Il film Uomini di Dio ha ammirevolmente messo in luce la generosità della comunità di Tibhirine. Grazie all’eccezionale interpretazione degli attori – in particolare di Michael Lonsdale –, il coraggio dei monaci appare in tutte le sue dimensioni. Coraggio pieno di lucidità: sapevano quello che rischiavano. Coraggio pieno di carità: non rimanevano là che per servire. A padre Christian de Chergé, il quale dice a un abitante del villaggio che i monaci rimangono avvinghiati a Tibhirine come uccelli sul ramo, il buon uomo risponde pan per focaccia: «No, i monaci sono il ramo! Gli uccelli siamo noi, il ramo siete voi». Il villaggio doveva la sua stabilità al monastero.
Inoltre, come non ammirare le ricche virtù del priore di Notre-Dame de l’Atlas: sete d’assoluto, dono totale al prossimo, ascetismo, abnegazione nel lavoro, vasta scienza, agilità di spirito. E che coraggio! Quando, una notte di Natale, alcuni membri del GIA armati fino ai denti vennero a cercare padre Luc (medico) per curare dei feriti, il priore tenne loro testa e ottenne la loro partenza con la sola propria fermezza. Ancora, in taluni ambiti padre Christian non mancava di una grande chiaroveggenza. Per esempio, sapeva ben discernere la duplice minaccia che grava al giorno d’oggi sul mondo. Durante un congresso di padri abati e madri abbadesse cistercensi a Poyo, in Spagna, non ha forse parlato con lucidità della minacciosa invasione dell’ateismo e dell’islam?
Sia quel che sia di tutte queste belle qualità, non si può tuttavia seguire padre Christian in tutte le sue iniziative e ancor meno assumerlo come riferimento teologico per il dialogo interreligioso. È evidente che non era un teologo. Gli mancava per ciò la struttura filosofica necessaria a un pensiero coerente. La sua scrittura scorre bene. È inoltre animata da splendidi slanci poetici. Ma la poesia non è la teologia. I ragionamenti di padre de Chergé sono pieni di equivoci e di sofismi. A Poyo, per esempio, afferma che Gesù è il solo musulmano possibile. Altrove dice che il Corano è un’epifania del Verbo. Stabilisce un parallelo fra Corano e Vangelo fondandosi sull’etimologia: «Corano» deriva dalla radice «proclamare», e Giovanni Battista «proclama». Ecco una «prova» assai debole per assicurare che Gesù è «il Corano fatto carne»! Un’altra affermazione di padre de Chergé rischia di alimentare molteplici equivoci: l’islam sarebbe un’altra via per giungere al Dio unico. Affermazione pericolosa. Si è già a tal punto sicuri che abbiamo lo stesso Dio dei musulmani?
A tal proposito, qualche anno fa mi è capitata un’esperienza illuminante. Camminavo in una strada buia. Un uomo d’origine nord-africana stava uscendo dalla sua casa e mi vide. Mi gettò uno sguardo scuro e prese ad accompagnarmi, fissandomi dai sandali alla chierica. Volendo distendere l’atmosfera lo salutai con un «Buongiorno!». Mi rispose però energicamente: «Dio non procrea!». Faceva erroneamente allusione al mistero della Santa Trinità. Per lui, un cristiano non si distingueva dall’abito o dal taglio di capelli inconsueto, ma essenzialmente per la sua fede in Dio «Padre, Figlio e Spirito Santo». E considerava una tale affermazione come blasfema. La sua fede coranica l’obbligava a rifiutare che il Dio unico possa sussistere in tre persone; era una feroce negazione della mia fede cristiana su questo punto essenziale. Il Corano e il Vangelo gli apparivano contraddittori nel loro messaggio sull’identità di Dio. Riconoscendo in Dio un Figlio distinto dal Padre, introducevo un secondo Dio. Ero un politeista. Ho allora guardato l’uomo barbuto e gli ho detto che ero d’accordo con lui. Ne rimase turbato… «Sì, Dio non procrea. Genera. Non è la stessa cosa». L’ho lasciato con questa porta aperta sul mistero… Noi adoriamo un Dio che non è il Dio chiuso su sé stesso dell’islam. Il nostro Dio è un abisso di vita: eterna generazione nel seno del Padre di un Figlio in tutto simile a lui e spirazione dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.
La Quaresima incede. Viviamola in intima unione con Gesù, vero Figlio di Dio. E preghiamo il nostro Padre del Cielo di donarci con pienezza il suo Spirito di forza e d’amore, affinché ci protegga da ogni dhimmitudine intellettuale e affettiva. Un dialogo interreligioso condotto male può diventare polvere negli occhi e servire a ciò che lo stesso padre Christian de Chergé chiamava «l’invasione dell’islam». La messe è abbondante, ma il maestro manca di operai. Chiediamo con insistenza al Signore i ministri competenti di cui la Chiesa ha un grande bisogno: persone di coraggio e di cultura dotate di una solida struttura mentale e di un giudizio informato. Nella preghiera e nel digiuno, otteniamo infine dal Signore tutte le grazie di fortezza di cui hanno bisogno i nostri fratelli cristiani d’Oriente. Essi pagano spesso con la loro vita la fedeltà alla loro fede in Dio «Padre, Figlio e Spirito Santo».
[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, Le bon grain et l’ivraie, editoriale di Les amis du monastère, n. 137, marzo 2011, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]