –, composta da una delegazione di giovani dell'associazione Alleanza Cattolica, i quali si sono recati al Pèlerinage de Pentecôte unendosi al Chapitre Sainte Madeleine, movimento cattolico giovanile legato spiritualmente all'abbazia benedettina di Le Barroux, il cui fondatore e primo abate, Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), pronunciò nel 1985, a Chartres, in conclusione di quell'edizione del pellegrinaggio, un'omelia che è considerata uno dei testi fondatori di quest'avventura spirituale e umana, e che Romualdica ha pubblicato in traduzione italiana con il titolo Chartres, 1985: "è un monaco che vi parla".
Conclusivamente, riproduciamo qui di seguito due video: il primo riguardante la partenza del pellegrinaggio, l'11 giugno 2011, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi; il secondo che racoglie estratti dell'arrivo alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, il 13 giugno 2011.



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martedì 25 maggio 2010

La croce, il libro e l'aratro

[Da 28 anni si svolge in Francia il Pellegrinaggio di Pentecoste “Notre-Dame de Chrétienté”, che raduna migliaia di pellegrini i quali si recano a piedi dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, e che si conclude il Lunedì di Pentecoste con una Messa solenne nella forma straordinaria del Rito romano. Il 16 maggio 2005 la Messa di chiusura del pellegrinaggio fu celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux. Riproduciamo di seguito una nostra traduzione dell’omelia pronunciata dall’abate in quell’occasione]

