mercoledì 27 maggio 2015

Per capire cosa sia un monaco

Dom Charbel Pazat de Lys O.S.B. durante l'omelia.
[Come abbiamo annunciato in precedenza, lo scorso 18 maggio 2015 i monaci benedettini dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux si sono recati in visita a Genova. Durante la visita il Padre Abate, Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., ha celebrato una Messa Abbaziale, nel corso della quale si è tenuta la professione di due oblati dell'abbazia provenzale, sr. Teresa e fr. Agostino. L'omelia, che riproduciamo qui di seguito con il permesso del monaco, è stata pronunciata da Dom Charbel Pazat de Lys O.S.B.]

Siamo felicissimi, grazie all’invito di mons. Bernini e alla vostra splendida accoglienza, di trovarci qui per conoscere questa bella città e testimoniare un po’ della vita monastica! Dal cuore, vi ringraziamo tutti dell’aiuto, della vostra presenza e della vostra preghiera.
Per capire cosa sia un monaco, bisogna soprattutto avere un cuore di bambino. Un cuore di chi è tutto teso verso la realizzazione di qualcosa che, per adulti disincantati, sembra un sogno, ma che è più reale di tutto quanto abbiamo attorno. Quindi parlo specialmente ai giovani e a quanti ne abbiano lo spirito, tanto è vero che solo i cuori di bambino sanno distinguere veramente la realtà del sogno.
Nella civiltà dell’immagine in cui viviamo, probabilmente alcuni di voi hanno visto dei film dove ci sono delle porte misteriose, piene di segni “cabalistici”, portici straordinari che fanno passare verso mondi fantastici: pianeti, viaggi intergalattici, mondi magici. Tranne qualche eccezione, spesso c’è molto esoterismo, e dall’altro lato si trovano mostri orribili che stanno per mangiarci tutti, eccetto un paio di eroi.
Ma che idea di andare a cercare cose simili? Perché tutto quanto, anche quando è bello, sappiamo benissimo che sono sogni o incubi! Perché cercare nell’immaginazione quando abbiamo nella realtà cose infinitamente più vere, più belle, più fantastiche?
Cosa abbiamo? Noi, abbiamo ricevuto un’iniziazione assolutamente speciale, che ci ha fatto uscire dal mondo delle illusioni per tornare alla realtà; quell’iniziazione si chiama il battesimo! Essere battezzato, è appartenere a un altro mondo, sì, ma un mondo vero, al mondo della bellezza, al mondo di Dio. Essere battezzato, non vuol dire avere una composizione strana del sangue — sapete, come in Star Wars —, ma vuol dire essere riscattati dal sangue di Gesù, vivere del suo sangue, della sua vita. Di questo, i martiri avevano — scusate, ne hanno ancora oggi — una consapevolezza fortissima.
Ecco quindi la grande questione: se sogniamo di appartenere a mondi fantastici, è perché non sappiamo a quale mondo reale apparteniamo, e che questo mondo l’abbiamo nel più intimo di noi stessi. Eccolo lì, nei vostri cuori, adesso, che chiama, canta, tira, spinge. Chi è? Dio. Sì, ma Dio, chi sei? Amore, cioè, unione.
Cari amici, bambini o adulti, il mondo straordinario del quale tutti sogniamo e che ci abita, è Dio, che è unione, perché è inseparabilmente tre Persone in un solo Dio, Trinità. Dio ci chiama all’unione perché è stesso. Anzi, inventò l’Eucaristia proprio per questo, perché vivendo di Gesù, entriamo in quella unione.
Non è così complicato: se siamo tentati di fare qualche sciocchezza e c’è una vocina nel cuore che ci dice di no, allora non c’è unione nel cuore: da una parte la tentazione, dall’altra la coscienza. Il disagio finisce quando torniamo all’unione: i sentimenti seguono la coscienza. Altro esempio: quand’è che siamo felici, in famiglia o nel gruppo? Quando siamo uniti, come nei più bei Natali. Lì c’è la pace. In questo mondo pazzo, chi non desidera trovare l’unione, la pace?
Ebbene, questa sete di pace, di unione, di amore, che portate nel più intimo dei vostri cuori, è la prova che appartenete a un altro mondo che non è quello delle divisioni, dell’odio e dell’egoismo. Il battesimo vi ha aperto gli occhi al mondo vero, il nostro, quello di Dio Trinità. E facendone parte, siamo tutti dell’immensa famiglia di coloro che gli appartengono; una famiglia unita in Dio, una famiglia dove si trovano tutti i santi, gli eroi dell’amore.
