mercoledì 16 giugno 2010

Gli oblati benedettini / terza parte

La liturgia

La celebrazione del culto divino o il servizio liturgico occupano un ruolo importante nell’organizzazione del monastero e nella giornata del monaco. San Benedetto chiede che non vi si anteponga nulla [cfr. RB XLIII, 3]. Egli chiama la liturgia l’Opera di Dio, altresì detto l’Ufficio divino.
I monasteri non possono esercitare una funzione più importante a gloria di Dio, al servizio delle società e al bene degli individui. La liturgia è come la loro ragion d’essere o il loro fine speciale, per la loro fedeltà a questa tradizione e per la negligenza di cui altrove è diventata troppo spesso l’oggetto.
I benedettini, in ogni tempo e soprattutto in Francia, hanno dato alla lode divina il più grande splendore, rivaleggiando in ciò con i canonici delle cattedrali e delle collegiate. Lo proclamano ad alta voce le belle e venerande chiese con le quali hanno coperto il suolo dei nostri Paesi; sotto le loro volte tutte le arti concorrevano al servizio divino.
L’onore di Dio chiedeva che così fosse; inoltre, era il modo migliore di proclamare solennemente i propri diritti sugli uomini e sui popoli.
Il culto divino comprende il canto quotidiano della Messa e la salmodia in comune, alle ore canoniche. I monaci realizzano in tal modo la parola del salmo: “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode”, Benedicam Dominum in omni tempore, semper laus ejus in ore meo [Sal 33,2].
La Messa, cantata verso le nove, è il fulcro di questa liturgia, inquadrata fra due “piccole Ore”: Terza – che ricorda la discesa dello Spirito Santo – e Sesta, la preghiera del mezzogiorno, momento nel quale il Salvatore compì la sua Ascensione.
Durante il pomeriggio, Nona evoca il ricordo della sua crocifissione e morte; i Vespri sono la preghiera della sera – vespertina oratio – presentata a Dio con il Magnificat e, le domeniche e le feste, l’oblazione dell’incenso. Compieta è la preghiera con la quale si conclude il lavoro e si offre il riposo a Dio. Il Mattutino è la preghiera notturna, che si prolunga nel silenzio e nella tenebra. Al mattino è la volta delle Lodi, laudes matutinae, che si concludono con il canto del Benedictus. L’Ora di Prima è l’offerta al Signore delle occupazioni della giornata.
Così facendo il monaco si prende cura della moltitudine degli uomini che dimenticano o rifiutano di pregare, supplendo alla loro negligenza o cattiva volontà. La liturgia non è solo una preghiera vocale, bensì la preghiera vocale e mentale più perfetta. Le sue formule sono quasi tutte tratte dai Santi Libri. La Chiesa, che ne ha composto altre e ne ha organizzato l’insieme, ha fatto ciò con l’assistenza dello Spirito Santo.
Mentre il cristiano pronuncia o ascolta le parole di Dio e della Chiesa, la sua anima – penetrata dalle idee e dai sentimenti che esse contengono – le presenta al Signore. La salmodia diventa spirituale; la preghiera vocale si espande in preghiera mentale; lo spirito e la voce sono concordi, come chiede la Santa Regola: “ut mens nostra concordet voci nostrae” [“in modo tale che l’intima disposizione dell’animo si armonizzi con la nostra voce”, RB XIX, 7].
La formazione spirituale data nei monasteri tende a rendere familiare alle anime quest’usanza della preghiera mentale, esercitandole così a vivere della liturgia.
Questa parte attribuita alla liturgia nella vita spirituale è una pura tradizione ecclesiale; i monasteri l’hanno conservata, con loro grande merito. In ragione di ciò, i sacerdoti e i fedeli possono imitare un tale esempio. Gli oblati contraggono un obbligo in tal senso; si tratta persino del loro obiettivo principale. La direzione che viene loro data, le letture che svolgono, i loro sforzi personali, li aiutano in questo; gli esercizi comuni che sono loro proposti, quando si realizza possibile, mettono questo esempio alla loro portata.
Si tratta di cosa facile per un sacerdote oblato di san Benedetto, il quale tutti i giorni celebra la Messa e recita il Breviario, per non dire delle cerimonie liturgiche parrocchiali che presiede e dei sacramenti che amministra. Gli occorre anzitutto osservare puntualmente le prescrizioni delle rubriche o del cerimoniale e pronunciare con intelligenza e pietà tutte le formule. Per giungere a tal punto è necessario familiarizzarsi, con la lettura assidua e la meditazione, con i testi dei libri liturgici, di conoscerne la storia e penetrarne lo spirito.
