(...) Parimenti si dica della regalità di Cristo. Non si tratta di un concetto umano destinato all'abbellimento del culto dovuto al messia. Si tratta si una realtà che s'identifica con il mistero dell'Uomo-Dio. Non si parla della regalità del Signore Gesù Cristo che per sottolineare il carattere divino e trascendente collegato alla sua persona e al mistero del suo governo, del quale nessuna signoria terrestre ci darà mai l'idea. Non si dovrebbe pronunciare il nome della regalità che con tremore. Un tremore d'amore, perché questa regalità non ha altro significato che di estendere sino a noi gli effetti di una carità infinita; un tremore di timore reverenziale, perché tutte le cose sono sospese al suo volere.
Bisogna anzitutto ammettere che la regalità dell'Uomo-Dio si estende sull'opera immensa dell'universo cosmico. Il mondo non è stato fatto che per parlarci di Lui. Egli è il Verbo che ha organizzato il caos primordiale, il Redentore che restaura tutte le cose nel mistero di una più elevata armonia. Che il Cristo, re universale, sia un re vittorioso - Rex triumphator -, giudice dei vivi e dei morti, unico capace di sciogliere i sigilli del libro impenetrabile dal quale, alla fine dei tempi, l'umanità riunita in un universo trasfigurato ascolterà con stupore la lettura della propria storia, dovrebbe trasportarci con allegria. Vi è in ciò una verità evidente, una verità rivelata dalla Sacra Scrittura, una verità innalzata davanti agli occhi dei martiri della Chiesa primitiva come un'icona annunciatrice della gloria, e celebrata per la nostra consolazione nel corso dell'anno liturgico.
Ciò nonostante Gesù cerca in primo luogo di regnare nel segreto dell'anima. Il Kyrios pantocrator, miracolo incomprensibile, Lui la cui mano sostiene l'universo, si avvicina alla sua creatura e gli sussurra: "Figlio mio, dammi il tuo cuore".
[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Demain la Chrétienté, 2a ed., Dismas, Dion-Valmont 1988, pp. 94-95, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]