Da una lettera del 1964 di Dom M. Louis (Thomas) Merton O.C.S.O. (1915-1968) a Dom
Ignace Gillet O.C.S.O. (1901-1997), all’epoca Abate generale dei Trappisti, a
proposito della discussione sul rinnovamento monastico e i cambiamenti in corso
nella famiglia cistercense.
[…] Ecco cosa penso del latino e del canto
gregoriano: si tratta di capolavori che ci offrono un’irripetibile esperienza
monastica e cristiana. Hanno una forza, un’energia, una profondità senza
eguali. In confronto tutti gli uffici proposti in inglese sono alquanto
impoveriti; inoltre, non è per nulla impossibile rendere queste cose
comprensibili e apprezzate. In genere mi riesce quasi bene nel noviziato,
naturalmente con qualche eccezione, di chi non comprende bene. Ma devo
aggiungere qualcosa di più serio. Come sapete, ho molti amici nel mondo che
sono artisti, poeti, autori, editorialisti, ecc. Ora, costoro sono ben capaci
di apprezzare il nostro canto e anche il nostro latino. D’altro canto essi sono
tutti, senza eccezioni, scandalizzati e addolorati quando dico loro che
probabilmente questo Ufficio, questa Messa, non esisteranno più da qui a dieci
anni. E questo è il peggio. I monaci non possono comprendere questo tesoro che
possiedono, e lo gettano via per cercare qualcosa d’altro, quando i secolari –
che per la maggior parte non sono nemmeno cristiani – sono in grado di amare
quest’arte incomparabile.
[Thomas Merton, The School of Charity: Letters on Religious Renewal and Spiritual Direction, a cura di Patrick Hart, Farrar Straus & Giroux, New York 1990, p. 236, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]