lunedì 12 giugno 2023

Tradizione, morte delle civiltà e passatismo

La scomparsa di questi costumi e tradizioni è un segno della morte delle civiltà. Il filosofo Gustave Thibon risponde in anticipo al rimprovero di passatismo: “Che cosa m’importa il passato in quanto passato? Non vedete che quando piango per la rottura di una tradizione, è soprattutto al futuro che penso? Quando vedo marcire una radice ho pietà dei fiori che domani appassiranno per mancanza di linfa (il nostro sguardo cui manca la luce)”.
Ciò che rattrista il filosofo non è ciò che è stato cancellato dal passato, bensì ciò che è confiscato al futuro. È anche pensando al futuro che Padre Calmel incoraggiava i suoi fedeli a formare, nella preghiera e nell’amicizia, comunità fraterne dove la grazia possa fiorire:
“Sotto l’egida della Vergine che schiaccia il Drago, i cristiani che pregano e si amano veramente in Cristo si stringeranno per mano, come fratelli, sulle onde impetuose di un mondo che ha rinnegato Dio e sta distruggendo l’uomo. Uniti dalla preghiera e dall’amicizia, per quanto ostacolati dalla pressione generale, riusciranno a mantenere o ricostituire una sorta di ambiente temporale veramente civile, sufficiente a permettere alle anime di buona volontà di non andare alla deriva e perdersi senza ritorno, ma di rimanere salde e vive. Di continuare il loro canto interiore, celebrare incessantemente l’amore e la bellezza di Dio attraverso le prove dell’esilio” (Itinéraires, novembre 1965).

[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Demain la Chrétienté, nuova ed. rivista (1a ed. 1986), prefazione di Gustave Thibon, postfazione di Bernard Antony, Éditions Sainte-Madeleine, Le Barroux 2005, p. 190, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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