I monaci hanno scelto un genere di vita degno del cielo e tengono una condotta che non è inferiore a quella degli angeli. Fra gli angeli, infatti, non c’è nessuna disuguaglianza: non ci sono alcuni che vivono nella felicità, mentre altri sono immersi in un mare di sofferenza; ma tutti godono della medesima pace, della medesima gioia e della medesima gloria. Così nei cenobi nessuno si lamenta della povertà, nessuno si vanta delle ricchezze, ed è assolutamente bandito quel tuo e quel mio che tutto sconvolge nel turbamento. Tra loro tutto è comune: la mensa, l’alloggio, le vesti. E qual meraviglia quando in tutti vi è un’unica e medesima anima? E la medesima nobiltà che li rende tutti nobili, la medesima servitù che li costituisce servi, la medesima libertà che li rende liberi. Là tutti godono delle uniche ricchezze che sono veramente ricchezze e dell’unica gloria che è veramente gloria. I veri beni essi li possiedono di fatto, non solo di nome. Un solo godimento, un solo desiderio, una sola speranza comune a tutti e ogni cosa è assolutamente ordinata come con una regola e una giusta bilancia.
Nessuna irregolarità, ma invece ordine, bella disposizione, armonia, gran diligenza nel conservare la concordia e materia per una letizia che non viene mai meno. Per questo tutti sono pronti a fare o a subire tutto per poi esultare e godere.
Soltanto là si possono vedere queste cose attuate a perfezione e in nessun’altra parte. Difatti non soltanto essi arrivano a disprezzare tutte le cose presenti, a eliminare ogni causa di rissa e di discordia, sostenuti come sono da una fulgida speranza dei beni futuri, ma sono soliti pure a stimare comune a tutti qualunque cosa di lieto o di triste colpisca ciascuno personalmente. I pesi e le afflizioni, infatti, si sopportano con più facilità, quando sono condivisi da tutti e da ciascuno, per così dire, in egual misura; le occasioni di gioia, invece, si moltiplicano, quando tutti godono non meno dei propri beni e vantaggi che di quelli di tutti gli altri.
[San Giovanni Crisostomo (344/354-407), dal trattato Contro gli oppositori della vita monastica, Lib. III, 11]
Nessuna irregolarità, ma invece ordine, bella disposizione, armonia, gran diligenza nel conservare la concordia e materia per una letizia che non viene mai meno. Per questo tutti sono pronti a fare o a subire tutto per poi esultare e godere.
Soltanto là si possono vedere queste cose attuate a perfezione e in nessun’altra parte. Difatti non soltanto essi arrivano a disprezzare tutte le cose presenti, a eliminare ogni causa di rissa e di discordia, sostenuti come sono da una fulgida speranza dei beni futuri, ma sono soliti pure a stimare comune a tutti qualunque cosa di lieto o di triste colpisca ciascuno personalmente. I pesi e le afflizioni, infatti, si sopportano con più facilità, quando sono condivisi da tutti e da ciascuno, per così dire, in egual misura; le occasioni di gioia, invece, si moltiplicano, quando tutti godono non meno dei propri beni e vantaggi che di quelli di tutti gli altri.
[San Giovanni Crisostomo (344/354-407), dal trattato Contro gli oppositori della vita monastica, Lib. III, 11]