giovedì 5 maggio 2011

Figure monastiche / Dom Romain Banquet O.S.B. (1840-1929)

Nato Louis Banquet nel 1840, Dom Romain Banquet O.S.B., dopo avere iniziato gli studi nel seminario di Albi, nel 1864 raggiunge il monastero della Pierre-qui-Vire, quando non erano ancora trascorsi dieci anni dalla morte di Dom Jean-Baptiste Muard (1809-1854). Scriverà: “Ho respirato con la pienezza dell'anima il profumo vittorioso di santità che il servo di Dio aveva lasciato in questo deserto”.
I suoi superiori non tarderanno ad apprezzare nel suo giusto valore questo temperamento ardente. Nominato maestro dei novizi, Dom Romain si vedrà rapidamente posto alla guida di una piccola fondazione, che nel 1890 sarà stabilita definitivamente a En-Calcat, nella regione del Tarn.
Il governo delle anime ha dato alla sua dottrina monastica il suo sviluppo compiuto. La sua idea guida è contenuta in due parole: vita interiore. “Di quali mezzi si deve dotare una comunità che si vuole conservare, affermarsi, garantire il proprio futuri? La vita interiore: 'Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori' (Ef 3,17). Questo è quel che dobbiamo fare. Non diamoci tranquillità, non crediamo di avere terminato: è già tanto se abbiamo cominciato!”. Alla sua morte, nel 1929, Dom Romain lasciò a En-Calcat una comunità in piena espansione.


Massime estratte dalla dottrina monastica di Dom Romain Banquet

«La vita monastica non è altro che la consacrazione totale dell'esistenza umana al solenne servizio di Dio».


«La Regola, ecco la vera Passione del religioso, l'autentico martirio del religioso. Giacché il martirio non è un'improvvisazione, a eccezione di alcune circostanze particolari. Il martirio, è la donazione totale di sé stesso, non secondo la volontà umana, ma secondo il programma di Dio; questo programma, Egli ce lo ha dato nella Regola di san Benedetto. La Regola può quindi essere per noi un martirio; non già una sfolgorante Passione, ma una Passione silenziosa, modesta, del tutto ignorata, quotidiana, compiuta mediante la pratica di virtù perlopiù ignote, e soprattutto dell'umiltà che consiste nel cancellarsi, per lasciare a Dio tutta la gloria».


«Nella sua intima costituzione, la vita monastica presenta un ambiente pienamente familiare, con la paternità, la fratellanza, l'espansione e la stabilità. La riunione dei monaci costituisce una società completa e autonoma. I monaci sono come dei bimbi radunati attorno al loro padre. Non sono né degli estranei, né dei pensionanti, né degli ospiti, ma dei veri figli di famiglia. Il monastero non è, quindi, una semplice residenza, né una custodia, né un convento transitorio, ma un'autentica casa paterna, una Chiesa stabile di natura e una famiglia completa. Quando un'anima entra in religione, essa non abbandona la famiglia naturale se non per entrare in una famiglia soprannaturale».



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