Come da ormai oltre tre decenni (per la cronaca del 2011 si veda qui; per la cronaca del 2012 si veda qui), dal 18 al 20 maggio 2013 si è svolta la 31ma edizione del Pellegrinaggio di Pentecoste, che come vuole la tradizione ripresa da Charles Péguy (1873-1914) – riattivata, nel 1983, nello spirito dei fratelli Henri (1883-1975) e André Charlier (1895-1971) –, accompagna i pellegrini a piedi, dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi alla cattedrale Notre-Dame di Chartres, per un totale di circa cento chilometri. A organizzare questo imponente pellegrinaggio è l'associazione Notre-Dame de Chrétienté, secondo una carta fondativa che vuole questa iniziativa – d'impronta mariana e liturgicamente vincolata alla forma extraordinaria del Rito romano – posta sotto l'egida del motto Tradizione - Cristianità - Missione.
Quest’anno
il tema del pellegrinaggio è stato Educazione
cammino di santità, che dopo i temi della difesa della vita e della
famiglia – al centro dei pellegrinaggi del 2011 e 2012 –, rappresenta il terzo
dei punti non negoziabili sui quali il Magistero pontificio è tornato a più
riprese. Sono stati circa 15.000 i pellegrini che durante le scorse giornate
hanno marciato e pregato (perlopiù sotto la pioggia), così realizzando un’avventura
umana e spirituale, accompagnati da centinaia di sacerdoti e religiosi. Fra
costoro, come da tradizione, una rappresentanza del
monastero benedettino Sainte-Madeleine di Le Barroux: rimane celebre l’omelia pronunciata a Chartres nel 1985, in conclusione di quell’edizione del
pellegrinaggio, da Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo
abate di Le Barroux, alla cui lettura e meditazione ancora oggi rimandiamo. Così pure, volentieri rimandiamo alla lettura dell'omelia pronunciata nel 2005 dall'attuale abate di Le Barroux, Dom Louis-Marie Geyer d'Orth O.S.B., il quale ha chiuso quest'anno l'uscita processionale dalla cattedrale di Chartres al termine della Messa – celebrata da S.E. mons. Eric Aumonier, vescovo di Versailles –, com'è possibile vedere nel breve video che segue.
[Grazie alla cortese autorizzazione di
Christophe Geffroy, direttore del mensile
La Nef, riproduciamo in trad. it. a
nostra cura l’editoriale di Loïc
Mérian, François et la liturgie, comparso
in La Nef, n. 247, aprile 2013, p. 11]
Alcuni
fedeli sono forse rimasti sorpresi dall’apparente orientamento liturgico scelto
dal nuovo Papa Francesco. I commentatori non si sono sbagliati, sottolineando
le differenze di «stile» fra il nuovo Papa e il suo predecessore. Non mi
verrebbe in mente di dire che si tratta di una questione di sensibilità. I
discorsi forti sul tema di Benedetto XVI, ai quali molti hanno pienamente
aderito, ricordavano al contrario che la liturgia è per essenza sacra, che è
legata alla regola della fede e che dunque la cura che vi è data non è un lusso
accessorio, ma una necessità assoluta, finanche un’urgenza per il nostro tempo.
Si sbaglierebbero pesantemente coloro i quali volessero ritenere sorpassati
questi richiami , e l’insegnamento costante e ripetuto della Chiesa sull’argomento
dà loro torto.
A
prima vista non mi sembra che sulla forma il nuovo Papa abbia scelto di mettere
in opera questa visione nelle sue celebrazioni. Nessuno si arroghi il diritto
di giudicare sul fondo del suo pensiero. Prima di Benedetto XVI, né Giovanni
Paolo II né Paolo VI avevano manifestato la medesima volontà del «Papa liturgo»
di fare di questa disciplina uno dei polmoni del loro programma pontificio.
Nessuno può negare che questi due Papi non hanno condotto il loro sforzo su un primato
della sacra celebrazione della liturgia. Si tratta certamente del caso di altri
Papi prima di loro. Che taluni Papi abbiano maggiormente messo in luce questo o
quell’aspetto del deposito della fede, alcune modalità della sua trasmissione,
certe pratiche atte a favorire la fede, è un’evidenza. Ciò non toglie nulla ai
loro meriti, alla loro fede personale, e soprattutto ciò non toglie nulla in sé
alla fede della Chiesa. Chi potrebbe affermare che questi Papi non tenevano in
considerazione la liturgia o che pensassero che essa non è intimamente legata
alla dottrina? Si può ritenere che la liturgia, nella sua manifestazione
esteriore, ha una forza kerygmatica altrettanto forte della predicazione o del
servizio ai poveri…, ma si può altresì scegliere uno di questi assi
preferenzialmente agli altri, pur rimanendo perfettamente cattolici.
Personalmente conosco molti sacerdoti pienamente ortodossi, spirituali,
impegnati corpo e anima nel loro ministero, per i quali la liturgia non è la
priorità assoluta o la soluzione alla crisi della fede. Può spiacermi la loro
maniera più spoglia e semplice di celebrare. Il che non significa che non
attribuiscano alcuna importanza alla liturgia. Questo non impedisce loro di
essere missionari, zelanti, di dottrina sicura… e per alcuni fra loro di essere
degli autentici «santi sacerdoti». Scacciamo allora quest’amarezza poco
arricchente, siamo certi che lo Spirito Santo ha scelto il Papa Francesco per
la nostra santificazione e per condurre con sicurezza la barca della Chiesa.
Se
il nostro attaccamento alla liturgia è tale come lo pretendiamo essere, allora
raddoppiamo gli sforzi per fare conoscere l’eredità di Benedetto XVI in quest’ambito,
affinché sempre più cattolici riscoprano gli immensi tesori spirituali,
teologici e missionari della liturgia della Chiesa, ciascuno al suo vero posto
e secondo il suo carisma.