Erik Peterson (1890-1960) |
«Non
abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14). Questa citazione
dalla Lettera agli Ebrei, si potrebbe
porre come motto della vita di Erik Peterson. […] Il punto di
partenza di questo cammino è il carattere vincolante della Sacra Scrittura.
Secondo Peterson, la Sacra Scrittura diventa ed è vincolante non in quanto
tale, essa non sta solo in se stessa, ma nell’ermeneutica della Tradizione
apostolica, che, a sua volta, si concretizza nella successione apostolica e
così la Chiesa mantiene la Scrittura in un’attualità viva e contemporaneamente
la interpreta. Attraverso i Vescovi, che si trovano nella successione
apostolica, la testimonianza della Scrittura rimane viva nella Chiesa e
costituisce il fondamento per le convinzioni di fede permanentemente valide
della Chiesa, che incontriamo innanzitutto nel credo e nel dogma. Tali
convinzioni si dispiegano continuamente nella liturgia quale spazio vissuto
della Chiesa per la lode di Dio. L’Ufficio divino celebrato sulla terra si
trova, quindi, in una relazione indissolubile con la Gerusalemme celeste: là è
offerto a Dio e all’Agnello il vero ed eterno sacrifico di lode, di cui la
celebrazione terrena è solamente immagine. Chi partecipa alla Santa Messa si
ferma quasi alla soglia della sfera celeste, dalla quale contempla il culto che
si compie tra gli Angeli e i Santi. In qualsiasi luogo in cui la Chiesa
terrestre intona la sua lode eucaristica, essa si unisce a questa festosa
assemblea celeste, nella quale, nei Santi, è già arrivata una parte di se
stessa, e dà speranza a quanti sono ancora in cammino su questa terra verso il
compimento eterno.
[Benedetto XVI, Discorso ai
partecipanti al Simposio internazionale su Erik Peterson, del 25-10-2010]