Tre massime negative
1 – Bisogna stare attenti a non imprigionare la vita spirituale negli esercizi che le sono propri. Le stesse Sentenze e Massime di san Giovanni della Croce non vanno bene a tutti in maniera indistinta. Bisogna fare i conti con l’ispirazione dello Spirito Santo, che è la luce delle luci. La regola d’oro della vita spirituale non è scritta; ogni cammino è unico: si tratta essenzialmente di corrispondere alla grazia.
2 – Evitare di sfarfallare in maniera eclettica, come quello che vuole leggere di tutto, buttarsi su ogni autore, desiderare di sapere tutto. C’è una grande saggezza nel considerare quale fu la prima grazia che ci ha attirato alla vita interiore, e nel conservarla: quale onda misteriosa ha toccato la nostra anima? Talvolta la bellezza della vita di un santo, un esempio di virtù, un avvenimento ricco di significato, una parola o un mistero della vita di Cristo, sono sufficienti per aprire un’anima alla luce. La nostra unità interiore si costruisce meno con un ammasso di conoscenze successive, piuttosto che con la fedeltà costante alla grazia iniziale. Ma questa richiede un’acutezza di sguardo che ha poco di ordinario. André Charlier diceva: «La regola principale della vita spirituale è che bisogna sempre rinnovare lo sguardo che posiamo sulle cose essenziali».
3 – Non bisogna esporre agli occhi di tutti il segreto della propria vita interiore. Quello che va bene per me forse non va bene a un altro. Per quanto riguarda un dogma, tutti devono crederci e accettarlo. Sul piano spirituale invece è ammissibile una grande libertà: tenete caro ciò in cui riuscite. Un istinto segreto avvertirà che si è sulla buona strada: «L’uomo spirituale giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno» (1 Cor 2,15).
Il gusto di Dio
Al di sopra di ogni disciplina e regolamento, bisogna innalzare qualcosa di primordiale, che dia il suo senso a tutto il resto: il gusto di Dio. Prima di leggere la Regola dei monaci al postulante, san Benedetto gli domanda se veramente cerca Dio. Se ha sete di quel solo che potrà dissetarlo. Il dono della saggezza fa gustare quanto il Signore è dolce, sveglia nell’anima un’attrattiva per le verità soprannaturali. Questa attrazione spiega la storia delle anime, è questo che le conduce al chiostro, che fa alzare il figliol prodigo e gli fa dire: Mi alzerò e andrò da mio Padre. Vi esorto a coltivare questo gusto di Dio, ad alimentarlo con la lettura, la meditazione e la preghiera. È per l’anima una fonte inesauribile di dolcezza. Al di sopra di ogni gioia terrena, di ogni consolazione umana, di ogni disastro, forse e al di là di ogni caduta, ci sarà questo patto segreto d’amore che ricompenserà ogni cosa.
La lettura
È una cosa assolutamente normale leggere per istruirsi; ben più raro è leggere per nutrire la propria anima. Si tratta allora di leggere e di rileggere lentamente un libro che piace: il Vangelo, le Lettere, l’Imitazione di Cristo o gli scritti dei santi, o qualsiasi altro libro capace di incidere nel proprio spirito qualcosa di eterno. Gustave Thibon racconta che, durante un viaggio in aereo che portava degli studiosi a un congresso di filosofia, uno di loro – era Gabriel Marcel – domandò al suo vicino: «Se l’aereo avesse un’avaria e lei fosse in pericolo, la sua filosofia la aiuterebbe a prepararsi alla morte?». La risposta fu negativa. È proprio a questo che dovrebbero servirci le nostre letture: chiarire e confortarci nelle nostre intime convinzioni. È da raccomandare la lettura con la matita in mano, raccogliere le idee a noi care su un «quaderno dei perché» e tappezzare la propria memoria con qualche testo importante che ci dia il senso della vita.
[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Une règle de vie intérieure, originariamente in Itinéraires, n. V (seconda serie), marzo 1991; poi, in versione aumentata, come pubblicazione a sé stante dal titolo Une règle de vie, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1994; da quest’ultima ripresa in Benedictus. Écrits Spirituels. Tome II, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 2010, pp. 376-402 (da cui la presente traduzione; qui pp. 380-382), trad. it. delle monache del Monastero San Benedetto di Bergamo / 2 - continua]
1 – Bisogna stare attenti a non imprigionare la vita spirituale negli esercizi che le sono propri. Le stesse Sentenze e Massime di san Giovanni della Croce non vanno bene a tutti in maniera indistinta. Bisogna fare i conti con l’ispirazione dello Spirito Santo, che è la luce delle luci. La regola d’oro della vita spirituale non è scritta; ogni cammino è unico: si tratta essenzialmente di corrispondere alla grazia.
