«Non c’è gioia più grande che
creare dei sentieri di luce per aiutare gli uomini a scalare il Cielo», diceva l’artista francese Clotilde
Devillers (1956-2008), di cui le edizioni Ama (Ateliers Monastique de
l’Annonciation) hanno pubblicato un libro recante decine di riproduzioni di
opere d’arte e arricchito da una prefazione
delle benedettine del monastero, che è stato recensito favorevolmente da
L’Osservatore Romano (cfr. Giulia Galeotti, L’arte sacra di Clotilde Devillers. Artigiana dei dettagli, 23 agosto
2014).
Parlando della via pulchritudinis nel corso
dell’Udienza generale del 31 agosto 2011, Papa Benedetto XVI (2005-2013)
diceva: «[...] ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, la
Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella
preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la
fede». Nel libro appena pubblicato si può vedere chiaramente come Devillers
durante la sua vita artistica abbia cercato di creare strade verso Dio, ma se ne
può cogliere anche il tentativo, compiuto in relazione e in collaborazione con
altre personalità artistiche, di proporre un’arte autenticamente cristiana,
legata alla tradizione ma capace anche di rinnovamento.
Devillers nasce a Boulogne-Billancourt, nella regione
dell’Île-de-France, il 5 settembre 1956,
quinta degli undici figli di Pierre Devillers e della moglie Line, entrambi ingegneri. In famiglia si prega, si gioca, si
suona il piano e si disegna. Clotilde, in particolare, si appassiona al
disegno. Entra a 17 anni all’Accademia di Belle Arti di Lille, poi al Lycée
Technique d’État et Arts Appliqués di Roubaix, dove consegue il diploma in arti grafiche. A Natale del 1973 incontra il
Mouvement de la Jeunesse Catholique de France, i cui quattro pilastri
sono: preghiera, amicizia, formazione e azione. In questo ambiente sviluppa la
propria spiritualità e stringe nuove amicizie. Nel 1977 è coinvolta nell’illustrazione
del periodico cattolico per ragazzi Patapon. Nel 1980 incontra il
disegnatore e pittore Albert Gérard (1920-2011), che diventa il suo maestro.
Gérard è un ex allievo del pittore e
scultore Henri Charlier (1883-1975) (sul quale cfr. Dom Henri Lapèze-Charlier O.S.B., Henri Charlier. Peintre et sculpteur. 1883-1975, Éditions
TerraMare, Parigi 2011), che aveva fatto parte de L’Arche, un
gruppo di artisti cristiani riuniti attorno all’architetto Maurice Augustine
Storez (1875-1959), ed era stato intimo amico dello scrittore e poeta Charles
Peguy (1873-1914). Dal 1956 al 1976 Henri Charlier, con lo pseudonimo di
Minimus, aveva inoltre tenuto una rubrica di
liturgia sulla rivista Itinéraires,
fondata nel 1956 dal giornalista e scrittore Jean Madiran, pseudonimo di
Jean Arfel (1920-2013).
André Charlier (1895-1971),
fratello di Henri, è per anni il direttore di una scuola cattolica — prima
École de Roches a Verneuil-sur-Avre, poi trasferita a Maslacq — che nasce
fondata su princìpi pedagogici innovativi, in parte mutuati dal sistema
scolastico inglese, in parte dallo scoutismo, e trae ispirazione dal
cattolicesimo e da un forte patriottismo. Le lettere che André indirizza ai
prefetti della scuola sono riunite in Lettres aux capitaines (Éditions Sainte-Madeleine, Le
Barroux 1980), che mostrano
chiaramente gl’ideali elevati di spiritualità, bellezza e servizio, che egli
vuol trasmettere ai suoi allievi; fra di essi Dom Gérard Calvet O.S.B.
(1927-2008), a Le Barroux fondatore e primo abate dell’abbazia benedettina di
Sainte-Madeleine — nota per la sua adesione alle usanze monastiche tradizionali
e per l’irradiamento della forma straordinaria del rito romano — e dell’abbazia
femminile Notre-Dame de L’Annonciation, di cui dal 2001 è abbadessa la sorella
di Clotilde, Madre Placide O.S.B. Proprio Dom Gérard avrà un ruolo importante
nella vita di Clotilde.
