[Il testo presentato è la seconda parte del saggio d’apertura di Joseph
Ratzinger - Benedetto XVI contenuto in Gesù di Nazaret. Scritti di cristologia, secondo tomo del
volume VI dell’opera omnia di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, pubblicato
in traduzione italiana dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2015.]
L’immagine di Cristo crocifisso, che sta al centro della liturgia del
Venerdì Santo, manifesta tutta la serietà della sofferenza, dello smarrimento e
del peccato dell’uomo. E tuttavia, lungo i secoli della storia della Chiesa, è
stata sempre percepita come immagine di consolazione e di speranza. L’Altare di
Isenheim di Matthias Grünewald, forse l’immagine della croce più toccante di
tutta la cristianità, si trovava in un convento di Antoniani nel quale venivano
curati quelli che erano stati colpiti dalle terribili epidemie che flagellarono
l’Occidente nel tardo Medioevo. Il Crocifisso è raffigurato come uno di loro,
l’intero suo corpo piagato e coperto dai bubboni della peste, il più oscuro
male del tempo. Si avverano in lui le parole del profeta: è ricoperto dai
nostri bubboni. I monaci pregavano di fronte a questa immagine con i loro
malati, che trovavano consolazione nel riconoscere che, in Cristo, Dio pativa
insieme a loro. Da questa immagine essi sapevano che, proprio grazie alla loro
malattia, erano identici a Cristo crocifisso che, colpito anche lui, si era
unito a tutti coloro che nella storia erano stati colpiti; sperimentavano la
presenza del Crocifisso nella loro croce e, attraverso la loro sofferenza, si
sapevano ancorati in Cristo e così immersi nell’abisso dell’eterna
misericordia. Sentivano la sua croce come la loro redenzione.
Oggi molti uomini provano una profonda diffidenza verso questa idea di
redenzione. Seguendo Karl Marx, considerano consolatoria, di fronte alla valle
di lacrime terrena, la consolazione in cielo, perché in nulla migliora la
miseria nel mondo, bensì la perpetua, in ultima analisi solo a vantaggio di chi
ha interesse al mantenimento dello status quo. Invece della consolazione, essi
esigono un cambiamento che redima eliminando il dolore. Non la redenzione
attraverso il dolore, ma la redenzione dal dolore: questa è la parola d’ordine;
non l’attesa dell’aiuto divino, ma l’umanizzazione dell’uomo per mezzo
dell’uomo: questo è il compito. A questo punto, naturalmente, si può subito
obiettare che sono false le alternative proposte; perché è del tutto evidente
che gli Antoniani vedevano nella croce di Cristo non una scusa che li avrebbe
esonerati da un’opera mirata e organizzata di aiuto agli uomini. Con 369
ospedali sparsi in tutta Europa, gli Antoniani avevano realizzato una rete di
soccorso nella quale la croce di Cristo era assunta come esortazione pratica a
cercare Cristo nel sofferente e a sanare il suo corpo ferito: dunque a cambiare
il mondo e a far cessare il dolore. È lecito chiedersi se oggi, all’invocare a
gran voce umanità e umanizzazione, corrisponda un impulso reale a servire e a
soccorrere pari ad allora. A volte si ha la sensazione che vogliamo riscattarci
da un compito che è diventato troppo faticoso per noi col parlarne, almeno, in
modo altisonante. In ogni caso già oggi viviamo, in larga misura, prendendo dai
Paesi più poveri persone con il compito di servire, perché nei nostri popoli
l’impulso a servire è divenuto troppo debole. E tuttavia bisogna chiedersi
quanto possa vivere un organismo sociale nel quale viene meno un organo vitale
che a lungo andare non è rimpiazzabile con un trapianto.
In questo senso, proprio anche nell’ambito della necessaria opera di
costruzione e cambiamento del mondo da parte dell’uomo, la questione dovrà
essere considerata diversamente da come avviene nelle facili contrapposizioni
oggi di moda. Tuttavia con questo la domanda in questione non ha ancora avuto
completamente risposta. Perché gli Antoniani, conformemente al Credo cristiano,
non solo hanno annunciato e praticato la redenzione dalla croce ma anche la
redenzione per mezzo della croce. È richiamata così una dimensione
dell’esistenza umana che oggi ci sfugge sempre più e che tuttavia costituisce
l’autentico nucleo del fatto cristiano, a partire dal quale soltanto è
possibile comprendere l’operare cristiano per e in questo mondo.
Come è possibile coglierlo? Tenterò di accennarvi rifacendomi allo
sviluppo dell’immagine della croce in un artista moderno che, pur non essendo
cristiano, fu tuttavia sempre più avvinto dalla figura del Crocifisso,
avvicinandosi sempre più al suo nocciolo: Marc Chagall. Il Crocifisso compare
la prima volta in una delle sua primissime opere, nel 1912. Nel contesto della
composizione è visto come un bambino; esprime il dolore degli innocenti, il
dolore innocente in questo mondo, che proprio come tale è segno di speranza. Poi
dalle opere di Chagall il Crocifisso scompare per 25 anni buoni, e ricompare di
nuovo solo nel 1937 con un significato mutato, approfondito.
Il Trittico della crocifissione composto in quell’anno ha una
singolare anticipazione in un'altra immagine tripartita che più tardi Chagall
distrusse e della quale tuttavia esiste ancora lo schizzo a colori ad olio.