Come fare perché questo riesca a cambiare qualcosa in noi e attorno a noi? Naturalmente ognuno farà degli sforzi per vivere nella carità. Ma siccome nelle circostanze concrete è spesso difficile, e poiché c’è gente che non sa, non può o non vuole, è anche estremamente importante che ci sia un contrappeso, dei centri, anzi delle centrali di unione, delle fabbriche di pace, dei reattori di amore, dei testimoni del cielo. Quelle centrali, quei reattori, sono i monasteri; quei testimoni sono i martiri e i monaci. Bisogna che Dio si scelga delle persone decise a prendere dei mezzi più radicali affinché niente si opponga all’unione, all’amore, a quella chiamata interiore che Dio ha messo nei cuori. Persone affascinate, abitate, afferrate dalla bellezza, dalla gioia, dalla grandezza dell’unione d’amore infinito che regna in Dio, nella Trinità. È quello che cerchiamo di essere noi monaci.
Perciò, come diceva il nostro fondatore, i monasteri sono dita silenziose tese verso il cielo, sono porte verso l’altro mondo, finestre dalle quali si vede, non a migliaia di chilometri, ma quel mondo straordinario di luce e bellezza che costeggiamo ogni momento senza accorgercene: la vita di Dio in noi, la comunione dei santi. Non si deve immaginare che i contemplativi facciano sforzi mentali di concentrazione, di riflessione, contrazioni di cervello, o che utilizzino telescopi o microscopi… No, un contemplativo è quello che ha sistemato le cose per vedere tutto con occhi di credente; il suo telescopio è la Regola, la clausura, il silenzio, la liturgia: tutto quanto raccoglie le forze per l’unione con Dio. Anzi, il contemplativo non ha niente a che vedere con lo spettatore in poltrona… In realtà, nell’avventura più meravigliosa che esista, sta dall’altra parte dello schermo, come attore nella vita stessa di Dio nello Spirito Santo.
Quando Dio mette questa sete nel cuore dell’uomo o della donna, non svanirà facilmente, come testimoniano le storie di tanti giovani che, dopo adolescenze di festa e fuga, finiscono per ricordare che, forse da piccoli, Dio li aveva chiamati, avevano provato questa sete, a un grado particolare, di diventare attori dell’unione del mondo a Dio. E Dio rispose a quella sete con un Sì enorme, caloroso, misericordioso, che invade l’anima di una pace inspiegabile, dando una libertà che niente ferma perché è resa capace di ogni sacrificio.
E così da secoli, seguendo san Benedetto, l’Europa è stata coperta di centrali di unione, di fabbriche di pace, di portici dell’altro mondo. Sono per caso i benedettini specialisti di qualcosa? No, né della liturgia, della scienza, del lavoro, del gregoriano… No, il carisma proprio dei monasteri, è di andare verso Dio in comunità, insieme, in famiglia. Ossia, vivere in questa terra come “sacramenti” della comunione dei santi. È per questo che spesso attorno a essi sono state costruite delle città, perché più che parafulmini che proteggono, i monasteri sono magneti che attirano, diventando gradualmente famiglia di famiglie, dove un po’ di cielo si diffonde, come sobborghi di Paradiso.
Vi è che in questo mondo strapieno di reti tecniche e sociali di ogni genere, c'è un’altra categoria di persone che hanno scelto di estendere quei sobborghi del Cielo con un approccio personale: come fare per vivere quanto più possibile la vita dei monaci essendo sposati, con una famiglia e molti impegni? Offrendosi a vivere secondo lo spirito della Regola di san Benedetto, tramite l’oblazione secolare. È quello che stanno per fare i nostri oblati Marrè con la loro professione.
Cari amici, non siete tutti chiamati a fare lo stesso, ma tutti potete al vostro modo offrire le vostre vite, perché tutti voi battezzati siete dall’altra parte dello schermo, e potete quindi essere a vostro modo degli attori dell’unione. A questo vorremmo che la nostra presenza oggi vi possa incoraggiare. Allora, grazie di nuovo per la vostra presenza e la vostra preghiera perché possiamo essere, sotto il manto della Madonna, una famiglia di Dio, rivolta a Lui, che attragga il mondo verso le gioie della Risurrezione.

