Anche se è vero che la vita del monaco deve avere
sempre un carattere quaresimale, visto che questa virtù è soltanto di pochi,
insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con
gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni
per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno. E questo si
realizza degnamente, astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con impegno alla
preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della parola di
Dio, alla compunzione del cuore e al digiuno. Perciò durante la Quaresima
aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per
esempio, preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere, in modo che
ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio “con la gioia dello
Spirito Santo” qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione
monastica; si privi cioè di un po’ di cibo, di vino o di sonno, mortifichi la
propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo, e così attenda la santa
Pasqua nella gioia del più intenso desiderio spirituale. Ma anche ciò che
ciascuno vuole offrire personalmente a Dio dev’essere prima sottoposto
umilmente all’abate e poi compiuto con la sua benedizione e approvazione,
perché tutto quello che si fa senza il permesso dell’abate sarà considerato
come presunzione e vanità, anziché come merito. Perciò si deve far tutto con
l’autorizzazione dell’abate.
[Regula Sancti Benedicti, XLIX]