giovedì 14 marzo 2019

Tre consigli di san Benedetto


Carissimi amici,
Seguendo un’usanza molto antica, ogni mattina al capitolo la comunità presta grande attenzione a un brano della Regola benedettina e ne riceve dal superiore un breve commento. È un momento privilegiato che fa scendere nel cuore del monaco il soffio della sapienza come ce la dispensa a profusione san Benedetto nei suoi 73 capitoli.
Recentemente, una sentenza mi è parsa delle più luminose: «L’abate deve sempre ricordarsi quel che è e come viene chiamato». In effetti, esiste sempre un profondo legame fra “memoria e identità”, che il superiore è chiamato a coltivare in sé senza sosta mediante la fede e la preghiera, e a tradurre in atti nel corso dei giorni. Chiamato a suscitare la vita per mezzo del suo insegnamento e della sua direzione spirituale, caricato della preoccupazione costante di condurre i suoi fratelli sul cammino che conduce a Dio, il “padre del monastero” deve evitare di dimenticare ciò che rappresenta nel mezzo della comunità: Cristo medesimo!
Perché la dimenticanza è un male, che ahimè rimonta a ben lontano… Si usa dire, con una giustezza teologica impareggiabile, che nel peccato originale, Adamo si è preferito a Dio e l’ha disprezzato al punto di fare la scelta di sé stesso contro il suo Creatore. Credo inoltre che, in una certa misura, questo primo peccato di sospetto nei confronti dell’infinita bontà divina sia consistito in una spaventevole dimenticanza. Avendo lasciato morire nel proprio cuore la fiducia verso il proprio Signore, Adamo se n’è andato liberamente sulla via del male e ha dimenticato ciò che era e il nome che portava: una creatura a immagine di Dio e costituita nella sua amicizia, un essere voluto per lui stesso e un figlio di Dio chiamato a condividere, mediante la conoscenza e l’amore, la vita divina! In fondo, e in risposta alla grande amnesia del peccato delle origini, tutta la storia della salvezza compiuta perfettamente in e per Gesù Cristo, offre all’uomo di che ritrovare la memoria. Con ciò, questa fortunata per quanto laboriosa riunione, riguarda a fortiori ciascuno di noi. Tutti noi dobbiamo riprendere la via del nostro essere profondo, della nostra realtà intima e cristiana di figli di Dio. Recuperare continuamente la memoria.
Si comprende perciò che per san Benedetto l’abate ha il dovere imperativo di ricordarsi di ciò che è, ovvero un “altro Cristo”, ma anche quello di aiutare i propri fratelli a ritrovare sempre più la memoria della loro vocazione profonda. In quest’ottica, nota la Regola, il superiore userà tre mezzi ben precisi. Il primo – anche se non lo si apprezza affatto a tutta prima – è quello delle “rimostranze”. Questo termine, in latino, assomiglia all’idea di “grido”. Quando il monaco riceve un’osservazione, essa non è un avvertimento contro la sua persona, ma ben diversamente un grido lanciato alla sua memoria, affinché il suo cuore s’inclini, perché si corregga e ritrovi così la sua vera bellezza secondo Dio, tutta la nobiltà della sua vocazione a imitare Gesù Cristo. Il secondo mezzo è la “persuasione”. Qui ancora, l’etimologia aiuta a comprendere di cosa si tratta veramente. Persuadendo i suoi fratelli, l’abate intende offrire loro tutti i consigli umani e spirituali fondati sulla Parola di Dio e soprattutto il Vangelo, che li aiuteranno a non dimenticarsi di sé stessi e a camminare sempre più sotto lo sguardo di Dio. Infine, san Benedetto esorta il superiore a risvegliare la memoria dei suoi monaci usando “parole carezzevoli”. Non adulazioni, bensì ogni genere d’incoraggiamento e buone parole che daranno fiducia e coraggio, e permetteranno a ciascuno di proseguire sul sentiero del buon piacere di Dio.
Cari amici, vedo il grande portico della Quaresima approcciarsi. Per varcarne la soglia e penetrare in questo tempo liturgico con tutta la diligenza spirituale e lo zelo richiesti, i tre consigli di san Benedetto evocati qui sopra, ci sono preziosi. Nel concreto delle nostre giornate, come ci comporteremo davanti alle diverse forme di correzione fraterna che possono esserci offerte? Accogliendole come un criterio decisivo per l’adeguamento della nostra vita alle reali attese del Signore e del prossimo, o come un grido insopportabile che ha il “torto” di offendere il nostro amor proprio? Ancora, lavoriamo affinché il ricordo di Dio si stabilisca nella nostra anima, collegando nella nostra memoria gli insegnamenti dati qui e là attraverso l’omelia domenicale, le letture spirituali svolte recentemente o ancora i consigli autorizzati di un prete esperto che ci conosce veramente? Infine, sappiamo profittare degli incoraggiamenti e degli slanci di fiducia che ci sono prodigati quotidianamente dal nostro circondario, al fine di avanzare sul cammino della santità alla scuola del Vangelo?
Altrettante domande alle quali potremo provare di rispondere durante la santa Quaresima. Vedremo allora che questo “sforzo” del cuore per il quale cercheremo di essere in spirito con Dio, ci libererà dalla cattiva dimenticanza. Sfuggiremo dall’amnesia di ciò che siamo dentro e del nome che tutti portiamo: discepoli appassionatamente docili e amanti di Gesù Cristo, suoi veri amici e, con Lui, co-eredi del regno eterno.
Fr. Marc, priore

[Fr. Marc O.S.B., La lettre aux amis, del Monastero Sainte-Marie de la Garde, n. 31, 6 marzo 2019, pp. 1-2, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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