domenica 8 aprile 2012

La Pasqua nostra

Come tutto l’anno liturgico trova il suo culmine e centro nella solennità pasquale, così l’intera vita ascetica è una preparazione alla Pasqua dell’anima, ossia alla sua resurrezione in Cristo. Spiritualmente, il sacramento del Battesimo c’inserisce in questa resurrezione; il difficile però sta nel riviverla, a cagione della concupiscenza e delle passioni; come appunto ci fa dire la Chiesa: «ut paschalis participatio Sacramenti continua in nostris mentibus perseveret» [1].
Ecco perché san Paolo scriveva ai suoi neofiti: «Si consurrexistis sunt quaerite… quae sursum sunt sapite; non quae super terram» [2]. L’Apostolo prepone la particella suppositiva: «si». Nostro impegno dev’essere quello di toglierla, e di far sì che la nostra vita cristiana abbia la santità d’una perenne Pasqua. È per questo che Gesù dona ai Cristiani il bel titolo di Filii Resurrectionis.
Un antico carme pasquale concludeva così:
Praesta perpetuae gaudia paschae,
qui pascis propria carne redemptos
qui ditas roseo Sanguine labra [3].
Oggi san Benedetto, persino nello Speco di Subiaco, in grazia di un prodigio, celebrò la Santa Pasqua e desinò.
A Monte Cassino, nel 547, il giorno di Pasqua discese nella pace della tomba.

Per celebrare ritualmente la Pasqua, bisogna aver prima bene percorsa la Quaresima. Ecco il motivo per cui tanto pochi sono coloro per i quali la Pasqua assume quel significato mistico che le attribuì già san Paolo: «Quae sursum sunt quaerite quae sursum sunt sapite».
Oggi, s’intende meglio quanto al principio di Quaresima predicava san Benedetto, esortandoci a vivere nell’attesa gioiosa e nella speranza di questa Pasqua con Cristo.
Alle tre note benedettine sulla preparazione quaresimale:
(a) spirituale desiderio,
(b) gaudio,
(c) aspettativa lieta,
corrispondono altre tre caratteristiche della Pasqua dell’anima, come appunto la vuole l’Apostolo:
(1) Morte alla corruttela del mondo e resurrezione battesimale. «Si consurrexistis cum Christo».
(2) Ricerca delle cose celesti: «Quae sursum sunt quarite».
(3) Insensibilità per i gaudii terreni e gusto per quelli celesti. «Si consurrexistis sunt quaerite… quae sursum sunt sapite; non quae super terram».
I santi sono generalmente gente allegra – san Filippo Neri, san Giuseppe Cottolengo, san Giovanni Bosco, il ven. Placido Riccardi, don Orione – tutte le anime liete, dallo sguardo sereno e sorridente. Il motivo? Essi sono interamente crocifissi a se medesimi e morti al mondo. Sono figli di resurrezione e ne partecipano alla festa.

La Pasqua significa l’uscita dall’Egitto e l’ingresso nella terra Promessa. Non si deve più tornare indietro, alla regione delle Piramidi e della Sfinge, dove tiranneggia il Faraone, il quale condanna a morte tutti i maschi degli Israeliti.
Ecco il senso da dare alle parole di san Benedetto, quando dice che l’intera vita monastica rappresenta un viaggio quaresimale verso la Pasqua, ossia, verso la terra promessa.
Sarebbe in un fatale errore chi pensasse che a Pasqua sia lecito tornare indietro e rallentare la vigilanza, il fervore e la purezza di coscienza raggiunta in grazia degli Esercizi Quaresimali. «Omni tempore vita monachi Quadragesimae debet observationem habere» [4].
San Leone Magno predicava la stessa cosa ai suoi Romani.
Nonostante il rigore di questa ascetica cristiana e monastica, guardiamoci tuttavia dall’aspergerla di una nota di melanconia e di tristezza. Sarebbe questo un cattivo segno. L’opera del Paraclito si accompagna al «gaudium Sancti Spiritus» ricordato tanto dall’Apostolo, come dal Patriarca Cassinese: «Cum gaudio Sancti Spiritus… sanctum Pascha expectet» [5].
Se questo gaudio non è vietato neppure in Quaresima, quanto più esso deve accompagnarci durante questo sacro periodo pasquale!

[1] Postcommunio, martedì di Pasqua. «Affinché la partecipazione del Sacramento Pasquale perseveri efficacemente nel nostro spirito».
[2] Ad Col III, 1-2. «Se siete risorti col Cristo, ambite le cose superne; abbiate il gusto delle cose celesti, e non delle terrene».
[3] «Ci concedi il gaudio dell’eterna Pasqua, tu che pasci i redenti della tua carne, e fai rosseggiare le nostre labbra del tuo roseo Sangue».
[4] Reg. Cap. XLIX. «In ciascun tempo la vita del monaco deve custodire l’osservanza quaresimale».
[5] Reg. Cap. XLIX. «Aspetti la Pasqua con la gioia dello Spirito Santo».

[Beato Alfredo Ildefonso Schuster O.S.B. (1880-1954), Un pensiero quotidiano sulla Regola di S. Benedetto, 8 voll., vol. III, Abbazia di Viboldone, San Giuliano Milanese (Milano) 1951, pp. 1-7]

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