martedì 9 agosto 2016

L’altare verso il popolo. Domande e risposte / 3

Guillaume Durand, Rational des divins offices [Rationale divinorum officiorum]
seconda domanda

Come ci si può opporre agli altari moderni rivolti verso il popolo, quando essi sono stati prescritti dal Concilio e praticamente sono stati introdotti nel mondo intero?

Si cercherebbe invano una prescrizione che imponga di celebrare la santa messa rivolti verso il popolo nella Costituzione sulla sacra liturgia promulgata dal Concilio Vaticano II. Ancora nel 1947, Papa Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei (n. 49), sottolineava come si sbagliassero coloro che volessero ridare all’altare la sua antica forma di mensa (tavola). Fino al Concilio la celebrazione verso il popolo non era autorizzata; essa era tuttavia tacitamente tollerata da numerosi vescovi, soprattutto per le messe dei giovani.
Da noi, in Germania, la nuova posizione del sacerdote fece la sua comparsa negli anni 1920 con la Jugendbewegung (movimento della gioventù), allorché si cominciò a celebrare l’eucaristia per piccoli gruppi; Romano Guardini svolse il ruolo di precursore, con le sue messe al castello di Rothenfels. Il movimento liturgico diffuse quest’uso, soprattutto Pius Parsch, che sistemò in questo senso, per la sua “parrocchia liturgica”, una piccola chiesa romanica (Santa Gertrude) a Klosterneuburg, vicino a Vienna.
Questi sforzi vennero infine approvati dall’istruzione Inter œcumenici (1964) della Congregazione dei Riti, che in seguito ha ispirato il nuovo messale. Per le nuove costruzioni vi è prescritto che: “È bene costruire l’altare maggiore separato dal muro, perché si possa facilmente girarvi attorno e vi si possa celebrare verso il popolo; esso sarà posto nell’edificio sacro in modo da essere veramente il centro verso il quale si volge spontaneamente l’attenzione dell’assemblea dei fedeli” (n. 91).
Sfortunatamente, è esatto che i nuovi altari verso il popolo siano stati installati dovunque nel mondo, almeno per quanto riguarda l’area di diffusione della Chiesa cattolica romana. Ma, a rigore, essi non sono prescritti.
Nelle Chiese ortodosse d’Oriente – nelle quali, d’altronde, vi sono alcune centinaia di milioni di cristiani – si continua a rispettare l’uso della Chiesa delle origini, secondo cui il sacerdote che celebra il santo sacrificio è girato, con i fedeli, verso l’abside. Questo vale sia per le Chiese di rito bizantino – greca, russa, bulgara, serba, ecc. – sia per le Chiese dette di rito orientale antico (armena, siriaca, copta).
Che l’altare debba essere scostato dal muro “perché si possa facilmente girarvi attorno”, è un’altra questione. Questa esigenza della Congregazione dei Riti si accorda perfettamente con la tradizione [1].
Per più di dieci secoli, come fino a oggi nelle chiese ortodosse orientali, l’altare è rimasto privo di sovrastrutture. Un cambiamento si produsse nell’epoca gotica, con l’apparizione delle pale. Queste svolgevano in parte il ruolo dei dipinti dell’abside e dei muri, raffigurando le diverse tappe della salvezza: dall’Annunciazione dell’angelo all’Ascensione del Signore.
Mentre nelle piccole chiese gli altari erano spesso addossati al muro dell’abside, nelle grandi chiese, come abbiamo visto, erano posti – fino all’epoca gotica – in mezzo al santuario. Era allora possibile girarvi intorno al momento dell’incensazione, com’è detto nel Salmo 25: “Giro attorno al tuo altare, o Signore, per far risuonare voci di lode e narrare tutte le tue meraviglie”.
Per sottolineare la santità dell’altare, questo – almeno nelle grandi chiese – era generalmente sormontato da un baldacchino in materiale prezioso, poggiante su quattro colonne. Ai quattro lati erano fissate delle cortine; certo in riferimento alla tenda del Tempio di Gerusalemme, che separava il Santo dei Santi (Sancta Sanctorum) dal santuario, come Dio aveva prescritto a Mosè: “Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto (…). Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro (…). Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei santi” (Es 26, 31-33).
Come abbiamo visto, nel rito bizantino è l’iconostasi che attua la separazione; ma secondo la concezione ortodossa, anch’essa rappresenta, insieme alle icone, l’Ecclesia cœlestis (la Chiesa del Cielo), che celebra assieme ai fedeli, tanto che essa dev’essere considerata, da quelli che partecipano alla celebrazione, non solo come una separazione, ma anche come un oggetto di contemplazione.
In altri riti orientali non bizantini, l’iconostasi manca; al suo posto vi sono, come presso gli armeni, due tende: una piccola davanti all’altare e una grande che, in alcuni momenti della liturgia della messa, nasconde tutto il coro agli occhi dei fedeli. A questo proposito così dice san Giovanni Crisostomo: “Quando vedi chiudere le tende, pensa che in quel momento il cielo si apre lassù e ne discendono gli angeli” [2].
Secondo la testimonianza di Guillaume Durand, queste tende furono anche usate in Occidente, fino alla metà del Medioevo. Egli parla di tre vela: uno che copre le offerte del sacrificio, il secondo intorno all’altare e il terzo velum sospeso davanti al coro [3].
Mentre la Chiesa delle origini dissimulava l’altare come poteva, ornandolo con tessuti preziosi e con pendoni, ecco che al giorno d’oggi questo stesso altare si trova posto, nudo, in mezzo alla chiesa, esposto a tutti gli sguardi. La sua santità, in quanto luogo delle offerte del sacrificio, si trova così meglio evidenziata? Certamente no. A meno che non si voglia prendere in considerazione – contro tutte le tradizioni – altro che la sua funzione di tavola da pasto e la si voglia rendere manifesta in tal modo.
Allora, certamente, non mi resta che inchinarmi…
Ma, in questo caso, non si tratta più di rendere presente quaggiù il mondo dell’aldilà: si tratta solo dell’uomo e del suo universo. L’universo di Dio, degli angeli e dei santi, diventa marginale: sfiora appena il nostro. Forse, malgrado tutto, ci s’interesserà ancora a un uomo chiamato Gesù e a qualche brano accuratamente selezionato del suo Vangelo!

[1] Il Pontificale romano tradizionale, nel capitolo “Della dedicazione delle chiese”, chiede espressamente che l’altare non sia addossato al muro, ma che si possa girarvi attorno da tutti i lati onde potere compiere in maniera conveniente i riti di consacrazione. Il “messale di san Pio V” (edizione del 1962) indica d’altra parte la maniera di procedere all’incensazione di questo tipo d’altare. Contrariamente a ciò che si ritiene troppo spesso, l’altare così disposto è perfettamente conforme alla tradizione, sebbene con il tardo Medioevo sia stato spesso preferito addossarlo al muro.
[2] PG 62, 29.
[3] Rational, I, 3, n. 35.

[Klaus Gamber, “L’autel face au peuple. Questions et réponses”, in Tournés vers le Seigneur!, Éditions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1993, pp. 19-55 (pp. 24-27) / 3 - continua]

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