mercoledì 16 novembre 2016

La liturgia tradizionale secondo Thomas Merton: un’irripetibile esperienza monastica e cristiana

Da una lettera del 1964 di Dom M. Louis (Thomas) Merton O.C.S.O. (1915-1968) a Dom Ignace Gillet O.C.S.O. (1901-1997), all’epoca Abate generale dei Trappisti, a proposito della discussione sul rinnovamento monastico e i cambiamenti in corso nella famiglia cistercense.

[…] Ecco cosa penso del latino e del canto gregoriano: si tratta di capolavori che ci offrono un’irripetibile esperienza monastica e cristiana. Hanno una forza, un’energia, una profondità senza eguali. In confronto tutti gli uffici proposti in inglese sono alquanto impoveriti; inoltre, non è per nulla impossibile rendere queste cose comprensibili e apprezzate. In genere mi riesce quasi bene nel noviziato, naturalmente con qualche eccezione, di chi non comprende bene. Ma devo aggiungere qualcosa di più serio. Come sapete, ho molti amici nel mondo che sono artisti, poeti, autori, editorialisti, ecc. Ora, costoro sono ben capaci di apprezzare il nostro canto e anche il nostro latino. D’altro canto essi sono tutti, senza eccezioni, scandalizzati e addolorati quando dico loro che probabilmente questo Ufficio, questa Messa, non esisteranno più da qui a dieci anni. E questo è il peggio. I monaci non possono comprendere questo tesoro che possiedono, e lo gettano via per cercare qualcosa d’altro, quando i secolari – che per la maggior parte non sono nemmeno cristiani – sono in grado di amare quest’arte incomparabile.

[Thomas Merton, The School of Charity: Letters on Religious Renewal and Spiritual Direction, a cura di Patrick Hart, Farrar Straus & Giroux, New York 1990, p. 236,  trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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