Un momento della professione degli oblati sr. Teresa e fr. Agostino.

lunedì 25 maggio 2015

Ai pellegrini di Parigi-Chartres

Qui di seguito il video del "mandato" con il quale sabato 23 maggio, al termine della Messa solenne nella cattedrale Notre-Dame di Parigi, Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B. – Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux – ha dato l'avvio al 33mo Pellegrinaggio di Pentecoste, durante il quale le migliaia di pellegrini raggiungono a piedi la cattedrale Notre-Dame di Chartres.



domenica 24 maggio 2015

Dal Pellegrinaggio Parigi-Chartres

Con una Messa solenne nella cattedrale Notre-Dame di Parigi celebrata da Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Padre Abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux, sabato 23 maggio è iniziato il 33mo Pellegrinaggio di Pentecoste, durante il quale migliaia di pellegrini – dei quali moltissimi i giovani – raggiungono a piedi il lunedì di Pentecoste la cattedrale Notre-Dame di Chartres. Qui di seguito alcune immagini della Messa d'apertura di Dom Louis-Marie, e in chiusura un'istantanea dei partecipanti alla Messa di Pentecoste, celebrata durante il tragitto del pellegrinaggio, domenica 24 maggio, presso l'ippodromo di Rambouillet, da S.E. mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Astana, nel Kazakhstan.








giovedì 21 maggio 2015

L’arte è voler dire l’anima delle cose, la vita interiore, il mistero dell’essere

