martedì 12 aprile 2016

La vita interiore alla scuola di André Charlier

Il Venerdì Santo, alle ore 15 in punto, il celebrante, rivestito di una semplice alba, con la stola nera a sottolineare la sua dignità sacerdotale, entra nella chiesa abbaziale riempita di una folla silenziosa. Giunto ai piedi dell’altare, egli si prostra interamente a terra con un magnifico gesto di umile adorazione. La liturgia ci fa entrare nella vita interiore dell’unico sommo sacerdote, Gesù Cristo, il Signore.
Nel Getsemani Gesù ha pregato il Padre nel più misterioso combattimento spirituale. Più di Giacobbe contro l’angelo di Yahweh, più che Mosè sul Sinai, più di Giobbe. Gesù ha affrontato la volontà del Padre per noi. Egli ci ha mostrato percorrendola la strada stretta della vita interiore, che André Charlier definiva «il rapporto intimo della nostra anima con Dio». Nella «lettera ai capitani» dell’11 marzo 1943, durante l’occupazione, André Charlier tratteggiava un percorso chiaro e molto pratico di vita interiore.
La prima tappa consiste nel riconoscere umilmente e virilmente la grande debolezza delle anime a entrare nell’interiorità da sé stesse nella vita quotidiana. «Ora, io che vi vedo vivere, e che vi osservo, spesso senza che ve ne rendiate conto, trovo in voi una scarsa capacità di rientrare in voi stessi, il vostro spirito è sempre orientato all’esterno». E da pastore avvertito che conosce bene le sue pecore perché le ama, egli vede bene che il poco d’interiorità di cui i suoi allievi davano prova era contaminato dall’esterno: «Quando pensate a voi stessi, siete soprattutto preoccupati dell’impressione che potete dare agli altri». Ma certo, André Charlier, in maniera molto umana, molto incarnata, riconosce bene le circostanze attenuanti: la giovane età, il lavoro scolastico che richiede attenzione, la vita domestica con tutti i suoi obblighi e gli avvenimenti dell’epoca che attraversavano la Francia, così ossessivi. Come si dice, non ce la si fa più!
André Charlier spinge allora i suoi capitani a immergersi un po’ di più nella vita interiore, mettendo in luce un’inquietudine spesso muta, ma presente in tutte le anime. Lo fa dando l’esempio notevolmente adattato da Lyautey: «Soffro di avere l’anima così elevata da potere comprendere ciò che dovrei essere e di non avere il carattere così fermo e indurito per realizzare la concezione della vita che devo condurre». Questa constatazione, Lyautey la faceva su un segno molto chiaro, visibile, oggettivo: il pettegolezzo, che riconduce tutto a sé.
Ed ecco la tappa decisiva, quella che permette d’entrare veramente nella vita interiore, in questo rapporto intimo dell’anima con Dio, la tappa della grande verità: «Voi siete delle creature di Dio, il quale creando ciascuno di voi ha avuto un pensiero particolare: è tempo che impariate a conoscere questo pensiero divino su di voi, senza il quale la vita andrà presto a rapirvi e a impedirvi di gustare questo rapporto unico con l’Eterno. Tutto potrebbe diventare per voi così chiaro da subito, se lo volete, e la vostra vita si troverebbe per sempre trasformata».
André Charlier sa bene che questa tappa ha essa stessa il suo rischio, cioè di essere senza domani. Per evitare ciò, occorre oltrepassare un’altra tappa, quella d’entrare abitualmente, ogni giorno, nel silenzio; silenzio materiale indispensabile, certo, ma più ancora nel silenzio interiore. «Occorre fare tacere anche il tumulto dei pensieri, e che tutta l’agitazione della giornata venga a morire al fondo di questo raccoglimento».
In maniera ammirevole André Charlier dà allora il cuore della vita interiore, la sua natura profonda: «Là, mantenete la vostra anima un momento sotto lo sguardo di Dio, e con uno slancio molto semplice, fate offerta di voi stessi a quel Dio che attende da voi qualcosa di preciso». Chi non vedrà qui, dipinta, la preghiera di Gesù nel Getsemani?: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà». E sulla croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». E alla risurrezione: «Io sono risorto, e sono nuovamente con te. Tu hai posto la tua mano su di me».
Non mi rimane che invitarvi a profittare della biografia di André Charlier recentemente pubblicata, e soprattutto a celebrare le sante feste pasquali con un’anima interiore.

[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, editoriale di Les amis du monastère, n. 157, 19 marzo 2016, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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