[È con vero piacere che annunciamo l’uscita
di un nuovo libro pubblicato dalle Éditions Sainte-Madeleine dell’abbazia
benedettina di Le Barroux, dedicato a scoprire e ad approfondire la vita
interiore. Il volume, firmato da Un moine bénédictin, ha per titolo Découvrir
la vie intérieure. Peut-on devenir l’ami de Dieu? (188 pp., 14,00 euro) e lo si può acquistare tramite la sezione “boutique”
del sito Internet dell’abbazia. Invitando
calorosamente gli amici di Romualdica alla
lettura di questo prezioso testo, offriamo un assaggio del primo capitolo,
grazie alla traduzione che ci è stata gentilmente assicurata da sr. Bertilla,
oblata del monastero Sainte-Madeleine.]
«Quærite Deum, et vivet anima vestra»
Sal 68,33
«Che cosa cercate?». Sono le prime parole che san Giovanni pone nel
suo Vangelo sulle labbra di Nostro Signore (Gv
1,38). La domanda gli era stata posta personalmente, insieme ad Andrea, quando
s’impegnarono nella sequela del Maestro. Non l’ha mai dimenticata. Sulla soglia
di questo libro, come sul portico d’ingresso della vita interiore, Gesù ci pone
la medesima domanda: «Che cosa cercate?».
Qual è il senso della nostra vita, la sorgente della nostra esistenza, il fine
che perseguiamo? Il cardinale de Bérulle, figura di spicco della Scuola
francese di spiritualità del secolo XVII, sottolinea:
«Tutti noi cerchiamo la vita e ignoriamo dove
risiede. La vita, la vera vita dell’uomo, non consiste nelle bassezze della
terra, nelle delizie del corpo, nelle vanità del cuore, negli onori del mondo
e, in una parola, al di fuori di noi… La vita, la vera vita, è in noi, è
nell’anima stessa, è nella cosa più propria e intima dell’anima, che è la
conoscenza di Dio» [1].
Ma
di che conoscenza si tratta? In primo luogo, non di una scienza da acquisire o
di una realizzazione personale, ma di un incontro con qualcuno, della scoperta
di un Altro.
Per
cogliere la purezza d’intenzione che Dio pretende da noi in tale ricerca dello
scopo della vita, ecco un’antica storia monastica, il racconto dell’eremita della
foresta dei Vosgi. La sua grande reputazione di santità attirava numerosi
giovani desiderosi di diventare suoi discepoli. Erano stati tutti rifiutati,
tranne uno. La ragione di tale privilegio fu rivelata dallo stesso discepolo
dopo la morte del suo maestro.
Ogni
volta che un postulante alla vita monastica veniva a bussare alla sua porta, il
vecchio eremita gli chiedeva sempre la stessa cosa. Gli domandava perché volesse farsi monaco. La prima
volta che il nostro giovane andò dall’eremita, egli gli diede questa risposta:
«Perché voglio imparare a
pregare».
«Perché?», gli rispose il vecchio saggio.
«Perché è la scienza più
alta».
«Mi dispiace, ma non posso
accettarti».
Il
nostro aspirante ripartì contrariato, prima di tornare qualche mese più tardi.
«Perché vuoi imparare a
pregare?», gli chiese
nuovamente l’eremita.
«Per diventare un santo», disse il giovane uomo.
«Sono
desolato –
rispose il vecchio –, ma non posso
accettarti».
Dopo
alcuni anni passati a provare a dimenticare il suo vecchio sogno, e ancora
perseguitato dal suo desiderio di vita monastica, il giovane uomo riprese il
cammino dell’eremitaggio una notte di Natale e disse al vecchio eremita assorto
nella preghiera, senza neppure lasciargli il tempo di porre la propria domanda:
«Perché voglio trovare Dio!». Allora
l’anziano lo accolse a braccia aperte.
Per
ammettere un candidato che viene a bussare alla porta del monastero, san
Benedetto non esige in definitiva che una sola cosa e considera un solo
criterio di vocazione: che l’aspirante cerchi veramente Dio [2]. Lo scopo della
vita monastica, come della vita cristiana, non è principalmente di ottenere una
perfezione morale. Lo scopo è Dio: amarlo, conoscerlo, servirlo. Questo cambia
tutto… perché il monaco, come tutti i cristiani, è colui per il quale Dio è
prima di tutto una persona il cui incontro cambia la propria vita.
La
domanda iniziale: «Che cosa cercate?»
si precisa allora in «Chi cerchi?» (Gv 20,15). È la domanda posta a Maria
Maddalena nel giardino del sepolcro dopo la Risurrezione. Un testo medievale,
piccolo gioiello della letteratura monastica, sviluppa il dialogo tra Gesù e
Maria Maddalena, nel quale il Maestro la invita a passare dalla ricerca
esteriore a quella interiore:
«Donna, perché piangi? Chi
cerchi? Tu possiedi colui che cerchi e non lo sai! Possiedi la gioia vera ed
eterna, e piangi! Possiedi all’interno colui che cerchi all’esterno! In realtà,
tu stai all’esterno piangendo vicina alla tomba. La tua anima è il mio
sepolcro: io lì non sono morto; vivo, lì mi riposo per sempre, la tua anima è
il mio giardino: hai ben visto che io sono il giardiniere; sono il nuovo Adamo,
coltivo e custodisco il mio giardino di delizie. Il tuo pianto, il tuo amore,
il tuo desiderio, sono opera mia. Mi possiedi in te e non lo sai, ecco perché
mi cerchi all’esterno, ed ecco perché appaio esteriormente, per riportarti
nell’interiorità, affinché tu trovi all’interno ciò che cerchi all’esterno.
Maria, io ti conosco per nome: impara a conoscermi attraverso la fede».
«“Rabbunì!”, che significa “Maestro”; in altre parole: sii per me un maestro che
m’insegna a cercarti, a toccarti, a versare per te i miei profumi» [3].
Ripetiamo
con Maria questa preghiera: Signore, insegnaci a cercarti! Accresci il nostro
desiderio di amarti, di conoscerti! Questo desiderio di Dio ci trasforma,
perché noi siamo ciò che attendiamo. «Dimmi cosa desideri e ti dirò chi sei».
Se il nostro cuore è rivolto alle cose di quaggiù, si abbassa al loro livello.
Ma se il nostro cuore è attratto dalle cose divine, allora Dio lo eleva fino a
sé.
Tuttavia,
nella nostra ricerca, non dimentichiamo che ogni ricerca di Dio da parte nostra
non è che una risposta alla grazia che ci previene, ci sollecita e ci conduce
dolcemente e con forza. È ciò che osserva san Giovanni della Croce: «Bisogna sapere che se l’anima cerca Dio, il
suo Amato la cerca con amore infinitamente maggiore» [4].
[1]
Œuvres de piété, II.
[2]
Cfr. Regola di san Benedetto, cap.
LVIII.
[3]
Frequentemente attribuito a san Bernardo, questo testo è in realtà l’opera di
un certo Dreux, monaco di san Nicasio a Reims, estratto dalle sue Meditazioni sulla Passione e la Resurrezione
(cap. XV).
[4]
Fiamma viva d’amor B, III, 28.
[Un
moine bénédictin, Découvrir la vie
intérieure. Peut-on devenir l’ami de Dieu?, Éditions Sainte-Madeleine, Le
Barroux 2012, pp. 17-20, trad. it. di sr. Bertilla Obl.S.B.]