martedì 8 marzo 2011

Per la Quaresima: il digiuno

Riguardo alla misura dei digiuni, non è facile stabilire una regola uniforme, che tutti possano osservare, perché non tutti hanno la stessa resistenza fisica, né si può praticare il digiuno, come le altre virtù, con la sola inflessibilità dell'animo. E proprio perché il digiuno non dipende solo dalla forza interiore, ma anche dalle capacità del corpo, abbiamo ricevuto su questo punto dalla tradizione la seguente regola: i tempi, la quantità e la qualità dell'alimentazione devono variare in rapporto alla diversità di condizione fisica, di età e di sesso, ma per quanto riguarda la virtù interiore della continenza l'obbligo di mortificarsi è uguale per tutti. Non tutti, infatti, possono prolungare i digiuni per intere settimane, né rinviare il pasto restando tre giorni, o due, senza mangiare. Molti, anzi, indeboliti dalla malattia o dalla vecchiaia, non riescono a sostenere il digiuno neppure fino al tramonto del sole, se non con grande pena e fatica.

Non bisogna valutare la perfezione della continenza soltanto in base ai tempi e alla qualità dell'alimentazione, ma prima di tutto in base al giudizio della propria coscienza. Ciascuno, infatti, deve imporsi una regola di frugalità proporzionata alle esigenze della lotta che deve combattere contro il proprio corpo. È senz'altro utile e assolutamente necessario osservare i digiuni fissati dalla regola, ma se il pasto che li segue non è frugale, non si potrà raggiungere lo scopo per cui li si pratica, cioè l'integrità. Infatti, i lunghi digiuni seguiti da pasti abbondanti affaticano il corpo per un certo tempo, ma non gli permettono di acquisire la purezza della castità. L'integrità della mente è strettamente connessa al digiuno del ventre, e chi non sarà disposto a custodire ininterrottamente una regola uniforme di astinenza, non riuscirà a mantenere per sempre la purezza della castità. Anche i digiuni più austeri, se sono seguiti da un rilassamento eccessivo, diventano inutili e ci fanno subito cadere nel vizio dell'ingordigia. È preferibile un'alimentazione ragionevole e moderata ogni giorno, anziché un lungo e austero digiuno una volta ogni tanto. Un'astensione dal cibo praticata senza misura non solo può compromettere l'equilibrio della mente, ma, con l'affaticamento del corpo, finisce per infiacchire e privare della sua forza anche la preghiera.

[Giovanni Cassiano, Le istituzioni cenobitiche, V,1-2 e V,9]

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