Mosaico della Basilica di San Marco, Venezia: Messa per l'invenzione delle reliquie di san Marco (XII-XIII sec.) |
nona domanda
Qual era la posizione del sacerdote e dei fedeli nelle chiese con l’abside
orientata, che costituivano, com’è noto, la gran parte degli antichi santuari?
Nelle
basiliche a navate multiple e con l’abside orientata, i partecipanti alla messa
si disponevano in piedi, anch’essi, per gran parte del tempo, lungo le navate
laterali e in fondo alla navata centrale. In tal modo formavano una specie di
semicerchio aperto verso Oriente, trovandosi perciò il celebrante nel punto di
convergenza di questo semicerchio (al centro del cerchio virtuale).
Invece,
nelle basiliche che avevano l’abside a Occidente, il sacerdote, i chierici e i
cantori si venivano a trovare alla sommità di questo stesso semicerchio.
Quando,
più tardi, i fedeli si misero a occupare l’intera navata centrale, disponendosi
come una colonna militare, si venne a creare qualcosa di dinamico, che
somigliava alla colonna del popolo di Dio in marcia nel deserto, in direzione
della terra promessa: come se la posizione verso Est indicasse anche la meta
della colonna: il Paradiso perduto che si cercava a Oriente (cfr. Gn 2, 8). Il celebrante e i suoi
assistenti formavano la testa di questa colonna.
La
disposizione iniziale, quella che consisteva in un semicerchio aperto, si
presentava invece come composta secondo un principio statico: l’attesa del
Signore che era asceso in cielo verso Oriente (cfr. Sal 67, 34; Zac 14, 4) e
da lì sarebbe ritornato (cfr. Mt 24,
27; At 1, 11). Come quando si riceve
una personalità eminente, e si arretra, a formare un semicerchio, per
accogliere in mezzo l’ospite d’onore. San Giovanni Damasceno scrive: “Al
momento della sua Ascensione, egli salì verso Oriente; è così che l’adorarono
gli Apostoli, ed è così che ritornerà, allo stesso modo in cui lo videro salire
in cielo, come ha detto il Signore stesso: ‘Come la folgore viene da oriente e
brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo’ (Mt 24, 27). Poiché lo attendiamo, lo
adoriamo rivolti a Oriente. È una tradizione non scritta degli Apostoli” [1].
Sulla
base di questa concezione, a partire circa dal secolo VI, in numerose chiese –
come si vede nelle pitture dell’epoca a Bawit, in Egitto – si raffigurava l’Ascensione
del Signore sotto la volta principale dell’abside: in alto il Cristo glorioso
sorretto da due angeli, al di sotto Maria, che rappresentava la Chiesa, orante
con le mani volte al cielo, con alla sua destra e alla sua sinistra gli
Apostoli. Questa raffigurazione rappresentava sia la glorificazione di Gesù in
cielo sia la sua seconda venuta, secondo le parole rivolte dai due angeli agli
Apostoli al momento dell’Ascensione: “Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato
assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”
(At 1, 11) [2].
Più
tardi, nei dipinti delle absidi occidentali, il Cristo in trono nella mandorla
fu tratto da queste antiche raffigurazioni e, come Majestas Domini circondata dai simboli dei quattro
evangelisti, divenne il tipico dipinto delle absidi dell’arte romanica. Nell’Oriente
bizantino il Signore che ascende in cielo venne dipinto sia sotto la volta
principale dell’abside, come Pantocrator, sia sotto la cupola che sovrastava l’altare
insieme al complesso dell’Ascensione. In quasi tutti i casi, però, la Madre di
Dio non vi figurava più perché la sua immagine era riservata alla decorazione
dell’abside.
Un
brano dell’Apocalisse ha svolto un ruolo importante per la posizione centrale
attribuita a Maria nell’abside: “Allora si aprì il tempio di Dio che è nel
cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza [destinata a conservare l’eucaristia
sull’altare] […] Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di
sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle”
(Ap 11, 19; 12, 1).
Si
noti qui la relazione fra Maria-Ecclesia e Arca dell’Alleanza, ma anche il
fatto che il velo del tempio – cioè il santuario che esso copriva – non si
apriva che in determinate circostanze. Il mistero, il tremendum, esige – ciò che oggi
si dimentica troppo facilmente – di essere velato, da cui nasce il desiderio di
vederlo svelarsi.
