giovedì 10 febbraio 2011

Santa Scolastica

«Poté di più colei che amò di più»
San Gregorio Magno (540 ca.-604), Libro II dei Dialoghi, 33


Il volto di santa Scolastica è per sempre scolpito da queste ultime parole del racconto di san Gregorio Magno: «... quia enim juxta Johannis vocem, Deus caritas est, justo valde judicio illa plus potuit, quae amplius amavit». Poté di più, presso Dio, colei che amò di più.
Amore e preghiera e desiderio del Cielo costituiscono il fascino spirituale di questa donna che, secondo la tradizione, fu sorella gemella del grande patriarca dei monaci d’Occidente, Benedetto da Norcia.
«Consacrata a Dio onnipotente fin dall’infanzia», la troviamo – al tramonto della sua santa esistenza – in un monastero di sanctimoniales nelle vicinanze di Montecassino, all’ombra, quindi, del grande fratello di cui certamente osservano la Regola.
Null’altro sappiamo al di fuori di questo e di quanto san Gregorio Magno dice nel capitolo 34 del secondo libro dei Dialoghi, cioè che dopo tre giorni da quel prolungato incontro (cap. 33), san Benedetto, stando alla finestra della sua cella, vide l’anima della sorella Scolastica, in forma di colomba, penetrare nelle altezze dei cieli.
L’esordio della vita e della vocazione di Scolastica lo si può, quindi, rintracciare seguendo le orme del fratello. Se veramente furono gemelli anche per nascita naturale, quale sarà stato il loro crescere insieme nell’ambito della famiglia, in quella cittadina umbra, dolcemente adagiata nel verde e tutta pervasa di religioso senso della vita?
Nata verso il 480, Scolastica è – come il fratello – fin dalla fanciullezza attratta verso la vita interamente consacrata a Dio. È probabile che la risoluta partenza di Benedetto l’abbia spinta a seguirlo in una forma di vita consona alla sua indole e al suo ideale cristiano. Perciò l’indistruttibile legame di sangue esistente tra lei e Benedetto divenne ancor più forte e definitivo nella comune vocazione che li rendeva uno in Cristo per l’eternità.
La nativa Norcia, dunque, la famiglia satura di fede e aperta ai progetti di Dio plasmarono l’animo di Scolastica, preparandola a quell’austera e insieme serena vita monastica che san Benedetto propone con la sua Regola ai più generosi seguaci di Cristo.
Per questo non ci sembra arbitrario fare in certo modo una rilettura della «santa Regola» attraverso la figura stessa di santa Scolastica quale traspare dall’unico episodio – unico, ma assai emblematico! – che della sua vita ci è rimasto. Notiamo anzitutto la «consuetudine» dei due fratelli di vedersi una volta all’anno. Forse – e ci piace pensarlo – nel tempo pasquale per la gioia di incontrarsi nella luce del Signore risorto.
In quest’ultimo incontro, la sorella è quanto mai avida di stare con il fratello per parlare delle gioie del cielo; ma deve premere su Benedetto ligio alla norma che prevedeva il rientro in monastero prima di sera. Scolastica compie un prodigio in forza dell’intensità del suo amore e della sua preghiera. È un miracolo che si iscrive sotto il segno della gratuità, quasi come quello ottenuto da Maria alle nozze di Cana, per prolungare la gioia conviviale.
San Benedetto nella Regola per i monaci dà il primato alla ricerca di Dio – Si revera Deum quaerit... (Se veramente cercano Dio) (RB 58, 7), all’amore di Cristo – Nihil amori Christi praeponere (Nulla anteporre all’amore di Cristo) (RB 4, 21), e conseguentemente alla preghiera – Nihil Operi Dei praeponatur (Niente venga anteposto all’Opera di Dio) (RB 43, 3). Scolastica realizza pienamente la sua vita in questo senso. Giunta ormai in vista della meta, altro non desidera che Dio, la comunione con lui nella luce del suo Regno. È di questo che desidera ardentemente parlare con il santo fratello supplicandolo: «Ti prego... rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste».
Non stava forse anche scritto nella Regola: «Desiderare con tutto l’ardore dell’animo la vita eterna»? (RB 4, 46). Il forte afflato escatologico che caratterizza la spiritualità della Regola benedettina raggiunge in questa santa monaca la massima intensità. Traspare inoltre da questo unico episodio la consuetudine che Scolastica aveva alle sante veglie di meditazione e di preghiera. Proprio la preghiera, sgorgante da un cuore puro e ardente, è la forza con la quale la sorella vince la sfida con il fratello, più attento all’austera disciplina. Ma anche questa, anche la preghiera di Scolastica è la realizzazione splendida e fedele di quanto Benedetto ha proposto nella sua Regola: «... non dobbiamo forse elevare con tutta umiltà e sincera devozione la nostra supplica a Dio, Signore dell’universo? E rendiamoci ben consapevoli che non saremo esauditi per le nostre molte parole, ma per la purezza del nostro cuore e la compunzione fino alle lacrime» (RB 20, 2-3). Con l’intensità della sua supplica e l’abbondanza delle sue lacrime, Scolastica ottiene dal Signore dell’universo un repentino mutamento di atmosfera. La pioggia scrosciante impedisce a Benedetto di ripartire e dona a Scolastica la gioia di rimanere più a lungo con lui per pregustare, nella contemplazione, le gioie del cielo.
