martedì 19 aprile 2011

Il Figlio dell’Uomo si addormentò per far nascere la Chiesa

[Il 17 novembre 2010 Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, si è recato in visita al seminario dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, presso Gricigliano (Firenze), in occasione del ventennale della visita di Dom Gérard Calvet (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero di Le Barroux. Nel corso della visita l’abate benedettino ha celebrato una Messa pontificale, durante la quale ha pronunciato la seguente omelia, che trascriviamo – con l’autorizzazione dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, al quale rivolgiamo il nostro ringraziamento – in traduzione italiana a cura di don Federico M. Pozza ICRSS, al quale pure vada il nostro ringraziamento. L’originale francese dell’omelia, assieme al servizio fotografico della giornata, si trova nel sito in lingua francese dell’Istituto]



Monsignore,
Signori Canonici, cari seminaristi, care Suore,

Sono quasi tre anni che Dom Gérard ci ha lasciato. Come avete evidenziato sulla bella immagine-ricordo da voi stampata, Benedetto XVI salutò colui la cui «vita è stata interamente rivolta al Signore». Lo fu veramente; egli toccava la terra solo per saltare verso il cielo. André Charlier disse di lui pressappoco la stessa cosa, ammirando sin dalla sua giovane età la capacità che aveva di andare sempre all’essenziale. Ma Dom Gérard non dimenticava i mezzi ordinari coi quali si va a Dio e che ci sono stati trasmessi dalla Tradizione e dai nostri Padri.
Lei mi ha invitato, Monsignore, per onorare la visita di Dom Gérard, vent’anni fa, quando l’Istituto muoveva i suoi primi passi. Sembra che a quell’epoca voi abbiate avuto tutta una serie – assai strana – di difficoltà di ogni tipo, e che per questo lei domandò a Dom Gérard di benedire questi luoghi, cosa ch’egli fece. La grazia di Dio, attraverso il sacramentale, fu efficace. E poiché Dom Gérard sapeva – secondo l’espressione di Charles Péguy – che il fiume della vita spirituale scorre nel letto della vita naturale, non dimenticò di farle dono di un materiale che all’epoca vi mancava implacabilmente: dei letti. Cosa prosaica, certo, ma indispensabile alla natura e trattata in modo molto preciso dalla santa Regola di san Benedetto.
Mi permetta di fare come Dom Gérard, di saltare sul materasso per evocare ciò che era al centro del suo pensiero e della sua sollecitudine: la vita interiore. La vita interiore trova nel sonno come un’icona.

È vero che vi è un sonno cattivo che ci minaccia tutti.
La vita interiore non ha nulla a che vedere con il sonno di Oloferne. Questo non è che una conseguenza grossolana dell’intemperanza. La vita interiore non può scaturire dalle orge carnali o spirituali. Dom Gérard ci ha sempre messo in guardia contro l’avidità moderna per le novità, servite da pseudo-teologi e altri archeologi della vita cristiana. Sappiamo quel che capitò a Oloferne: una testa tagliata; sappiamo quel che capita all’Occidente: un’apostasia silenziosa.
La vita interiore non ha neppure nulla a che vedere con la fuga dalle responsabilità stigmatizzata dal profeta Isaia: «I suoi guardiani sono tutti ciechi […]; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi» (Is 56,10). Dom Gérard seppe ricordare in modo audace il loro dovere a questi «guardiani».
La vita interiore, infine, non ha nulla a che vedere con il sonno di Pietro, Giacomo e Giovanni al Getsemani, avvolto dalla tristezza e sconfitto da una forma di disperazione. La fondazione di Bédoin non fu un atto disperato, ma al contrario un grande atto di speranza.