L’ultimo giorno del pellegrinaggio Gesù, ritto in piedi, avanzò tra la folla dei pellegrini e gridò loro a voce alta: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva” [Gv 7,37-38]. Gesù parlava dello Spirito Santo che dovevano ricevere quanti credevano in lui. Quest’acqua viva la si è vista sgorgare durante questo intero pellegrinaggio, nella vostra gioia che è manifesta malgrado la fatica, la pioggia, e tutte le prove che conoscete. Si tratta della gioia cristiana, una gioia che non è di questo mondo, che sgorga dalla croce e sale verso il Cielo; la gioia cristiana – come ci dice sant’Ambrogio – è la sobria ebrezza dello Spirito: ebrezza per la pienezza di vita spirituale che eleva le anime a Dio nella fede, la speranza e la carità; e sobrietà perché la gioia dello Spirito non è un’esaltazione entusiasta, ma il frutto del sacrificio.
San Benedetto ha coltivato questa sobria ebrezza dello spirito. Ha considerato tutta la misura dell’ostilità e del pericolo che rappresentava la decadenza della società romana, la quale si trovava in punto di morte in un’esplosione di risa. Egli ha saputo costruire un bastione entro il quale fu possibile vivere l’autentica gioia cristiana, una piccola città cristiana dove infine regnasse il Vangelo. Sono queste piccole città che hanno dato le radici cristiane all’Europa, e che hanno reso san Benedetto il patrono del nostro continente. Se vi affacciate all’interno di una clausura monastica potrete percepire il segreto di questa gioia che ha fecondato l’Europa di spirito cristiano: vedrete una croce, un libro e un aratro. Poiché la vita monastica costituisce il cuore della vita cristiana, mi permetto di proporveli come punti di riferimento e fonti di gioia, a voi tutti che siete battezzati. Anche voi, in questi ultimi bastioni che sono le famiglie e le scuole, potete fare scorrere – ancora e sempre – queste fonti d’acqua viva.
La prima fonte della gioia cristiana è la croce, la croce che si trova al centro dei nostri altari e delle nostre chiese. Essa ci richiama il primato assoluto del culto divino su ogni altra attività umana; è una protesta contro il materialismo esacerbato della nostra società che finisce per svuotare la vita del suo significato. Al contrario, la liturgia dà alla vita il suo pieno significato, il senso della trascendenza assoluta di Dio sulle creature e sugli uomini. Ecco perché san Benedetto ha voluto regolarne tutti i dettagli, affinché Dio sia glorificato in ogni cosa. D’altro canto, la liturgia in san Benedetto è soprattutto il grande mezzo per giungere all’unione intima dell’anima con Dio e alla vita eterna. Per questo fa ritornare instancabilmente i suoi monaci nell’oratorio. San Benedetto ha dato alla preghiera la parte migliore del tempo, il momento migliore della giornata: non ha avuto paura di “rifiutare” tutto questo tempo per piacere a Dio solo. Non abbiate paura di prendervi del tempo per la preghiera. Non vi lasciate rubare il tempo dal mondo. Fate come san Benedetto, stabilitevi una regola di vita. Sono in gioco la gloria di Dio e la vita delle vostre anime. Non vi lasciate respingere dalle difficoltà. Ma che la vostra preghiera sia alla misura di quel Dio che vi ama, che è morto per voi sulla croce, affinché possiate vivere nell’eternità in sua presenza e nell’amore. Misurate la vostra preghiera sul vostro destino eterno, che è di diventare un alleluia vivente davanti all’Eterno.
La seconda fonte di gioia che troverete in un monastero è il libro, il libro che simboleggia la cultura. San Benedetto ha salvato la cultura antica e l’ha sviluppata esigendo dai suoi monaci che leggessero varie ore al giorno: ha così restaurato il culto del sapere e l’amore della verità. Ciò che non si fa senza difficoltà né senza lavoro, ma altrettanto non si fa senza ricompensa e senza gioia. Al giorno d’oggi è diventata una questione di vita o di morte per le anime e per la società. Perché gli spiriti hanno sempre più bisogno di questa maturità che la cultura rappresenta, per non essere trasportati da tutti i venti di dottrina che soffiano come una tempesta. Non si può che rimanere storditi dal successo mondiale di libri come Il Codice Da Vinci. Ma vi è una posta in gioco ben più terribile a più o meno lungo termine. Quella della pace. La cultura, in effetti, è una condizione indispensabile affinché gli uomini possano vivere insieme nella pace. La società nella quale viviamo è una cultura di morte. Una cultura che veicola in sé e che distilla nelle anime il suo veleno. Tale veleno è l’amore di sé fino al disprezzo di Dio e del più debole, è la ragione del più forte. Ecco perché dovete avere nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole, nei vostri movimenti il culto del sapere e il culto della verità. Occorre inoltre che abbiate il genio di promuovere un’autentica cultura completamente penetrata dallo spirito cristiano. Leggete, quindi! Prendete il libro e leggete! Leggete la Sacra Scrittura, il Vangelo, leggete i Padri della Chiesa, sant’Agostino, san Gregorio Magno e tutti gli altri; conoscete la storia del vostro Paese, i poeti, i maestri spirituali e i pensatori. Solo se appollaiati sulle spalle di questi giganti che ci sono stati dati dalla Provvidenza, arriverete a vincere il principe di questo mondo e la sua cultura di morte, e a stabilire la civiltà dell’amore.
La terza fonte di gioia che scorre da un monastero è l’aratro con il quale i benedettini hanno dissodato le terre incolte per trasformarle in giardini fertili. Ciò significa che mediante il lavoro, il senso di dovere e di responsabilità, noi possiamo cambiare il mondo. Il segno più inquietante del decadimento è la perdita di speranza e del significato del bene comune. Non abbiate paura di lasciarvi coinvolgere completamente e di darvi totalmente a Cristo e alla sua Chiesa. Vi chiederà delle rinunce e molta fatica. Ma è solo perdendo la vostra anima in maniera disinteressata che la potrete trovare. L’uomo è fatto per l’aratro, è fatto per consacrarsi e lavorare a una causa che lo oltrepassa. Dom Gérard diceva in Demain la Chrétienté che per mettere in luce un po’ di cristianità occorre lo sguardo di Dio e secoli di sforzi e di virtù naturali. Siate ricolmi di speranza, mettete mano all’aratro.
Per concludere vorrei darvi un esempio di un uomo gioioso, molto gioioso, di quella sobria ebrezza dello Spirito e che vive della croce, del libro e dell’aratro. Si chiama Benedetto XVI. Lo si è presentato come un uomo autoritario e freddo. La verità è che egli è il servitore della gioia. Conosciamo il suo amore per la grande liturgia, la sua immensa cultura e il suo ardore nel lavoro. Con questi tre strumenti si è messo al servizio della gioia, la vera gioia del mondo e la gioia di Dio. Nella sua prima omelia, in piazza San Pietro, ci ha ricordato che siamo il frutto del pensiero di Dio e che non c’è nulla di più bello che lasciarsi raggiungere da Cristo. Che non c’è niente di più bello che conoscere e comunicare agli altri l’amicizia con lui. Ci ha ricordato che è un compito arduo e penoso, ma bello e grande perché in definitiva è un servizio reso alla gioia, alla gioia di Dio che vuole fare il suo ingresso nel mondo.

