venerdì 12 agosto 2011

Fisionomia degli oblati benedettini

L’oblato fa parte della comunità monastica, realmente, quantunque, bene inteso, ad un titolo differente da quello dei professi del monastero. È per mezzo della sua oblazione che l’oblato è aggregato alla comunità monastica. L’atto della oblazione comporta un vincolo reciproco per l’oblato e per la comunità, un contratto ed un’alleanza, dalla quale risulta una mutua appartenenza. L’oblazione crea dei legami che sono di natura diversa da quelli creati dall’amicizia, per quanto forti possano essere.
Occorre precisare quale è la natura esatta di questi legami? Non sono certamente dei legami di ordine puramente giuridico, che comportano dei diritti e dei doveri derivati dalla virtù della giustizia. In effetti, con l’oblazione, noi siamo più sotto l’influenza della carità che sotto quella della giustizia. I doveri reciproci del monastero e dei suoi oblati sono molto di più dei doveri di carità che di giustizia, ma ciò non vuol dire che non siano dei doveri meno esigenti, anzi, al contrario! E questi doveri di carità e di spirituale amicizia fra il monastero ed i suoi oblati hanno per fondamento una comunione vitale, che ha qualcosa di completo, di costante, di universale. Ed è lo scopo medesimo dell’entrata in oblazione che stabilisce questa relazione: “Noi vi accogliamo nella nostra comunione fraterna e vi rendiamo partecipi di tutte le buone opere che si compiono, con l’aiuto dello Spirito Santo, in questo monastero”. Comunione spirituale che si tradurrà in una presa in carico reciproca, una corrente di vita soprannaturale, una partecipazione incessante alla preghiera ed al lavoro, all’adorazione, alla lode, agli sforzi, alle prove e ai meriti, e soprattutto ai doni di Dio ed alla sua grazia.
Un semplice amico e simpatizzante, per quanto attaccato possa essere al monastero, non ha per questo né l’obbligo, né la volontà, neppure generalmente il semplice desiderio di conformare la sua vita ad un ideale che apprezza ed ammira, ma che non stima sia fatto per lui. Invece l’oblato si dona realmente e l’oblazione che fa di sé stesso non è solo l’espressione di un pio desiderio ed una ricerca di perfezione. Essa è un proposito fermo e ben determinato, una promessa. E questa promessa ha uno scopo preciso: tendere alla perfezione della vita cristiana secondo la Regola di S. Benedetto e gli Statuti degli oblati, in unione alla famiglia monastica alla quale si aggrega.
Ci sia dunque permesso di concludere che, fra i molti amici che può contare un monastero, gli oblati occupano un posto di rilievo. Essi sono veramente gli amici ad un titolo eminente, gli “amicissimi”, si potrebbe dire, a causa dei beni soprannaturali che sono posti in comune, ed a causa della intimità spirituale che creano questi scambi fra loro e la comunità. In realtà essi sono ben più che dei semplici amici o simpatizzanti, in quanto, a causa della loro oblazione, sono veramente divenuti discepoli del grande Patriarca dei monaci, membri della famiglia benedettina, ai beni spirituali della quale partecipano attivamente.

[Dom Jean Guilmard O.S.B., Gli oblati secolari nella famiglia di San Benedetto, trad. it. a cura degli Oblati Benedettini della Badia di Cava (Salerno), 1979, pp. 59-61]

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