Scrive
l’apostolo Paolo: “Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio;
allora invece vedremo faccia a faccia” (1
Cor 13, 12). Guardare a Est non significa solo guardare al Signore
trasfigurato in cielo e atteso alla fine dei tempi, ma esprime anche il
desiderio della manifestazione ultima, della rivelazione della gloria futura.
decima domanda
Tuttavia, il fatto che nelle più antiche basiliche romane l’altare
e l’abside si possano trovare praticamente in tutte le direzioni, è in
contraddizione con la pretesa che alle origini si sia sempre pregato verso Est,
e che di conseguenza le chiese fossero “orientate”. Come spiegarlo?
In
questo caso si tratta di chiese edificate su materiali da costruzione risalenti
all’Antichità, oppure di chiese che le condizioni locali non permettevano che
venissero perfettamente orientate. Ciò non impediva che il sacerdote e i fedeli
si volgessero insieme per la preghiera e il sacrificio verso Oriente, come
voleva l’uso cristiano abituale.
Così,
per esempio, la celebre chiesa romana di San Clemente, che è stata edificata su
delle antiche fondazioni, ha l’ingresso a sud-est. Ecco perché il celebrante si
dispone dietro l’altare. D’altronde, una celebrazione davanti l’altare non
sarebbe assolutamente possibile, data la disposizione dei luoghi. Per guardare
verso Oriente al momento del santo sacrificio, al sacerdote basta girare
leggermente il corpo in quella direzione. Lo stesso si dica per i fedeli
disposti nelle navate laterali (a San Clemente la navata centrale serve per la schola; in essa si trovano
anche i due amboni per la lettura dell’epistola, del graduale e del Vangelo).
Nel
suo libro Le rite et l’homme, Louis Bouyer scrive: “L’idea che la
basilica romana sarebbe la forma ideale della chiesa cristiana, perché
permetterebbe una celebrazione in cui il prete e i fedeli si disporrebbero
faccia a faccia, è un completo controsenso. È l’ultima delle cose a cui gli
antichi avrebbero pensato” (p. 241).
Comunque,
come abbiamo già visto, il preciso orientamento delle chiese, come lo si
riscontra a partire dal secolo IV-V, non avrebbe avuto senso se non fosse stato
in stretta relazione con l’orientamento nella preghiera.
A
sostegno dell’opinione secondo la quale l’altare propriamente detto – e la
croce che lo sovrasta – sarebbe il punto di riferimento verso il quale si
volgono i fedeli e che, idealmente, dovrebbero attorniare, si ama citare, come esempio,
l’espressione del memento dei vivi del canone della messa: “et omnium
circumstantium” (e di tutti i circostanti). Occorre precisare che, nel suo
significato filologico, il termine circumstantes contenuto in questa espressione
designa globalmente “le persone presenti” e non solo “quelli che si trovano in
cerchio intorno a qualcosa”; tant’è che, dagli scritti dell’epoca, non si ha
notizia di casi di fedeli che si sarebbero disposti in cerchio attorno all’altare
durante la celebrazione della messa. D’altronde, non avrebbero potuto farlo, non
fosse perché i laici, come ancora oggi in Oriente, non avevano il diritto di
penetrare nel santuario.
Il
rispetto si sviluppa quando è incoraggiato dai comportamenti esteriori e, se è
il caso, dalle interdizioni destinate a evitare le profanazioni. Quando, per
esempio, un sagrestano può poggiare sull’altare, senza il minimo scrupolo, una
sedia o una scala per sistemare dietro l’altare, in alto, dei candelieri o dei
fiori, la santità di questo altare ne resta rozzamente offesa. Cosa
inimmaginabile in una chiesa d’Oriente!
Per
contro, possiamo dire che l’espressione “et omnium circumstantium” può rimandare
alla buona abitudine che dovrebbero avere i fedeli durante l’offerta del santo sacrificio:
in piedi, pieni di rispetto (cfr. l’immagine di apertura). Ma, ai giorni
nostri, queste “persone presenti” si trasformano facilmente in “persone sedute”
(in modo confortevole) su delle sedie, ciò cui ha contribuito l’attuale presenza
di queste ultime nelle chiese, che invitano a prendersi agio. Certo, cambiare
il modo di vedere moderno, in quest’ambito, non è cosa facile; tuttavia non si
dovrebbe mai dimenticare che la posa eretta è l’attitudine liturgica per eccellenza,
che fra l’altro favorisce lo spirito comunitario.
[1]
PG 94, 1136.
[2]
Cfr. pure K. Gamber, Sancta sanctorum,
pp. 31-34.
[Klaus Gamber, “L’autel face au peuple.
Questions et réponses”, in Tournés vers le Seigneur!, Éditions
Sainte-Madeleine, Le Barroux 1993, pp. 19-55 (pp. 43-48) / 8 - continua]