giovedì 22 ottobre 2009

Il segreto dei monaci

Il segreto dei monaci? Nessuno, capitelo bene, da venti secoli nessuno ha svelato il segreto dei monaci. La loro gioia e il loro tormento, la loro angoscia, la loro inquietudine bruciante e il lento possesso di una pace conquistata; tutto questo, mescolato finalmente alla loro azione di grazie, essi portano con sé sorridendo nella tomba. Che pretesa sarebbe la nostra se volessimo parlare di ciò che, per definizione, sfugge al discorso! Dio non si racconta. L'apostolo parla, il contemplativo tace.
Conoscete il ruolo che svolge la mania nel teatro greco. Gl'insensati vi sono trattati come i messaggeri degli dei, poiché ciò che dicono è impenetrabile e non può venire che da un altro mondo. Ma ciò che impressionava tanto i Greci, oggi non interessa più a nessuno. Chi si preoccupa di un altro mondo? Gli uomini hanno paura dell'ignoto e lo allontanano dalla propria visuale. Quest'altro mondo, che dovrebbe essere l'atmosfera dell'anima battezzata, il suo centro vitale, il suo respiro felice, quest'altro mondo è così inaccessibile all'uomo moderno come lo era la Realtà ai prigionieri della caverna, condannati a guardare sui muri le ombre che gesticolavano. Per parlare agli uomini della Realtà bisognerebbe essere un visionario o un profeta. Taluni di noi hanno scritto quello che hanno visto, ma ciò non ha che valore di simbolo, come la geometria astratta. Cercheremo piuttosto di convincere i nostri fratelli del secolo a spezzare i lacci, a voltarsi, a cambiare posizione, a rischio di rompersi le ossa. Questo voltarsi doloroso implica nel contempo un cambiamento di posizione e d'illuminazione. Si tratta della conversione, parola essenziale che presso gli antichi designava lo stato monastico. Mi direte: ma, sin qui ci era stato detto che i monaci avevano fondato una civiltà, che avevano trasmesso la cultura antica, ricopiato i manoscritti, prosciugato le paludi. Le abbazie ci vengono presentate come accademie della scienza - come direbbe Jean Guitton, delle centrali nucleari dello spirito -, l'Europa medievale ricoperta da un bianco mantello di monasteri: è una stampa di Epinal? No, ma è la verità della storia.
La storia ha contato a Saint-Benoit-sur-Loire più di 5.000 studenti; nel X secolo l'abbazia Saint-Germain d'Auxerre riceve 2.000 allievi e 600 religiosi. Gerbert, pastorello dell'Auvergne che diventerà il più grande sapiente del suo tempo, lascia il suo monastero per andare a studiare la matematica a Barcellona, dirige le scuole di Reims e favorisce l'elezione di Ugo Capeto, poi diventa precettore dell'imperatore di Germania, e termina al soglio di Pietro con il nome di Silvestro II. Ecco dunque dei monaci sapienti, uomini di cultura e civiltà, monasteri elevarsi come moli di pace e stabilità. Cluny diventa, ci dice Edmond Pognon, la capitale del più vasto impero monastico che la cristianità abbia mai conosciuto; lo storico ce ne dà una descrizione ammirevole: "Cluny è la forza nuova, pura e impietosa, che deve sbriciolare i quadri impolverati della società cristiana e fare regnare ovunque la virtù e il timore di Dio". Nel secolo XIV, più di 1.400 case dipendevano dalla celebre abbazia. Tutto questo è vero, è la storia, sono le cifre, è quanto può essere raccontato. E ancora bisognerebbe aggiungere, per correttezza, l'irradiamento umano e soprannaturale dei grandi abati di Cluny, provvidenza dei poveri, consiglieri dei Papi, riconciliatori dei principi. Ecco qualcosa non privo di grandezza: nessuno fra noi che non valuti la sproporzione flagrante fra le nostre pallide realizzazioni e i vertici raggiunti dagli antichi monaci.
Eppure noi siamo più prossimi a loro di quanto non appaia, ma per un'altra ragione. Per quale mistero un gran signore o un vescovo venivano a nascondere la propria identità per vivere a Cluny nell'anonimato, come dei semplici guardiani di porcile? Ve ne darò la ragione, ma è una ragione che affonda essa stessa nel mistero delle anime: è la sete. La sete di non essere niente affinché Dio sia tutto, l'abbandono di ciò che non è eterno, il desiderio di un faccia a faccia silenzioso nella fede con il Cristo restauratore dell'universo, che trasformerà il nostro corpo di miseria per configurarlo al suo corpo di gloria.

[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Le secret des moines, postfazione a Marc Dem, Dom Gérard et l'aventure monastique, Plon, Parigi 1988, pp. 193-198, ripreso in La vocation monastique, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1990, pp. 39-47, e infine in Les amis du monastère, n. 126, giugno 2008, pp. 5-7 (qui p. 5), trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B. - 1 / segue]

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