Intendo illustrare tre aspetti che appaiono evidenti leggendo e meditando i documenti originali della spiritualità romualdina.
1. Il primo aspetto è la solitudine. Per S. Romualdo la solitudine interna ed esterna è condizione necessaria per vivere una vera vita contemplativa e “cercare Dio” e si concretizza nell’Eremo. S. Pier Damiani biografo di S. Romualdo scrive così di lui: “Ovunque in mezzo ai boschi avesse scorto qualche luogo ameno, sentiva accendersi nell’animo il desiderio della solitudine”.
S. Pier Damiani scrive “Alla vita solitaria sono particolarmente necessarie tre cose che debbono essere praticate con cura speciale e cioè: il ritiro in cella, il silenzio, il digiuno”.
S. Bruno Bonifacio, discepolo amatissimo di S. Romualdo, gli mette in bocca queste parole: «Stattene in cella come in paradiso! Gettati dietro le spalle il ricordo del mondo e sii attento ai pensieri come un buon pescatore ai pesci».
Il B. Paolo Giustiniani emulo di S. Romualdo e di S. Pier Damiani e riorganizzatore della vita eremitica camaldolese scrive pagine bellissime, quasi un inno alla solitudine e ne delinea l’assoluta necessità per i pellegrini dell’assoluto che sono i monaci.
2. Un secondo aspetto della spiritualità romualdina è questo: S. Romualdo tendeva a creare amicizie spirituali con i suoi discepoli. Il padre degli eremiti d’occidente, da vero figlio di S. Benedetto, si era formato sulle collazioni dei Padri del deserto, come consiglia il capitolo 73° della Regola, e, uomo di tradizione, mosso dallo Spirito del Signore, fra i suoi eremiti attuò la consuetudine antica che l’eremita anziano accogliesse nella sua cella il discepolo giovane. La vita esemplare dell’anziano era la prima e più importante lezione formativa per il giovane novizio. Accanto a ciò, S.Romualdo coltivava il colloquio spirituale tra padre e figlio oppure tra amici carissimi.
Questo aspetto della spiritualità romualdina, definito da uno storico laico “privilegium amoris” non è che l’attuazione perfetta del comando di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.
3. Un ultimo aspetto che emerge dalla figura di S. Romualdo è l’unione profonda e mistica con Dio, cercata e attuata con tenacia tra le bellezze silvestri dei monti, delle grotte e delle valli solitarie.
S. Romualdo e S. Pier Damiani con l’esasperata sete di penitenza, di solitudine, con il colloquio di anime con eccezionale potenza d’amore ed una inestinguibile sete di pianto giustificano la vita eremitica come vetta della perfezione monastica. Rimangono i figli legittimi di S. Benedetto.
Nelle esperienze vissute nel primo ambiente romualdino si vede con chiarezza che la contemplazione non è soltanto ispirazione intellettualistica e visione, ma carità ardente e commozione affettiva.
Concludendo, il fulcro della spiritualità romualdina è il primato dell’amore, questa è la meta dell’ascesi eremitica, questo ne è il frutto maturo. Il discepolo di S. Romualdo si apparta dal mondo per amore di Dio, stringe amicizie spirituali profonde per ricevere e comunicare l’amore di Dio, piange i suoi peccati e quelli dell’umanità per amore di Dio e ne è ricolmo di gioia.
[Estratto dall'articolo di Fra Mario Rusconi, fratello anziano della Comunità degli Eremiti della Beata Vergine del Soccorso, Aspetti della Spiritualità Romualdina, in L'Eco dell'Eremo, trimestrale curato dall'Eremo di Minucciano per la formazione degli Oblati, n. 9, settembre 1999, pp. 13-17]