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venerdì 25 settembre 2009

Chartres, 1985: "è un monaco che vi parla"

Pubblichiamo di seguito la famosa omelia della Pentecoste 1985 a Chartres, pronunciata da dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux.

Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Così sia.
Cari pellegrini di Notre-Dame,
Eccovi infine riuniti in compagnia dei vostri angeli custodi, presenti anch’essi a migliaia, che salutiamo con affetto e riconoscenza, al termine di questo ardente pellegrinaggio pieno di preghiere, di canti e di sacrifici, e già parecchi tra di voi hanno ritrovato la veste bianca dell’innocenza battesimale. Quale felicità!
Eccovi riuniti per grazia di Dio nella navata di questa cattedrale benedetta, sotto lo sguardo di Notre Dame de la Belle Verrière, una delle più belle immagini della Santissima Vergine. Immagine davanti alla quale sappiamo che san Luigi è venuto a inginocchiarsi dopo un pellegrinaggio compiuto a piedi nudi.
E questo non ci basta a ridarci il gusto delle nostre radici cristiane e francesi? Vi ringraziamo, cari pellegrini, perché in onore di questa Vergine santa voi vi siate messi in marcia a migliaia, e sono migliaia di voci che escono da migliaia di petti, di tutte le età e di tutte le condizioni, che ci danno questa sera l’immagine la più bella e la più viva della cristianità.
Vi ringraziamo di presentarvi ogni anno come una parabola vivente, perché quando nel corso di questi tre giorni di marcia verso il santuario di Maria voi avanzate pregando e cantando, esprimete la condizione stessa della vita cristiana, che è di essere un lungo pellegrinaggio e una lunga marcia verso il paradiso. E questa marcia finisce nella chiesa, che è l’immagine del santuario celeste.
La vita cristiana è una marcia, spesso dolorosa, che passa per il Golgota, ma rischiarata dagli splendori dello Spirito. E che sfocia nella gloria. Ah, possono perseguitarci, ma non permetto che ci si compatisca. Perché noi apparteniamo a una razza d’esiliati e di viandanti, dotati di un prodigioso potere d’invenzione, ma che rifiuta - è la sua religione - di lasciarsi distogliere lo sguardo dalle cose del Cielo.
Non è forse quello che canteremo tra poco alla fine del Credo?: Et exspecto - e attendo - Vitam venturi saeculi - la vita del secolo futuro. Oh, non un’età dell’oro terrestre, frutto di una supposta evoluzione, ma il vero paradiso di Dio, di cui Gesù parlava quando disse al buon ladrone: “Oggi sarai con me in paradiso”.
Se noi cerchiamo di pacificare la terra, di abbellire la terra, non è per sostituire il Cielo, ma per servigli da scala.
E se un giorno, di fronte alla barbarie montante, dovremo prendere le armi in difesa delle nostre città carnali, è perché esse sono, come diceva il nostro caro Péguy, “l’immagine e l’inizio e il corpo e l’assaggio della casa di Dio”.
Ma anche prima che suoni l’ora di una riconquista militare, non è forse permesso parlare di crociata, almeno quando una comunità si trova minacciata nelle sue famiglie, nelle sue scuole, nei suoi santuari, nell’anima dei suoi bambini?
E parimenti, cari amici, noi non abbiamo paura della rivoluzione: temiamo piuttosto l’eventualità di una controrivoluzione senza Dio.
Questo significherebbe rimanere chiusi nel ciclo infernale del laicismo e della desacralizzazione. Non ci sono parole per significare l’orrore che deve ispirarci l’assenza di Dio nelle istituzioni del mondo moderno. Guardate l’ONU: architettura curata, aula gigantesca, bandiere delle nazioni che sventolano nel cielo. Niente crocifisso!
