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Domenica 24 settembre 1995: il cardinale Joseph Ratzinger celebra una Messa pontificale nella
forma extraordinaria del Rito romano all'abbazia benedettina Sainte-Madeleine di Le Barroux |
Dopo la Prima Guerra Mondiale, era
cresciuto, proprio nell’Europa centrale e occidentale, il movimento liturgico,
una riscoperta della ricchezza e profondità della liturgia, che era finora
quasi chiusa nel Messale Romano del sacerdote, mentre la gente pregava con
propri libri di preghiera, i quali erano fatti secondo il cuore della gente,
così che si cercava di tradurre i contenuti alti, il linguaggio alto, della
liturgia classica in parole più emozionali, più vicine al cuore del popolo. Ma
erano quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che
celebrava la Messa secondo il Messale, ed i laici, che pregavano, nella Messa,
con i loro libri di preghiera, insieme, sapendo sostanzialmente che cosa si
realizzava sull’altare. Ma ora era stata riscoperta proprio la bellezza, la
profondità, la ricchezza storica, umana, spirituale del Messale e la necessità
che non solo un rappresentante del popolo, un piccolo chierichetto, dicesse “Et
cum spiritu tuo” eccetera, ma che fosse realmente un dialogo tra sacerdote
e popolo, che realmente la liturgia dell’altare e la liturgia del popolo fosse
un’unica liturgia, una partecipazione attiva, che le ricchezze arrivassero al
popolo; e così si è riscoperta, rinnovata la liturgia.
Io trovo adesso, retrospettivamente, che
è stato molto buono cominciare con la liturgia, così appare il primato di Dio,
il primato dell’adorazione. “Operi Dei nihil praeponatur”: questa parola
della Regola di san Benedetto (cfr 43,3) appare così come la suprema
regola del Concilio. Qualcuno aveva criticato che il Concilio ha parlato su
tante cose, ma non su Dio. Ha parlato su Dio! Ed è stato il primo atto e quello
sostanziale parlare su Dio e aprire tutta la gente, tutto il popolo santo, all’adorazione
di Dio, nella comune celebrazione della liturgia del Corpo e Sangue di Cristo.
In questo senso, al di là dei fattori pratici che sconsigliavano di cominciare
subito con temi controversi, è stato, diciamo, realmente un atto di Provvidenza
che agli inizi del Concilio stia la liturgia, stia Dio, stia l’adorazione.
Adesso non vorrei entrare nei dettagli della discussione, ma vale la pena
sempre tornare, oltre le attuazioni pratiche, al Concilio stesso, alla sua
profondità e alle sue idee essenziali.
Ve n’erano, direi, diverse: soprattutto
il Mistero pasquale come centro dell’essere cristiano, e quindi della vita
cristiana, dell’anno, del tempo cristiano, espresso nel tempo pasquale e nella
domenica che è sempre il giorno della Risurrezione. Sempre di nuovo cominciamo
il nostro tempo con la Risurrezione, con l’incontro con il Risorto, e dall’incontro
con il Risorto andiamo al mondo. In questo senso, è un peccato che oggi si sia
trasformata la domenica in fine settimana, mentre è la prima giornata, è l’inizio;
interiormente dobbiamo tenere presente questo: che è l’inizio, l’inizio della
Creazione, è l’inizio della ricreazione nella Chiesa, incontro con il Creatore
e con Cristo Risorto. Anche questo duplice contenuto della domenica è
importante: è il primo giorno, cioè festa della Creazione, noi stiamo sul
fondamento della Creazione, crediamo nel Dio Creatore; e incontro con il
Risorto, che rinnova la Creazione; il suo vero scopo è creare un mondo che è
risposta all’amore di Dio.
Poi c’erano dei princìpi: l’intelligibilità,
invece di essere rinchiusi in una lingua non conosciuta, non parlata, ed anche
la partecipazione attiva. Purtroppo, questi princìpi sono stati anche male
intesi. Intelligibilità non vuol dire banalità, perché i grandi testi della
liturgia – anche se parlati, grazie a Dio, in lingua materna – non sono
facilmente intelligibili, hanno bisogno di una formazione permanente del
cristiano perché cresca ed entri sempre più in profondità nel mistero e così
possa comprendere. Ed anche la Parola di Dio – se penso giorno per giorno alla
lettura dell’Antico Testamento, anche alla lettura delle Epistole paoline, dei
Vangeli: chi potrebbe dire che capisce subito solo perché è nella propria
lingua? Solo una formazione permanente del cuore e della mente può realmente
creare intelligibilità ed una partecipazione che è più di una attività
esteriore, che è un entrare della persona, del mio essere, nella comunione
della Chiesa e così nella comunione con Cristo. […]
Vorrei adesso aggiungere […]: c’era il
Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media.
Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi,
tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato
al popolo, è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il
Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, era un Concilio della
fede che cerca l’intellectus, che cerca di comprendersi e cerca di
comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida
di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e
domani, mentre tutto il Concilio – come ho detto – si muoveva all’interno della
fede, come fides quaerens intellectum, il Concilio dei giornalisti non
si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle
categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica
diversa. […] E così anche per la liturgia: non interessava la liturgia come
atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di
attività della comunità, una cosa profana. E sappiamo che c’era una tendenza,
che si fondava anche storicamente, a dire: la sacralità è una cosa pagana,
eventualmente anche dell’Antico Testamento. Nel Nuovo vale solo che Cristo è
morto fuori: cioè fuori dalle porte, cioè nel mondo profano. Sacralità
quindi da terminare, profanità anche del culto: il culto non è culto, ma un
atto dell’insieme, della partecipazione comune, e così anche partecipazione
come attività. Queste traduzioni, banalizzazioni dell’idea del Concilio, sono
state virulente nella prassi dell’applicazione della Riforma liturgica; esse
erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave,
della fede. […]
Sappiamo
come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo
era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti
problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia
banalizzata…
[Benedetto
XVI, Riviviamo il Concilio Vaticano II - Ricordi e speranze di un testimone, discorso in occasione dell’incontro con
i parroci e i sacerdoti della diocesi di Roma, 14 febbraio 2013]