martedì 4 maggio 2010

Il Rosario - Istruzioni ai novizi / prima parte

[Iniziato il mese di maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, offriamo una traduzione d'istruzioni sul Rosario di dom Gérard Calvet, offerte nel 1985 ai novizi del monastero benedettino Sainte-Madeleine di Le Barroux]


Uno sguardo su Maria

Voi siete giovani e il Rosario è una preghiera antica. Ma se prendete l'abitudine di recitare il Rosario quotidianamente, tutta la vostra esistenza ne risulterà come profumata. Ciò che è capitale, è anzitutto di gustare la bellezza essenziale delle prime parole dell'Ave Maria; la loro efficacia, la loro virtù propria. Da dove proviene la forza sconcertante di queste parole, il cui brusio riempirà il mondo fino alla fine dei tempi?
Quando Bernadette Soubirous ricevette, di pieno peso, lo choc della visione celeste, estrasse immediatamente la sua corona e recitò il Rosario assieme alla Vergine, che si univa alla veggente al momento dei Gloria Patri. Sembra che Bernadette non sia stata formata in maniera sistematica alla meditazione dei misteri. Piccola giovinetta, rapita diciotto volte in una contemplazione del Cielo, ella rimarrà per tutta la vita fissa su questo avvenimento, dimenticando le ombre terrestri che l'avrebbero sviata dalla bellezza della sua Madre, riflesso della bellezza infinita di Dio.
Cosa faceva Bernadette recitando la sua corona? Nel corso delle sue visioni ci dice essa stessa cosa faceva: guardava. Come dirà più tardi: "La guardavo quanto più potevo... la grotta, era il mio cielo". E ancora, ciò che misura l'importanza di uno sguardo: "Quando si è vista una volta la Santa Vergine, si vorrebbe morire per rivederla!". Poi sarà il sentiero oscuro nei semplici sentieri della fede - per simplices fidei semitas -: guardare, nella fede, colei che un giorno l'aveva rapita dalle cose della terra, promettendole di renderla felice, non in questo mondo, ma nell'altro.
Sapere guardare! Sapere guardare Maria come lo faceva santa Bernadette; ah!, si tratta probabilmente della grazia essenziale che bisognerebbe domandare, quando si prega alla grotta di Lourdes. Ed è la grazia stessa del Rosario.

Una preghiera litanica

La ripetizione di una formula appartiene all'arte di pregare di tutti i tempi; essa non ha altro oggetto che di calmare i sensi e di fissare con dolcezza lo sguardo sulle cose invisibili. Risulta difficile arrestare il proprio sguardo su un oggetto senza esserne affaticati o distratti dalla mobilità dello spirito. L'Ave Maria, nella sua ripetizione semplice e regolare, è paragonabile a quanto compie nel mondo fisico un vettore d'onda. Il suo ruolo consiste meno nell'istruire, piuttosto che a captare e a sostenere un movimento dell'anima. Si tratta di poca cosa, non è vero? Ma ditemi: cosa si ripetono ininterrottamente i fidanzati della terra? Le povere parole di cui si accontentano i cuori amanti, non sono forse cariche di una realtà che oltrepassa i termini? Pervenuti a un certo livello di verità, le parole non vanno più cercate; sanno di essere impotenti, e accettano di essere ripetetute.
René Descartes ci ha giocato un brutto scherzo con le sue idee chiare e distinte. Capite bene che il tutto della vita soprannaturale oltrepassa di un bel po' il quadro delle classificazioni dello spirito! Il moto d'ammirazione per il quale l'anima è condotta da un grande spettacolo; il dolce trasporto del canto più banale; le intuizioni del cuore e quelle dell'universo poetico; tutto questo, e ben altro, rifiuta di lasciarsi rinchiudere nelle idee chiare e facilmente enunciabili.
Per dirla tutta, la recita del Rosario, come dei salmi, come le litanie del Santo Nome di Gesù, sono apparentate più al canto e all'effusione, piuttosto che all'insegnamento didattico. Ecco perché vi esorto ad apportarvi soprattutto la semplicità del cuore e lo spirito d'infanzia.

I due volti della salutazione

Avete già notato che nella salutazione angelica vi sono due parti che inclinano diversamente il movimento della preghiera. La prima implica un moto completamente d'ammirazione e di lode; la seconda è un'umile supplica. Tutti i movimenti dell'anima si riconducono a questi due tempi essenziali. Lo si nota in maniera manifesta nella preghiera di Gesù cara agli orientali: Gesù, Figlio di Dio - abbi pietà di me, peccatore.
La parte ammirativa unisce le parole di Gabriele a quelle di Elisabetta, ma le primissime parole, Ave gratia plena, meritano la nostra attenzione. Perché? Perché vengono da Dio; Missus est angelus a Deo. L'angelo è inviato da Dio; parla a nome del suo Signore; Dio è Egli stesso l'inventore di queste parole benedette, che attraversano il nostro cuore e lo trasformano giorno dopo giorno. Ammirando questo mondo di bellezza che è la pienezza della grazia, l'anima userà le stesse parole di cui Dio si serve, e per le quali Egli ci garantisce che l'interiore di Maria oltrepassa in bellezza soprannaturale tutto ciò che porteranno mai in sé stessi gli eletti e gli angeli del Paradiso.
L'altra parte dell'Ave Maria ci ricorda il nostro stato di peccatori e la fragilità della nostra condizione terrestre: nunc et in hora mortis! L'alternanza di queste due parti ricorda il paradosso della nostra vocazione: siamo interamente formati da una mescolanza di fango e di luce, di vita e di morte, di gemito e di allegria, di ammissione della nostra miseria e di contemplazione gioiosa.

[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Le Rosaire. Instructions aux novices du monastère Sainte-Madeleine, in Itinéraires, n. 295, luglio-agosto 1985, pp. 146-154 (qui pp. 146-150), trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B. - 1 / continua]
Share/Save/Bookmark