Albert Gérard, insieme a Dom
Calvet e a Madiran — quest’ultimo anche ex
insegnante a Maslacq e in seguito oblato dell’abbazia Sainte-Madeleine —, è
padrino del Centre Henri et
André Charlier, associazione culturale fondata nel 1980 dal giornalista e uomo
politico Bernard Antony, intimo del «filosofo contadino» Gustave Thibon
(1903-2001). Il Centre è all’origine, fra le
altre cose, nel 1983, del pellegrinaggio di Pentecoste da Parigi a Chartres — sulle orme di Peguy — che riunisce larga
parte del mondo francofono spiritualmente e culturalmente legato all’eredità e
alla trasmissione della liturgia latino-gregoriana. Negli stessi anni
Gérard fonda a Parigi l’Atelier de la Sainte Espérance, una fucina di artisti che si propone di fare un’arte di
autentica ispirazione cristiana, il cui motto è Per visibilia ad
invisibilia. Clotilde Devillers ne diviene la prima allieva, non
limitandosi al disegno e alla pittura, ma dedicandosi anche alla scultura in
pietra e in legno, al mosaico, al ricamo, alla miniatura, alla terracotta e
alle vetrate. Nel 1986 l’Atelier si trasferisce
a Le Barroux, nell’Alta Provenza, attratto dall’avventura monastica iniziata da
Dom Calvet, e Clotilde vi si trasferisce a sua volta. La sua fede e il suo
stile hanno un nuovo impulso proprio nel rapporto con Dom Gérard, che le
suggerisce: «L’arte è voler dire l’anima delle cose, la vita interiore, il mistero
dell’essere» (p. 6). Una nuova ispirazione
le viene anche dalla luce e dai paesaggi provenzali, che Clotilde
rappresenta in primo piano o sullo sfondo di molte sue opere. In questi anni
realizza numerosi lavori, sia per la decorazione dei due monasteri benedettini
di Le Barroux, sia per altri committenti, religiosi e laici. Dal 1991 al 2007
collabora come illustratrice al bollettino Apprenez-nous
a prier e poi al sito Internet Prier en famille, dove si possono ancora
oggi reperire numerose illustrazioni realizzate per la catechesi dei più
piccoli. Nel novembre del 1999 sposa Olivier Dupont, anch’egli impegnato
nell’Atelier de la Sainte Espérance. Nel giugno del 2008 comunica agli amici di
essere alle porte del Cielo, vittima di un tumore che ha invaso il suo sistema
linfatico. Muore nel dicembre dello stesso anno.
Nelle note di lettura di Clotilde ricorrono con
frequenza citazioni del pittore polacco sant’Alberto Chmielowski (nato Adam
Hilary Bernard, 1845-1916), il fondatore delle congregazioni dei Fratelli del
Terz’Ordine di San Francesco Servi dei Poveri e delle Suore Albertine, canonizzato nel 1989, che nel 1876 scriveva: «L’essenza dell’arte è l’anima che si esprime in uno stile»
(cit. a p. 5). In effetti, in tutta l’opera della Devillers — davvero
poliedrica — troviamo il tratto comune di uno stile.
Che si tratti della grande tela dipinta intitolata La vocazione della Francia e conservata in una sala per gli ospiti dell’abbazia
Sainte-Madeleine, dei ceri pasquali con le scene del Battesimo di
Clodoveo, delle numerosissime icone realizzate su legno, delle vetrate raffiguranti la Beata Isabella di Francia
e San Luigi, presso la chiesa Notre-Dame du Cap Fleuri, a Cap-d’Ail, o
ancora della scultura in pietra raffigurante la Vergine dell’Annunciazione,
presso l’abbazia Notre-Dame de l’Annonciation, il tratto comune di Clotilde è una forza luminosa e composta, una
delicatezza di tratto, di lineamenti, di paesaggi, che riesce a raccogliere in sé in modo personale e originale
secoli di tradizione d’arte
cristiana, e in particolare il romanico, le icone orientali e la tradizione
popolare provenzale, componendoli in una sintesi del tutto personale e fuori
dal tempo, senza cadere nella pedante riproduzione di modelli del
passato. Fra le sue opere più belle vanno ricordati i quaranta capitelli del
chiostro dell’abbazia Notre-Dame de l’Annonciation, scolpiti in pietra lavica e
raffiguranti le Litanie della santa Vergine: una stupefacente sintesi di storia
dell’iconografia cristiana e di profonda spiritualità, purtroppo non
accessibili al pubblico, ma che trovano ampia rappresentanza iconografica
nell’opera appena pubblicata.
[Daniela Bovolenta, recensione al libro Clotilde Devillers (Ama, Le Barroux 2014, pp. 84), comparsa in Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica, n. 376, aprile-giugno 2015, pp.
63-64]