2 – Evitare di sfarfallare in maniera eclettica, come quello che vuole leggere di tutto, buttarsi su ogni autore, desiderare di sapere tutto. C’è una grande saggezza nel considerare quale fu la prima grazia che ci ha attirato alla vita interiore, e nel conservarla: quale onda misteriosa ha toccato la nostra anima? Talvolta la bellezza della vita di un santo, un esempio di virtù, un avvenimento ricco di significato, una parola o un mistero della vita di Cristo, sono sufficienti per aprire un’anima alla luce. La nostra unità interiore si costruisce meno con un ammasso di conoscenze successive, piuttosto che con la fedeltà costante alla grazia iniziale. Ma questa richiede un’acutezza di sguardo che ha poco di ordinario. André Charlier diceva: «La regola principale della vita spirituale è che bisogna sempre rinnovare lo sguardo che posiamo sulle cose essenziali».
3 – Non bisogna esporre agli occhi di tutti il segreto della propria vita interiore. Quello che va bene per me forse non va bene a un altro. Per quanto riguarda un dogma, tutti devono crederci e accettarlo. Sul piano spirituale invece è ammissibile una grande libertà: tenete caro ciò in cui riuscite. Un istinto segreto avvertirà che si è sulla buona strada: «L’uomo spirituale giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno» (1 Cor 2,15).
Il gusto di Dio
Al di sopra di ogni disciplina e regolamento, bisogna innalzare qualcosa di primordiale, che dia il suo senso a tutto il resto: il gusto di Dio. Prima di leggere la Regola dei monaci al postulante, san Benedetto gli domanda se veramente cerca Dio. Se ha sete di quel solo che potrà dissetarlo. Il dono della saggezza fa gustare quanto il Signore è dolce, sveglia nell’anima un’attrattiva per le verità soprannaturali. Questa attrazione spiega la storia delle anime, è questo che le conduce al chiostro, che fa alzare il figliol prodigo e gli fa dire: Mi alzerò e andrò da mio Padre. Vi esorto a coltivare questo gusto di Dio, ad alimentarlo con la lettura, la meditazione e la preghiera. È per l’anima una fonte inesauribile di dolcezza. Al di sopra di ogni gioia terrena, di ogni consolazione umana, di ogni disastro, forse e al di là di ogni caduta, ci sarà questo patto segreto d’amore che ricompenserà ogni cosa.
La lettura
È una cosa assolutamente normale leggere per istruirsi; ben più raro è leggere per nutrire la propria anima. Si tratta allora di leggere e di rileggere lentamente un libro che piace: il Vangelo, le Lettere, l’Imitazione di Cristo o gli scritti dei santi, o qualsiasi altro libro capace di incidere nel proprio spirito qualcosa di eterno. Gustave Thibon racconta che, durante un viaggio in aereo che portava degli studiosi a un congresso di filosofia, uno di loro – era Gabriel Marcel – domandò al suo vicino: «Se l’aereo avesse un’avaria e lei fosse in pericolo, la sua filosofia la aiuterebbe a prepararsi alla morte?». La risposta fu negativa. È proprio a questo che dovrebbero servirci le nostre letture: chiarire e confortarci nelle nostre intime convinzioni. È da raccomandare la lettura con la matita in mano, raccogliere le idee a noi care su un «quaderno dei perché» e tappezzare la propria memoria con qualche testo importante che ci dia il senso della vita.
[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Une règle de vie intérieure, originariamente in Itinéraires, n. V (seconda serie), marzo 1991; poi, in versione aumentata, come pubblicazione a sé stante dal titolo Une règle de vie, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1994; da quest’ultima ripresa in Benedictus. Écrits Spirituels. Tome II, Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 2010, pp. 376-402 (da cui la presente traduzione; qui pp. 380-382), trad. it. delle monache del Monastero San Benedetto di Bergamo / 2 - continua]