giovedì 28 aprile 2016
lunedì 18 aprile 2016
Il segreto di fr. Vincent (omelia del card. Sarah)
[Domenica 10 aprile
2016 si è addormentato nella pace del Signore – all’età di 39 anni, di cui 12
nella vita religiosa – fr. Vincent-Marie de la Résurrection (Benoît Carbonell), canonico regolare della Madre di
Dio presso l’abbazia Sainte-Marie de Lagrasse, una comunità legata alla forma
extraordinaria del Rito romano. Da qualche anno fr.
Vincent era affetto da sclerosi multipla, che un poco alla volta lo ha
completamente immobilizzato. Invitiamo a leggere la bella e toccante
testimonianza sulla sua vita resa dai suoi fratelli canonici. La Messa di
esequie, celebrata in rito romano antico, è stata celebrata sabato 16 aprile
dal R.P. Emmanuel-Marie, Abate di Lagrasse, alla presenza di Sua
Eminenza il cardinale Robert Sarah, che ha svolto l’omelia e in seguito benedetto
la salma. Da qualche anno si era stretto un forte legame di amicizia e intimità
spirituale fra il card. Sarah e fr. Vincent, che portava dentro di sé con un
senso di missione di preghiera e di silenzio le intenzioni per la Chiesa che il
porporato veniva ad affidargli regolarmente; ha scritto di lui il cardinale
africano: “Ho dedicato a fr. Vincent il mio libro Dio o niente perché ho compreso dal nostro primo incontro che
Cristo aveva poggiato il suo cuore contro il suo”. Trascriviamo qui di seguito
una nostra traduzione dell’omelia del card. Sarah pronunciata nel corso delle
esequie, delle quali due reportage fotografici sono visionabili a partire da questa pagina.]
Carissimi Fratelli e Sorelle,
Sono emozionato e alquanto felice di essere con voi
in questo momento per accompagnare con l’affetto e le preghiere alla sua ultima
dimora il nostro fratello Vincent-Marie de la Résurrection. Egli sul suo letto
di malato, come Gesù, nei giorni della sua vita carnale, ha trascorso giorni e
notti a offrire preghiere e suppliche, con un potente grido di fede, per
ottenerci da Dio l’aiuto e le grazie di cui abbiamo bisogno. Oggi siamo noi che
preghiamo per lui, onde attirare su di lui la misericordia e il perdono di Dio.
Poiché siamo tutti peccatori. Il bambino è simbolo di una purezza che non
dobbiamo mai smettere di volere, ma che sappiamo, anche nell’agonia, che non
raggiungeremo mai.
Mio carissimo Vincent, ringrazio Dio e la comunità
dei Canonici Regolari di sant’Agostino, che ci hanno permesso di conoscerci e
di camminare assieme durante un piccolo tratto della nostra esistenza. Ti eri
impegnato, e avevi preso la decisione di sostenermi e accompagnare il mio
ministero con le tue preghiere e i tuoi sacrifici. Tutti i nostri incontri si
sono svolti nel silenzio e nella preghiera. Ogni volta che Dio mi ha permesso
di venirti a trovare, abbiamo pregato intensamente il Rosario, sotto lo sguardo
della Vergine Maria. E siamo rimasti durante lunghi momenti in silenzio. Tu
perché Dio ti chiedeva di essere un’offerta silenziosa per la salvezza del
mondo. Io perché diventassi tuo allievo, per apprendere il mistero della
sofferenza.
Osservandoti in silenzio, ho sempre considerato che
il tuo volto splendeva. Il tuo corpo portava la sofferenza e il dolore. Ma sul
tuo viso si poteva vedere una grande gioia, un’immensa pace e un abbandono
totale a Dio. Pregando con te e ascoltando il mistero della vita, mi hai
insegnato che le sofferenze e le gioie esistono insieme. Mi hai insegnato che
la preghiera non asciuga le lacrime. E il silenzio ha insegnato a entrambi che
l’unità della sofferenza e della beatitudine, è il segreto di Dio che dobbiamo
accogliere nella fede e con una grande serenità. Quando, qualche volta, ti ho
telefonato da Roma, la sola parola che tu volevi scolpire nel mio cuore, era:
Sì, sì, sì! Eri diventato un Fiat
continuo. Eri diventato interamente olocausto per un amore per Dio. Qualche
volta non eri più capace di dire Sì, ma sentivo un respiro forte e doloroso. E
mi hai rivelato così che l’espressione la più sublime dell’amore, è la
sofferenza.