Esiste però un altro sonno, questa volta buono, che dà una dolce e profonda luce alla vita interiore.
Il sonno di Adamo, anzitutto, mandato da Yahvé per creare Eva. La vita interiore è una vita in cui il primato della grazia assume tutta la propria ampiezza. È Dio che agisce e non l’uomo. Quando Dio vuole fare delle meraviglie in un’anima, lo fa nel silenzio, nella calma, all’interno. L’anima deve farsi allora completamente docile, malleabile, in ascolto. Si abbandona pienamente nelle mani di Dio. È ciò che successe sulla Croce, in modo ancor più ammirevole. Il Figlio dell’Uomo si addormentò per far nascere la Chiesa.
Il sonno di Samuele, che dormiva nel Tempio. La vita interiore è piena intimità con Dio, quasi familiare. L’anima che abita con Dio e Dio che dimora nell’anima. Ma Dom Gérard avrebbe visto in questo sonno la vita interiore nutrita dalla grande liturgia della Chiesa. Egli amava questa maestra di preghiera che è la liturgia, la quale attraverso i suoi gesti solenni, sacri, immutabili, pieni del senso di Dio e degli uomini, poco a poco conferisce agli uomini come una seconda natura.
Il sonno di Giacobbe che prende una pietra e la mette sotto la propria testa per dormire. E Dio gli dice: «A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato» (Gen 28,13). La vita interiore noi la riceviamo da Dio. Non ce la fabbrichiamo da noi stessi, come non si fabbricano né la fede, né la liturgia.
Infine, il sonno di Giuseppe, sposo di Maria, sublime icona della vita interiore, fatta di ascolto semplice e raccolto della Parola di Dio in una fede semplicissima, completamente pura. Messo a confronto con Zaccaria – che dubita della parola dell’angelo che gli parla nel Tempio santo, al vertice della città santa, attorniato dal popolo in preghiera – la fede di Giuseppe, in piena inazione, sperduto in un piccolo villaggio sconosciuto, solo nella sua casa troglodita, è un modello per tutti coloro che vogliono entrare veramente nella vita interiore.

Ma la vita interiore, lo ripeto, non può essere né sarà mai una fuga dalla realtà, bensì una potente fonte d’ispirazione e di missione.
Come il sonno di Sansone, che dormì fino al cuore della notte per svegliarsi e presi i cardini delle porte della città li divelse. La vita interiore, quando è autentica, nasce per combattere per Cristo e per la sua Chiesa.
La vita interiore è fonte di forza, di stabilità e di calma, come quando Nostro Signore dormiva nella barca scossa dalla tempesta. Dom Gérard era ammirevole per calma e serenità, soprattutto nella tempesta; nonostante le grandi prove che non mancarono mai, si svegliava ogni mattina come nuovo e pronto ad affrontare tutti i combattimenti.
Il salmo 149, che cantiamo ogni mattina alle Lodi, parla dei santi che si rallegrano nei loro letti. Versetto stupefacente. È la gioia del santo che ha accolto la grazia di Dio in una vita di fede, di preghiera, di raccoglimento e di meditazione, che canta la gloria di Dio – «exaltationes Dei in gutture eorum» («le lodi di Dio sulla loro bocca», Sal 149,6) – e si rallegra intimamente perché sa che Dio lo manda presso le nazioni e che Dio veglia su di lui «ad faciendam vindictam in nationibus» («per compiere la vendetta fra le nazioni», Sal 149,7). Si rallegra perché la vita interiore è un focolare ardente di carità cristiana.

Resta un ultimo sonno di cui devo parlare. Quello del riposo delle anime.
«Requiem aeternam dona eis Domine». La vita cristiana è una quiete, una pienezza, un godimento di Dio, una partecipazione, sin da quaggiù, alla pienezza della vita trinitaria, alla quiete di Dio.
Rivedo ancora Dom Gérard tornare tranquillamente dal Mattutino, tutto perso in Dio, con questa specie di ebbrezza dello Spirito di cui parla sant’Ambrogio, mentre assaporava la presenza di Dio. È qualcosa che faceva veramente venire voglia di seguirlo.



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