La teologia, l’agiografia, l’archeologia, tutte le scienze sacre servono a questo studio della liturgia. Vi è modo, in seguito, d’iniziarsi alle diverse arti che la Chiesa mette a profitto nel culto divino: ella riesce, per tale mezzo, ad abbellire la Casa del Signore e a fare della liturgia un’autentica arte.
Rimane infine da mettere, nell’esecuzione di quest’arte, la cura delicata e coltivata che, da sola, può darle la sua perfezione. Allora la liturgia rende a Dio tutta la gloria che Egli ne attende; santifica colui che la celebra; ed è più feconda degli apostolati.
Non è tutto; il sacerdote oblato cerca di familiarizzare i fedeli con la medesima liturgia. Per darne loro il gusto e l’intelligenza egli ne dà spazio nell’insegnamento del catechismo e durante la predicazione.
Si applica a fare discernere le regole e i sentimenti che sostengono e accordano fra loro le arti sacre attorno all’altare. Favorisce la diffusione del canto gregoriano; cerca i mezzi più appropriati a facilitare la partecipazione dei fedeli al canto della Messa e dei Vespri; utilizza a tal fine le opere della gioventù: scuole, patronati o circoli di studio e – anzitutto – la direzione spirituale.
In tale spirito, gli oblati e le oblate assistono alla santa Messa, ove ciò sia possibile tutti i giorni; le domeniche e le festività prestano attenzione a non mancare alla Messa principale, scegliendo di preferenza la loro parrocchia. Si associano, nella misura in cui la discrezione lo consente, al canto, rispondendo al sacerdote, e mescolano la loro voce a quella dei cantori. Sarà la loro devozione preferita.
Quanti ne hanno il tempo e il gusto recitano, interamente o in parte, sia l’Ufficio completo – come lo si trova nel Breviario – sia l’Ufficio del giorno contenuto nel Diurnale. A loro è permesso l’uso del Breviario monastico. Altri si limiteranno alla recita della Compieta, prima di addormentarsi; e al mattino, all’Ufficio di Prima.
La recita del Benedicite e delle grazie, prima e dopo i pasti, è loro ugualmente raccomandata.
Con i misteri che celebra e i santi che onora, con i Vangeli e le Epistole delle domeniche e delle ferie, la Chiesa offre loro degli inesauribili soggetti di meditazione. Imitando i loro padri, costoro amano recitare i Salmi, leggere i Vangeli e le vite dei santi.
Hanno una devozione speciale per il santo patrono della loro parrocchia. Onorano le sante reliquie, l’immagine della Croce e quelle dei santi, i luoghi e gli oggetti consacrati al culto divino, l’uso di oggetti benedetti.
Compiono con piacere la lettura di libri suscettibili di accrescere in loro la stima e l’intelligenza della liturgia. Cercano di apprendere il latino, la lingua della Chiesa, per meglio seguire gli Uffici.
Contribuiscono, con il loro lavoro personale e con i mezzi di cui dispongono, alla costruzione e ornamentazione delle chiese, alla preparazione degli arredi liturgici, all’insegnamento del canto gregoriano. In questo danno la loro preferenza agli uomini e alle opere collegate allo sviluppo delle arti sacre e alla restaurazione delle sante tradizioni cadute in desuetudine.
Nei giorni dei loro incontri mensili, gli oblati e le oblate si fanno un dovere di cantare anch’essi la Messa e i Vespri, a meno che non siano ammessi a cantare con i monaci o le monache, quando una tale riunione avvenga in una chiesa monastica.
Nelle parrocchie ove siano in grado di formare un coro, si mettono a disposizione del sacerdote per prendere parte al canto degli Uffici e per coinvolgere i parrocchiani a fare altrettanto; tuttavia, in questo come in tutto il resto, evitano di assumere le iniziative che non gli appartengono. Memores sint conditionis suae: si ricordino della loro condizione.

[Dom Jean-Martial Besse (1861-1920), Les Oblats de saint Benoît, opuscolo del 1918, poi in Itinéraires, n. 320, febbraio 1988, pp. 73-90 (qui pp. 79-84), trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B. - 3 / continua]

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