Ciò che Dio mi dava da percepire intuitivamente, tu
stesso me ne dai conferma nel momento in cui ci lasci. In effetti, questa notte
ho letto nel tuo diario personale questi pensieri di una densità spirituale
eccezionale che hanno nutrito la tua vita interiore. Ti cito: “Credo che la
sofferenza è stata accordata da Dio all’uomo in un grande pensiero di amore e
di misericordia. Credo che la sofferenza è per l’anima la grande operaia della
redenzione e della santificazione”.
Sì, la sofferenza è uno stato di felicità e di
santificazione delle anime. Ad ascoltarti, sembra di sentire santa Teresa del
Bambino Gesù, che scriveva: “Ho trovato la felicità e la gioia sulla terra, ma
unicamente nella sofferenza, perché quaggiù ho molto sofferto”.
Ma per arrivare ad assumere in tal modo la
sofferenza e per trovare la gioia nella sofferenza, oggi tu ci consegni il tuo
segreto. Questo segreto io l’ho trovato nel tuo quaderno:
“Ogni giorno, mi rinchiudo in un triplice castello:
Il primo è il Cuore purissimo di Maria, contro
tutti gli attacchi dello spirito maligno.
Il secondo è il Cuore di Gesù, contro tutti gli
attacchi della carne.
Il terzo è il Santo Sepolcro, dove mi nascondo
vicino a Gesù contro il mondo”.
Questa mattina, la tua camera è vuota come il
sepolcro, perché tu sei vivente.
Ti dico nuovamente il mio immenso grazie, Vincent,
per ciò che sei stato per me e per noi.
Continua a pregare per i tuoi fratelli, i Canonici
Regolari di sant’Agostino, per la Chiesa, per la tua famiglia e per noi. Anche
noi preghiamo per te. Dio ci ha separati per un momento, ma restiamo uniti.
Tu sei di più in più profondamente nel cuore di
Dio, ma rimani nel più profondo del nostro cuore. Ora che contempli il volto di
Dio, prega per noi, per i tuoi fratelli i Canonici Regolari di sant’Agostino.
Tu ci hai preceduto presso il Padre per essere nostro protettore. E imploriamo
la misericordia di Dio su di te. Ti affido alla Vergine nostra Madre. Lei che
invocheremo nell’ora della nostra morte.
Amen!
martedì 12 aprile 2016
La vita interiore alla scuola di André Charlier
Il Venerdì Santo, alle ore 15 in punto, il celebrante, rivestito di
una semplice alba, con la stola nera a sottolineare la sua dignità sacerdotale,
entra nella chiesa abbaziale riempita di una folla silenziosa. Giunto ai piedi
dell’altare, egli si prostra interamente a terra con un magnifico gesto di
umile adorazione. La liturgia ci fa entrare nella vita interiore dell’unico
sommo sacerdote, Gesù Cristo, il Signore.
Nel Getsemani Gesù ha pregato il Padre nel più misterioso
combattimento spirituale. Più di Giacobbe contro l’angelo di Yahweh, più che
Mosè sul Sinai, più di Giobbe. Gesù ha affrontato la volontà del Padre per noi.
Egli ci ha mostrato percorrendola la strada stretta della vita interiore, che
André Charlier definiva «il rapporto intimo della nostra anima con Dio». Nella
«lettera ai capitani» dell’11 marzo 1943, durante l’occupazione, André Charlier
tratteggiava un percorso chiaro e molto pratico di vita interiore.
La prima tappa consiste nel riconoscere umilmente e virilmente la
grande debolezza delle anime a entrare nell’interiorità da sé stesse nella vita
quotidiana. «Ora, io che vi vedo vivere, e che vi osservo, spesso senza che ve
ne rendiate conto, trovo in voi una scarsa capacità di rientrare in voi stessi,
il vostro spirito è sempre orientato all’esterno». E da pastore avvertito
che conosce bene le sue pecore perché le ama, egli vede bene che il poco
d’interiorità di cui i suoi allievi davano prova era contaminato dall’esterno:
«Quando pensate a voi stessi, siete soprattutto preoccupati dell’impressione
che potete dare agli altri». Ma certo, André Charlier, in maniera molto umana,
molto incarnata, riconosce bene le circostanze attenuanti: la giovane età, il
lavoro scolastico che richiede attenzione, la vita domestica con tutti i suoi
obblighi e gli avvenimenti dell’epoca che attraversavano la Francia, così
ossessivi. Come si dice, non ce la si fa più!
