«Quando si scoprono nella storia le migliaia di monasteri che ricoprivano il mondo cristiano come di un “bianco mantello”, non ci si può trattenere dal porsi una domanda: cos’è che ha potuto motivare milioni di giovani, spesso brillanti e pieni di avvenire, a lasciare il mondo per rinchiudersi in una vita da monaci, povera e nascosta? San Benedetto ci dà la risposta nella sua Regola: è la sete. La sete di non essere nulla affinché Dio sia tutto. In effetti, la Regola non domanda che una sola cosa al giovane che vuole essere monaco: se egli “cerca veramente Dio” (RB 58,7). I monaci hanno fatto l’Europa, ma non l’hanno fatta consapevolmente. La loro avventura è anzitutto, se non esclusivamente, un’avventura interiore, il cui unico movente è la sete. La sete d’assoluto. La sete di un altro mondo, di verità e di bellezza, che la liturgia alimenta, al punto da orientare lo sguardo verso le cose eterne; al punto da fare del monaco un uomo teso con tutto il suo essere verso la realtà che non passa. Prima di essere delle accademie di scienza e dei crocevia della civiltà, i monasteri sono delle dita silenziose puntate verso il cielo, il richiamo ostinato, non negoziabile, che esiste un altro mondo, di cui questo non è che l’immagine, che lo annuncia e lo prefigura».
Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008)