“Il monastero, poi, dev’essere possibilmente
organizzato in modo che al suo interno si trovi tutto l’occorrente, ossia l’acqua,
il mulino, l’orto e i vari laboratori, per togliere ai monaci ogni necessità di
girellare fuori, il che non giova affatto alle loro anime” (RB LXVI,6-7).
Detto in altri termini, un monaco fuori della sua
clausura è come un pesce fuor d’acqua!
Per via negativa, il grande beneficio della
clausura è certamente di proteggere il monaco dal mondo e dal suo spirito. San
Benedetto è assai vigilante ed esigente su questo punto. Perciò chiede ai suoi
monaci di “rendersi estraneo alla mentalità del mondo” (RB IV,20) e che “nessuno si permetta di riferire ad altri quello
che ha visto o udito fuori del monastero, perché questo sarebbe veramente rovinoso” (RB LXVII,5).
Per via positiva, la vita in clausura apporta
soprattutto un quadro in cui tutto è organizzato in vista di facilitare
l’ascolto e il servizio di Dio, l’intimità con lui.
Comprendete quindi che per noi la clausura è ben
più di un muro. Essa è il segno di una ferma volontà di mettere qualcosa fra il
mondo e noi, al fine di favorire la nostra unione con Dio.
Ma allora, cari amici, se questo è il significato
profondo della nostra clausura, non ritenete che un certo spirito di clausura è
indispensabile per la vostra propria vita di unione al Signore? Da qui la
seguente domanda, per aiutarvi: di fronte al mondo, alle sue sollecitazioni
permanenti, al suo ritmo, alla dittatura del brusio… come s’incarna
concretamente nella vostra vita quotidiana questa volontà di mettere qualcosa
fra il mondo e voi, a beneficio della vostra unione con Dio?
La risposta franca a questa domanda vi permetterà
di vedere alquanto chiaramente quale posto gli lasciate effettivamente!
La prossima volta, Q come quaresima…
[Fr. Ambroise O.S.B., “Saint-Benoît pour tous...”,
La lettre aux amis, del Monastero Sainte-Marie de la Garde, n. 24, novembre 2016,
p. 4, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]