André Charlier spinge allora i suoi capitani a immergersi un po’ di
più nella vita interiore, mettendo in luce un’inquietudine spesso muta, ma
presente in tutte le anime. Lo fa dando l’esempio notevolmente adattato da
Lyautey: «Soffro di avere l’anima così elevata da potere comprendere ciò che
dovrei essere e di non avere il carattere così fermo e indurito per realizzare
la concezione della vita che devo condurre». Questa constatazione, Lyautey la
faceva su un segno molto chiaro, visibile, oggettivo: il pettegolezzo, che
riconduce tutto a sé.
Ed ecco la tappa decisiva, quella che permette d’entrare veramente
nella vita interiore, in questo rapporto intimo dell’anima con Dio, la tappa
della grande verità: «Voi siete delle creature di Dio, il quale creando
ciascuno di voi ha avuto un pensiero particolare: è tempo che impariate a
conoscere questo pensiero divino su di voi, senza il quale la vita andrà presto
a rapirvi e a impedirvi di gustare questo rapporto unico con l’Eterno. Tutto
potrebbe diventare per voi così chiaro da subito, se lo volete, e la vostra
vita si troverebbe per sempre trasformata».
André Charlier sa bene che questa tappa ha essa stessa il suo rischio,
cioè di essere senza domani. Per evitare ciò, occorre oltrepassare un’altra
tappa, quella d’entrare abitualmente, ogni giorno, nel silenzio; silenzio
materiale indispensabile, certo, ma più ancora nel silenzio interiore. «Occorre
fare tacere anche il tumulto dei pensieri, e che tutta l’agitazione della
giornata venga a morire al fondo di questo raccoglimento».
In maniera ammirevole André Charlier dà allora il cuore
della vita interiore, la sua natura profonda: «Là, mantenete la vostra anima un
momento sotto lo sguardo di Dio, e con uno slancio molto semplice, fate offerta
di voi stessi a quel Dio che attende da voi qualcosa di preciso». Chi non vedrà
qui, dipinta, la preghiera di Gesù nel Getsemani?: «Padre mio, se questo
calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà». E sulla croce: «Padre, nelle tue
mani consegno il mio spirito». E alla risurrezione: «Io sono risorto,
e sono nuovamente con te. Tu hai posto la tua mano su di me».
Non mi rimane che
invitarvi a profittare della biografia di André Charlier recentemente
pubblicata, e soprattutto a celebrare le sante feste pasquali con un’anima
interiore.
[Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, editoriale di Les amis du monastère, n. 157, 19 marzo 2016, pp. 1-2, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]
mercoledì 6 aprile 2016
Padre Abate di Wisques: Dom Philippe de Montauzan O.S.B.
Il sito francese Le petit Placide ha reso noto la notizia dell’elezione del nuovo Padre Abate dell'abbazia Saint-Paul de Wisques, Dom Philippe de Montauzan O.S.B., sin qui Priore della comunità fondata nel 1889 nel dipartimento francese di Pas-de-Calais e in precedenza maestro dei novizi dell’abbazia Notre-Dame di Fontgombault, dalla quale lo scorso 13 ottobre 2013 - come avevamo riportato in un servizio dedicato all’irradiamento dell'abbazia di Fontgombault - erano giunti tredici monaci, onde potere così ristabilire un’integrale osservanza delle usanze monastiche tradizionali e liturgiche, con particolare riferimento alla celebrazione secondo la forma extraordinaria del Rito romano e il Breviario monastico tradizionale. La benedizione abbaziale si terrà il prossimo 4 giugno, festa del Cuore Immacolato di Maria, per le mani di S.E. mons. Jean-Paul Jaeger, vescovo di Arras, presso la cattedrale Notre-Dame di Saint-Omer. Invitiamo i lettori di Romualdica a elevare un rendimento di grazie al Signore per questa notizia, e a unirsi in preghiera per il novello Padre Abate, Dom de Montauzan, cui auguriamo un fecondo abbaziato.