Santa Scolastica esposta nel coro del Monastero San Benedetto di Bergamo |
33. Il miracolo di sua sorella Scolastica
Gregorio: Credi, Pietro,
che al mondo ci sia stato uno più degno di Paolo? Eppure egli supplicò tre
volte il Signore per essere liberato dallo stimolo della carne, e non riuscì ad
ottenere quanto voleva.
Perciò è necessario che io ti racconti come ci fu una
cosa che il venerabile Benedetto, desiderò, ma non gli fu concesso di
ottenerla.
Egli aveva una sorella di nome Scolastica, che fin
dall’infanzia si era anche lei consacrata al Signore. Essa aveva l’abitudine di
venirgli a fare visita, una volta all’anno, e l’uomo di Dio le scendeva
incontro, non molto fuori della porta, in un possedimento del Monastero.
Un giorno, dunque, venne e il suo venerando fratello
le scese incontro con alcuni discepoli. Trascorsero la giornata intera nelle
lodi di Dio ed in santi colloqui, e quando cominciava a calare la sera, presero
insieme un po’ di cibo. Si trattennero ancora a tavola e col prolungarsi dei
santi colloqui, l’ora si era protratta più del consueto.
Ad un certo punto la pia sorella gli rivolse questa
preghiera: “Ti chiedo proprio per favore: non lasciarmi per questa notte, ma
fermiamoci fino al mattino, a pregustare, con le nostre conversazioni, le gioie
del cielo... “. Ma egli le rispose: “Ma cosa dici mai, sorella? Non posso
assolutamente pernottare fuori del monastero”.
La serenità del cielo era totale: non si vedeva all’orizzonte
neanche una nube.
Alla risposta negativa del fratello, la religiosa
poggiò sul tavolo le mani a dita conserte, vi poggiò sopra il capo, e si
immerse in profonda orazione. Quando sollevò il capo dalla tavola si scatenò
una tempesta di lampi e tuoni insieme con un diluvio d’acqua, in tale quantità
che né il venerabile Benedetto, né i monaci ch’eran con lui, poterono metter
piedi fuori dell’abitazione.
La santa donna, reclinando il capo tra le mani, aveva
sparso sul tavolo un fiume di lagrime, per le quali l’azzurro del cielo si era
trasformato in pioggia. Neppure ad intervallo di un istante il temporale seguì
alla preghiera: ma fu tanta la simultaneità tra la preghiera e la pioggia, che
ella sollevò il capo dalla mensa insieme ai primi tuoni: fu un solo e identico
momento sollevare il capo e precipitare la pioggia.
L’uomo di Dio capì subito che in mezzo a quei lampi,
tuoni, e spaventoso nubifragio era impossibile far ritorno al monastero e allora,
un po’ rattristato, cominciò a lamentarsi con la sorella: “Che Dio onnipotente
ti perdoni, sorella benedetta; ma che hai fatto?”. Rispose lei: “Vedi, ho
pregato te e non mi hai voluto dare retta; ho pregato il mio Signore e lui mi
ha ascoltato. Adesso esci pure, se gliela fai: e me lasciami qui e torna al tuo
monastero”.
Ormai era impossibile proprio uscire all’aperto e lui
che di sua iniziativa non l’avrebbe voluto, fu costretto a rimaner lì contro la
sua volontà. E così trascorsero tutti la notte vegliando e si riempirono l’anima
di sacri discorsi, scambiandosi a vicenda esperienze di vita spirituale.
Con questo racconto ho voluto dimostrare che egli ha
desiderato qualcosa, ma non riuscì ad ottenerla. Certo, se consideriamo le
disposizioni del venerabile Padre, egli avrebbe voluto che il cielo rimanesse
sereno come quando era disceso; ma contrariamente a quanto voleva, si trova di
fronte ad un miracolo, strappato all’onnipotenza divina dal cuore di una donna.
E non c’è per niente da meravigliarsi che una donna,
desiderosa di trattenersi più a lungo col fratello, in quella occasione abbia
avuto più potere di lui perché, secondo la dottrina di Giovanni: “Dio è amore”;
fu quindi giustissimo che potesse di più colei che amava di più!
Pietro: confesso che mi piacciono moltissimo questi racconti.
Pietro: confesso che mi piacciono moltissimo questi racconti.
34. L’anima di sua sorella vola al cielo
Gregorio: il giorno seguente tutti e due, fratello e
sorella, fecero ritorno al proprio monastero.
Tre giorni dopo Benedetto era in camera a pregare.
Alzando gli occhi al cielo, vide l’anima di sua sorella che, uscita dal corpo,
si dirigeva in figura di colomba, verso le misteriose profondità dei cieli.
Ripieno di gioia, per averla vista così gloriosa, rese
grazie a Dio onnipotente con inni e canti di lode, poi andò a partecipare ai
fratelli la sua dipartita. Ne mandò poi subito alcuni, perché trasportassero il
suo corpo nel monastero e lo seppellissero nel sepolcro che egli aveva già
preparato per sé.
Avvenne così che neppure la tomba poté separare quelle
due anime, la cui mente era stata un’anima sola in Dio.
[San Gregorio Magno (540
ca.-604), Libro II dei Dialoghi, 33-34]