Il mondo si organizza senza Dio, senza riferimento al suo Creatore. Immensa bestemmia! Entrate in una scuola di Stato: i fanciulli vi sono istruiti su tutto. Silenzio su Dio! Scandalo atroce! Mutilazione dell’intelligenza, atrofia dell’anima - senza parlare delle leggi che permettono il crimine abominevole dell’aborto.
Ciò che è più triste, cari fratelli, e più vergognoso, è che la massa dei cristiani finisce per abituarsi a questo stato di cose. Non protestano, non reagiscono. Oppure, per darsi una scusante, invocano l’evoluzione dei costumi e delle società. Che vergogna!
Vi è qualche cosa di peggio del rinnegamento dichiarato, diceva uno dei nostri, è l’abbandono dei princìpi col sorriso sulle labbra, scivolare lentamente dandosi arie di fedeltà. Non è un odore putrido quello che esala dalla civiltà moderna?
Ebbene, contro questa apostasia della civiltà e dello Stato, che distrugge le nostre famiglie e le nostre città, noi proponiamo un grande rimedio, esteso all’intero corpo, proponiamo l’idea-forza di ogni civiltà degna di questo nome: la cristianità.
Che cos’è una cristianità? Cari pellegrini, voi lo sapete e ne avete appena fatto l’esperienza: la cristianità è un’alleanza del sole e del cielo, un patto sigillato col sangue dei martiri fra la terra degli uomini e il paradiso di Dio, un gioco candido e serio, un umile inizio della vita eterna. La cristianità, cari fratelli, è la luce del Vangelo proiettata sulle nostre patrie, le nostre famiglie, sui nostri costumi e i nostri mestieri. La cristianità è il corpo carnale della Chiesa, il suo baluardo, la sua iscrizione temporale.
Le cristianità per noi francesi è la Francia gallo-romana, figlia dei suoi vescovi e dei suoi monaci. È la Francia di Clodoveo convertito da santa Clotilde e battezzato da san Remigio. È il Paese di Carlo Magno consigliato dal monaco Alcuino, entrambi organizzatori delle scuole cristiane, riformatori del clero, protettori del monasteri.
La cristianità per noi è la Francia del XII secolo, coperta da un bianco mantello di monasteri, ove Cluny e Cîteuax gareggiavano in santità, ove migliaia di mani giunte, consacrate alla preghiera intercedevano notte e giorno per le città temporali.
È la Francia del XIII secolo, governata da un santo re, figlio di Bianca di Castiglia, che invitava alla sua mensa san Tommaso d’Aquino, mentre i figli di san Domenico e di san Francesco si lanciavano sulle strade e nelle città a predicare il Vangelo del Regno.
La cristianità in Spagna è san Ferdinando, il re cattolico; è Isabella di Francia, sorella di san Luigi, che rivaleggiava col fratello in pietà, in coraggio e in intelligente bontà.
La cristianità, cari pellegrini, è il mestiere delle armi, temperato e consacrato dalla cavalleria, la più alta incarnazione dell’idea militare; è la crociata ove l’epopea è messa al servizio della fede, ove la carità si esprime con il coraggio e il sacrificio.
La cristianità è lo spirito laborioso, il gusto del lavoro ben fatto, il nascondersi dell’artista dietro la sua opera. Conoscete il nome degli autori di questi capitelli e di queste vetrate? La cristianità è l’energia intelligente e inventiva, la preghiera tradotta in azione, l’utilizzazione di tecniche nuove e ardite. È la cattedrale, slancio vertiginoso, immagine del cielo, immenso vascello ove il canto gregoriano si eleva unanime per ridiscendere in nappe silenziose nei cuori pacificati.
La cristianità, fratelli miei - siamo sinceri -, è anche un mondo minacciato dalle forze del male, un mondo crudele dove si affrontano le passioni, un paese in preda all’anarchia, il reame dei gigli saccheggiato dalla guerra, gli incendi, la carestia, la peste che semina la morte nelle campagne e nelle città.
