S.Em. il card. Robert Sarah in visita all’abbazia Notre-Dame de l’Annonciation (Le Barroux), il 16 agosto 2017 |
Cari amici,
È stato scritto
che la più grande confraternita del mondo è quella degli scontenti. Chi non ne
fa parte? È così naturale osservare cosa non funziona nel mondo! “Scontento di
tutti e scontento di me”, notava Baudelaire. Non stiamo parlando di una giusta
indignazione di fronte al male – come sarebbe per esempio la tristezza ispirata
dalla perdita delle anime –, ma di uno stato dello spirito insoddisfatto, del sentimento
penoso di essere frustrati nelle proprie aspirazioni, nei propri diritti.
Da dove viene
questo nostro essere scontenti? Abbiamo ricevuto grandi doni, ne riceviamo
continuamente. Ma anziché accontentarci della realtà, restiamo insoddisfatti di
ciò che abbiamo, spesso perché ci paragoniamo agli altri. Siamo come incapaci
di trovare la gioia in quanto possediamo. Percepisco nella stia un’immagine di
questa avidità: dei polli beccano con gioia; vedendo che i loro congeneri
ricevono qualcosa, costoro accorrono a gambe levate per assaggiarlo,
dimenticando il bene di cui gioivano!
Quanto a noi,
disponiamo di ragione e di volontà, dunque della capacità di rinunciare a certi
desideri. Per prevenire la depressione, male del secolo, chi svilupperà una
spiritualità dell’accontentarsi? Chi saprà essere soddisfatto dei doni di Dio e
ringraziarlo? Costui conoscerà la festa di cui parla il Libro dei Proverbi: “per
un cuore felice è sempre festa” (15,15). Un maestro dei novizi benedettino ha spiegato
come assaporare questo pasto festivo: “Dico ai miei novizi: in monastero si è
contenti di quello che si riceve. Ogni tanto, fate un’orazione di contentezza,
passando in rassegna tutto ciò che avete ricevuto in monastero, pur avendo
fatto voto di povertà”.
In effetti, nel
capitolo sull’umiltà della Regola, san Benedetto dichiara che il monaco umile “si
contenta”, perché considerandosi un servo inutile, si ritiene sempre ben
trattato. Così commenta Dom Romain Banquet: “Essere contenti di tutte le cose:
di Dio, di noi stessi per i doni che Dio ci ha lasciato, dei nostri superiori,
dei nostri fratelli, della salute, della malattia, della vita e della morte. Sempre
contenti, sempre: giacché è questo il carattere proprio e il fondo della vita
religiosa”.
D’accordo, diranno
taluni, ma Dom Romain parlava per i religiosi! Certo, ma questa spiritualità
non affonda le sue radici nel Vangelo, in particolare nelle Beatitudini? Coloro
che non pongono la loro felicità né nel denaro né nel piacere, ma nella volontà
divina, costoro sono ricchi di gioia. L’amore di Gesù informa le loro
sofferenze, le loro gioie, le loro delusioni, i loro successi. Dà senso a
tutto. Sì, solo lo sguardo della fede ci permette di aderire al piano di Dio,
spesso sconcertante per i nostri occhi umani. “Lo capirai dopo”, dice Gesù a
san Pietro. Anche noi spesso è “dopo” che percepiamo la Sapienza che ci guida.
Legata alle virtù teologali di fede, speranza e carità, la contentezza si
impara, si chiede come una grazia. Con essa, la vita è così più dolce!
Era questa l’idea maestra
di Chesterton, come lo scrittore testimonia nella sua autobiografia: “Non dirò
che è la dottrina che ho sempre insegnato, ma è la dottrina che avrei sempre
amato insegnare. Questa idea, è di accettare tutte le cose con gratitudine, e
non di reputarle come dovute” (Gilbert Keith Chesterton, L’homme à la clef d’or, Les Belles Lettres, Paris, 2015, p. 416).
Cari amici, smettiamola
di appartenere alla confraternita degli scontenti. Basta! Natale, la
meravigliosa festa dei doni, si avvicina. Non è il momento di sacrificare tutto
ciò che in noi si oppone alla gioia di Dio? Nella santa Notte, il nostro Padre
del Cielo ci offrirà il suo unico Figlio. Possiamo noi donargli questa buona
volontà che porta la pace sulla terra, dicendogli, al seguito del padre
Bourdaloue: “Signore, non so se siete contento di me. Ma ciò che io posso dire,
e sono felice di darne pubblica testimonianza, è che io sono molto contento di
voi”.
[Madre Placide Devillers
O.S.B., Abbadessa di Notre-Dame de l’Annonciation, Le Barroux, La Font
de Pertus. Lettre des moniales, n. 107, 26 ottobre 2017, pp. 1-3, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]