sabato 28 maggio 2011

Nozioni generali sull'oblatura benedettina / ultima parte

Parimenti, tale sarà dunque il fine dell'oblato: vivere nello spirito della santa Regola praticando, nella misura e secondo il modo proprio della situazione personale e delle circostanze in cui lo ha posto la Provvidenza, le virtù monastiche, unendosi nel miglior modo possibile, almeno con l'intenzione — se possibile con la recita personale di alcune Ore dell'ufficio —, alla solenne preghiera liturgica che il suo monastero non cessa di elevare a Dio, in unione con tutta la Chiesa nel compimento della sua funzione primordiale di adorazione e di lode.
Preoccupato della propria santificazione, e ciò nell'intento primario di dare a Dio una lode più perfetta, l'oblato sarà a maggior ragione in grado d'irradiare attorno a sé il suo cristianesimo, sia per la semplice testimonianza della sua vita, sia per la sua partecipazione attiva alle diverse forme di apostolato e azione cattolica, dell'assistenza materiale o spirituale del prossimo, ecc. Che ciò avvenga — qualora sposato  nella sua vita coniugale o familiare, o se sacerdote nel suo ministero sacerdotale, nella vita professionale o sociale, la sua oblatura — compresa adeguatamente e vissuta in profondità —, lungi dall'ostacolarlo, sarà per lui un sostegno e uno stimolo, e gli assicurerà delle grazie e degli aiuti soprannaturali particolarmente efficaci per fargli compiere in maniera migliore tutti i suoi doveri di stato.
È normale che, essendo l'oblatura un impegno d'ordine morale e spirituale, gli obblighi che essa comporta siano essi stessi principalmente morali e spirituali. Per l'oblato si tratta anzitutto di vivere il più possibile secondo lo spirito di san Benedetto, per quanto rimanendo nelle condizioni particolari in cui la Provvidenza lo ha posto nel mondo. Ciò non significa che la sua oblatura non dovrà concretizzarsi sotto forma di talune pratiche esteriori. Ma la natura e la misura di tali pratiche saranno assai variabili e dovranno adattarsi ai casi specifici; perché in tal caso non si tratta, evidentemente, che di mezzi. Mezzi che, ciò nonostante, non sono di meno necessari; e se la discrezione così cara a san Benedetto deve presiedere alla loro scelta e applicazione, questa flessibilità non deve peraltro creare illusioni, lasciando credere che l'oblatura sia cosa imprecisa e superficiale!
Fare professione d'oblato significa compiere un passo serio, che conseguentemente presuppone una matura riflessione. Si tratta di contrarre un impegno di notevole importanza, poiché si assume Dio stesso a testimone. Significa porre un atto tanto più grave agli occhi della fede, in quanto è d'ordine strettamente soprannaturale. Ancora, si tratta di concludere con la comunità alla quale ci si affilia un contratto da cui risulterà, da una parte e dall'altra, una comunione vitale e una reciproca presa in carico spirituale. Significa impegnarsi solennemente nel percorso di un'autentica conversione interiore; conversione la cui opera non sarà d'altro canto mai pienamente compiuta quaggiù, ma alla quale si dovrà, giorno dopo giorno, lavorare con perseveranza, ispirandosi ai princìpi della Regola monastica che san Benedetto ha definito egli stesso come «una scuola del servizio del Signore» (RB prol., 45).
Ecco perché l'ingresso nell'oblatura non può che compiersi progressivamente. Esso comporterà anzitutto un periodo di probazione, un noviziato che dovrà durare almeno un anno intero: tempo di studio e di riflessione durante il quale il candidato si sforzerà di approfondire lo spirito della santa Regola, di vedere se esso risponde pienamente alle proprie aspirazioni spirituali, di rendersi conto del modo in cui gli sarà possibile irradiarlo in tutta la sua vita personale; e si chiederà lealmente se può, in tutta sincerità, compiere tali promesse con una ferma volontà — grazie all'aiuto di Dio — di rimanergli fedele.
Concluso questo periodo, l'Abate del monastero potrà ammettere il novizio a compiere la Professione. A partire da quel momento, secondo l'espressione della santa Regola, egli sarà «considerato come un membro della comunità» (RB LVIII, 23) e opererà con un cuore solo e un'anima sola con i suoi fratelli monaci, a procurare la maggior gloria di Dio e allo stesso tempo ad assicurare la propria salvezza eterna.

[Dom Jean Guilmard O.S.B., Les oblats séculiers dans la famille de Saint Benoît, Abbaye Saint-Pierre de Solesmes, Sablé 2001, pp. 12-15, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B. / 2 - fine]

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