Una Francia infelice, privata del suo re, in piena decadenza, votata all’anarchia e al sacco. Ed è in questo universo di fango e di sangue che l’humus della nostra umanità peccatrice, arrossata dalle lacrime della preghiera e della penitenza, fa germogliare il più bel fiore della nostra civiltà, la figura la più pura e la più nobile, lo stelo più diritto che sia nato sul nostro suolo di Francia: Giovanna di Domrémy.
Santa Giovanna d’Arco finirà di dirci che cos’è una cristianità. Non è soltanto la cattedrale, la crociata e la cavalleria; non è solo l’arte, la filosofia, la cultura e i mestieri degli uomini, che salgono verso il trono di Dio come una santa liturgia. È anche e soprattutto la proclamazione della regalità di Gesù Cristo sulle anime, le istituzioni e i costumi. È l’ordine temporale dell’intelligenza e dell’amore sottomesso alla altissima e santissima regalità del Signore Gesù.
È l’affermazione che i sovrani della terra non sono che i luogotenenti del re del Cielo.“Il regno non è a voi, dice Giovanna d’Arco al delfino. È a Messere. - E qual è il vostro Sire? viene chiesto a Giovanna. - È il re del Cielo, risponde la giovane, ed egli ve lo affida affinché lo governiate in suo nome”.
Quale allargamento delle nostre prospettive! Quale visione grandiosa della dignità dell’ordine temporale. In un brano che colpisce, la pastorella di Domrémy ci consegna il pensiero di Dio sul regno interiore delle nazioni.
Perché le nazioni - e la nostra in particolare - sono famiglie amate da Dio, amate a tal punto che Gesù Cristo, dopo averle raccolte e lavate col suo sangue, vuole ancora regnare su di esse con un regno tutto di pace, di giustizia e d’amore che prefigura il Cielo.
Francia, sei fedele alle promesse del tuo battesimo?” chiedeva il Papa cinque anni orsono. Santissima Vergine Maria, Nostra Signora di Francia, Nostra Signora di Chartres, noi vi chiediamo di guarire questo popolo infermo, di rendergli la sua purezza di infante, il suo onore di figlio. Noi vi chiediamo di rendergli la sua vocazione terriera, la sua vocazione rurale, le sue famiglie numerose che si curvano con rispetto e amore sulla terra che le nutre. Questa terra che ha saputo produrre, nel corso dei secoli, un pane onesto e frutti di santità.
Santissima Vergine, rendete a questo popolo la sua vocazione di soldato, di lavoratore, di poeta, di eroe e di santo. Ridateci l’anima della Francia!
Liberateci da questo flagello ideologico che violenta l’anima di questo popolo. Hanno cacciato il crocifisso dalle scuole, dai tribunali e dagli ospedali. Fanno in modo che l’uomo sia educato senza Dio, giudicato senza Dio e che muoia senza Dio.
È dunque a una crociata e a una riconquista che noi siamo chiamati. Riconquistare le nostre scuole, le nostre chiese, le nostre famiglie.
Allora, un giorno, se Dio ce ne fa la grazia, noi vedremo, al termine dei nostri sforzi, venire a noi il volto radioso e tanto amato di quella che i nostri avi chiamavano la dolce Francia. La dolce Francia, immagine della dolcezza di Dio.
Ci sarà consentito, questa sera, davanti a migliaia di pellegrini, di parlare della dolcezza di Dio?
È un monaco che vi parla. E la dolcezza di Dio, voi lo sapete, ricompensa al di là di ogni previsione le battaglie che i suoi servitori combattono per il Regno.
Dolcezza paterna di Dio. Dolcezza del crocifisso. O dolce Vergine Maria, avvolgete in un manto di dolcezza e di pace le nostre anime che affrontano dure battaglie.
L’anno prossimo è a tutta la cristianità che noi diamo appuntamento ai piedi di Nostra Signora di Chartres, che sarà ormai la nostra Czestochowa nazionale.
Lo Spirito Santo vi illumini, la santissima Vergine vi protegga e l’esercito degli angeli vi protegga. Così sia.

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