L’opera è intitolata “Rivoluzione”. Nella parte sinistra si vede una massa
eccitata che sventola bandiere rosse brandendo armi: è la raffigurazione della
Rivoluzione in quanto tale. La metà destra del dipinto raffigura scene di pace
e di gioia: sole, amore, musica. L’opera della rivoluzione sarà un mondo
trasformato, redento, sanato. Al centro, a congiungere le due parti, si vede un
uomo che fa una verticale. È chiaramente un riferimento diretto a Lenin, che
simboleggia per antonomasia la rivoluzione, nella quale il sotto diventa sopra
e la destra diviene sinistra, nella quale si compie quell’inversione totale che
significa avvento di un mondo nuovo. Si ha l’impressione che venga evocato un
testo gnostico risalente alle origini del cristianesimo, nel quale si dice che
Adamo, cioè la natura dell’uomo, sta a testa in giù e per questo scambia sopra
e sotto, destra e sinistra; per mettere a posto l’uomo e il mondo sarebbe
necessaria una completa inversione dei valori: la rivoluzione. Si potrebbe
definire questo quadro di Chagall quasi come un altare della teologia politica;
egli, come già aveva atteso nel 1917 la salvezza dalla Rivoluzione russa, allo
stesso modo, dopo la prima delusione, la sperò una seconda volta dal governo
del Fronte Popolare che era andato al potere in Francia nel 1937.
Il fatto che abbia distrutto quell’opera mostra come, questa seconda
volta, la speranza in lui venne meno definitivamente. Creò il trittico da capo,
con la medesima disposizione strutturale: a destra l’immagine dell’avvento
della salvezza – ora raffigurato in modo più limpido e chiaro rispetto a prima
– a sinistra il mondo in subbuglio (segnato ora però più dal dolore che dalla lotta)
sovrastato dal Crocifisso. Il cambiamento decisivo, che conferisce anche alle
due parti laterali un significato nuovo, si trova al centro: il posto del
simbolo della rivoluzione e della sua ammaliante speranza è preso dall’immagine
del Crocifisso, di inconsueta grandezza. Il rabbino – l’Antico Testamento,
Israele –, che nel trittico precedente stava seduto, quasi a conferma, a fianco
di Lenin, ora si trova ai piedi del Crocifisso. Non più Lenin, ma il Crocifisso
è la speranza d’Israele, la speranza del mondo.
Non è necessario chiedersi fino a che punto Chagall si sia voluto qui avvicinare di proposito all’interpretazione cristiana dell’Antico Testamento, della storia e più in generale dell’uomo. Indipendentemente da tutto questo, chi veda i due dipinti l’uno accanto all’altro ne potrà ricavare una decisiva affermazione cristiana. La salvezza del mondo ultimamente non viene dalla trasformazione del mondo, da una politica divinizzata, innalzata ad assoluto. È necessario lavorare al cambiamento del mondo, sempre: in modo concreto e sincero, realistico, paziente, umano. E tuttavia c’è un’esigenza e una domanda dell’uomo che va al di là di tutto quello che la politica e l’economia possono dare; una domanda alla quale è possibile rispondere solo attraverso Cristo crocifisso, attraverso l’uomo nel quale il nostro dolore tocca il cuore di Dio, l’amore eterno. Perché è di esso che ha sete l’uomo, e senza di esso, nonostante tutti i miglioramenti possibili e anche necessari, egli rimane un esperimento assurdo. La consolazione che proviene da colui che porta i nostri lividi ci è necessaria anche oggi, proprio oggi. È Lui, in verità, l’unica consolazione non consolatoria. Dio conceda che i nostri occhi e il nostro cuore si aprano a questa consolazione; che diveniamo capaci di vivere in essa e di ritrasmetterla; che, in mezzo al Venerdì Santo della storia, riceviamo il mistero pasquale del Venerdì Santo di Cristo e così diveniamo dei redenti.
Non è necessario chiedersi fino a che punto Chagall si sia voluto qui avvicinare di proposito all’interpretazione cristiana dell’Antico Testamento, della storia e più in generale dell’uomo. Indipendentemente da tutto questo, chi veda i due dipinti l’uno accanto all’altro ne potrà ricavare una decisiva affermazione cristiana. La salvezza del mondo ultimamente non viene dalla trasformazione del mondo, da una politica divinizzata, innalzata ad assoluto. È necessario lavorare al cambiamento del mondo, sempre: in modo concreto e sincero, realistico, paziente, umano. E tuttavia c’è un’esigenza e una domanda dell’uomo che va al di là di tutto quello che la politica e l’economia possono dare; una domanda alla quale è possibile rispondere solo attraverso Cristo crocifisso, attraverso l’uomo nel quale il nostro dolore tocca il cuore di Dio, l’amore eterno. Perché è di esso che ha sete l’uomo, e senza di esso, nonostante tutti i miglioramenti possibili e anche necessari, egli rimane un esperimento assurdo. La consolazione che proviene da colui che porta i nostri lividi ci è necessaria anche oggi, proprio oggi. È Lui, in verità, l’unica consolazione non consolatoria. Dio conceda che i nostri occhi e il nostro cuore si aprano a questa consolazione; che diveniamo capaci di vivere in essa e di ritrasmetterla; che, in mezzo al Venerdì Santo della storia, riceviamo il mistero pasquale del Venerdì Santo di Cristo e così diveniamo dei redenti.