Per essere pervenuta a tale intensità di vita interiore e di preghiera da poter essere esaudita dal Signore all’istante e oltre misura, la santa sorella del patriarca dei monaci aveva certamente compiuto un generoso e alacre cammino di fede, di umiltà, di povertà, di obbedienza, di carità, di essenzialità e di unificazione interiore. Aveva vissuto fedelmente la vocazione monastica secondo le direttive della Regola di Benedetto e «per ducatum evangelii» si era lasciata condurre là dove l’unica legge è quella dello Spirito che è amore e libertà.
Colpisce, nel racconto dei Dialoghi, la personalità di Scolastica. È veramente donna, con tutte le caratteristiche della femminilità: dolcezza e affettività, costanza e persino audacia nell’intento di ottenere quanto desidera; ma presenta anche una vena di simpatica ilarità, quando dal fiume di lacrime passa al radioso sorriso per il miracolo avvenuto: «Vedi – risponde al fratello rammaricato per il temporale – io ti ho pregato e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero».
È una rivincita che non dispiace certamente a Benedetto, poiché proprio lui le aveva insegnato a rivolgersi – nelle difficoltà – a Colui cui tutto è possibile (cfr. Prologo 4, 41; RB 68, 5). Per coloro che servono il Signore con totale dedizione si realizza la promessa: «I miei occhi saranno su di voi, le mie orecchie si faranno attente al vostro grido, e ancor prima che mi invochiate, dirò: Eccomi!» (Prol. 18). Dio obbedisce prontamente a coloro che gli hanno totalmente sottomessa la loro propria volontà.
Scolastica ha consumato la sua esistenza in assoluta fedeltà alla vocazione che le era sbocciata nel cuore fin dall’infanzia; ora, giunta alla piena maturità, dimostra di avere conservato la stessa fede semplice e sicura in un animo fresco come polla d’acqua sorgiva.
In lei si incarna splendidamente la tensione escatologica che percorre tutta la Regola benedettina. Dire Scolastica è immergere lo sguardo nelle azzurre «misteriose profondità del cielo» dove la sua anima, sotto la candida sembianza della colomba, è penetrata, attratta dalla forza dell’Eterno Amore. Così la poté contemplare – con quali occhi? – il santo padre Benedetto mentre pregava affacciato alla finestra della sua cella, specola del cielo.
L’itinerario tracciato dalla Regola si era concluso per Scolastica con il «miracolo» segno della «perfetta carità» raggiunta. Carità verso Dio ardentemente desiderato, e carità verso i fratelli teneramente amati (cfr. RB 72). La preghiera – subito esaudita dal Signore – appare come il puro ed efficace linguaggio dell’Amore.
Non è forse questo il messaggio essenziale che ci viene, ancora oggi, dalla santa sorella del patriarca dei monaci d’Occidente? Perché rammaricarci di non avere di lei altre notizie per poterne scrivere una biografia? Tutto quello che ella visse prima della «santa notte» del fraterno colloquio e dell’ora del suo altissimo «volo» non poteva che essere cammino decisamente orientato alla meta, così come tutto il lavoro della radice, dello stelo e delle foglie è ordinato allo sbocciare del fiore.
Scolastica, la prima monaca benedettina, è una docilissima «scolara» alla scuola del divino servizio nella quale apprende la sapienza del cuore a tal punto da... vincere il Maestro ed arrivare prima là dove insieme, correndo, erano diretti.
San Gregorio riferisce che Benedetto volle deporre il corpo della sorella «nel sepolcro che aveva preparato per sé» sulla santa montagna di Cassino. «E così, essendo sempre stati un solo spirito in Dio, neppure i loro corpi furono separati nella sepoltura» (Dialoghi, II, 34). La comunione dei Santi inizia sulla terra, nel tempo, e si compie in cielo, nell’eternità.
Chi sale oggi – dopo quindici secoli di storia – alla maestosa abbazia di Montecassino, non può non essere preso da un fremito di commozione nel trovarsi davanti alla tomba dei Santi fratelli che stanno all’origine di una numerosa stirpe di cercatori di Dio.

[Anna Maria Cànopi O.S.B., Monachesimo benedettino femminile, 2a ed., Abbazia San Benedetto, Seregno (Milano) 2008, pp. 17-24]