«Non c’è gioia più grande che creare dei sentieri di luce per aiutare gli uomini a scalare il Cielo», diceva l’artista francese Clotilde Devillers (1956-2008), di cui le edizioni Ama (Ateliers Monastique de l’Annonciation) hanno pubblicato un libro recante decine di riproduzioni di opere d’arte e arricchito da una prefazione delle benedettine del monastero, che è stato recensito favorevolmente da L’Osservatore Romano (cfr. Giulia Galeotti, L’arte sacra di Clotilde Devillers. Artigiana dei dettagli, 23 agosto 2014).
Parlando della via pulchritudinis nel corso dell’Udienza generale del 31 agosto 2011, Papa Benedetto XVI (2005-2013) diceva: «[...] ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, la Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede». Nel libro appena pubblicato si può vedere chiaramente come Devillers durante la sua vita artistica abbia cercato di creare strade verso Dio, ma se ne può cogliere anche il tentativo, compiuto in relazione e in collaborazione con altre personalità artistiche, di proporre un’arte autenticamente cristiana, legata alla tradizione ma capace anche di rinnovamento.
Devillers nasce a Boulogne-Billancourt, nella regione dell’Île-de-France, il 5 settem­bre 1956, quinta degli undici figli di Pierre Devillers e della moglie Line, entrambi ingegneri. In famiglia si prega, si gioca, si suona il piano e si disegna. Clotilde, in particolare, si appassiona al disegno. Entra a 17 anni all’Accademia di Belle Arti di Lille, poi al Ly­cée Technique d’État et Arts Appliqués di Roubaix, dove consegue il diploma in arti grafiche. A Natale del 1973 incontra il Mouvement de la Jeunesse Catholique de France, i cui quattro pilastri sono: preghiera, amicizia, formazione e azione. In questo ambiente sviluppa la propria spiritualità e stringe nuove amicizie. Nel 1977 è coinvolta nell’illu­strazione del periodico cattolico per ragazzi Patapon. Nel 1980 incontra il disegnatore e pittore Albert Gérard (1920-2011), che diventa il suo maestro. Gérard è un ex allievo del pittore e scultore Henri Charlier (1883-1975) (sul quale cfr. Dom Henri Lapèze-Charlier O.S.B., Henri Charlier. Peintre et sculpteur. 1883-1975, Éditions TerraMare, Parigi 2011), che aveva fatto parte de L’Arche, un gruppo di artisti cristiani riuniti attorno all’archi­tet­to Maurice Augustine Storez (1875-1959), ed era stato intimo amico dello scrittore e poeta Charles Peguy (1873-1914). Dal 1956 al 1976 Henri Charlier, con lo pseudonimo di Minimus, aveva inoltre tenuto una rubrica di liturgia sulla rivista Itinéraires, fondata nel 1956 dal giornalista e scrittore Jean Madiran, pseudonimo di Jean Arfel (1920-2013).
André Charlier (1895-1971), fratello di Henri, è per anni il direttore di una scuola cattolica — prima École de Roches a Verneuil-sur-Avre, poi trasferita a Maslacq — che nasce fondata su princìpi pedagogici innovativi, in parte mutuati dal sistema scolastico inglese, in parte dallo scoutismo, e trae ispirazione dal cattolicesimo e da un forte patriottismo. Le lettere che André indirizza ai prefetti della scuola sono riunite in Lettres aux capitaines (Éditions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1980), che mostrano chiaramente gl’ideali elevati di spiritualità, bellezza e servizio, che egli vuol trasmettere ai suoi allievi; fra di essi Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), a Le Barroux fondatore e primo abate dell’abbazia benedettina di Sainte-Madeleine — nota per la sua adesione alle usanze monastiche tradizionali e per l’irradiamento della forma straordinaria del rito romano — e dell’abbazia femminile Notre-Dame de L’Annonciation, di cui dal 2001 è abbadessa la sorella di Clotilde, Madre Placide O.S.B. Proprio Dom Gérard avrà un ruolo importante nella vita di Clotilde.
Albert Gérard, insieme a Dom Calvet e a Madiran — quest’ultimo anche ex insegnante a Maslacq e in seguito oblato dell’abbazia Sainte-Madeleine —, è padrino del Centre Henri et André Charlier, associazione culturale fondata nel 1980 dal giornalista e uomo politico Bernard Antony, intimo del «filosofo contadino» Gustave Thibon (1903-2001). Il Centre è all’origine, fra le altre cose, nel 1983, del pellegrinaggio di Pentecoste da Parigi a Chartres — sulle orme di Peguy — che riunisce larga parte del mondo francofono spiritualmente e culturalmente legato all’eredità e alla trasmissione della liturgia latino-grego­riana. Negli stessi anni Gérard fonda a Parigi l’Atelier de la Sainte Espérance, una fucina di artisti che si propone di fare un’arte di autentica ispirazione cristiana, il cui motto è Per visibilia ad invisibilia. Clotilde Devillers ne diviene la prima allieva, non limitandosi al disegno e alla pittura, ma dedicandosi anche alla scultura in pietra e in legno, al mosaico, al ricamo, alla miniatura, alla terracotta e alle vetrate. Nel 1986 l’Atelier si trasferisce a Le Barroux, nell’Alta Provenza, attratto dall’avventura monastica iniziata da Dom Calvet, e Clotilde vi si trasferisce a sua volta. La sua fede e il suo stile hanno un nuovo impulso proprio nel rapporto con Dom Gérard, che le suggerisce: «L’arte è voler dire l’anima delle cose, la vita interiore, il mistero dell’essere» (p. 6). Una nuova ispirazione le viene anche dalla luce e dai paesaggi provenzali, che Clotilde rappresenta in primo piano o sullo sfondo di molte sue opere. In questi anni realizza numerosi lavori, sia per la decorazione dei due monasteri benedettini di Le Barroux, sia per altri committenti, religiosi e laici. Dal 1991 al 2007 collabora come illustratrice al bollettino Apprenez-nous a prier e poi al sito Internet Prier en famille, dove si possono ancora oggi reperire numerose illustrazioni realizzate per la catechesi dei più piccoli. Nel novembre del 1999 sposa Olivier Dupont, anch’egli impegnato nell’Atelier de la Sainte Espérance. Nel giugno del 2008 comunica agli amici di essere alle porte del Cielo, vittima di un tumore che ha invaso il suo sistema linfatico. Muore nel dicembre dello stesso anno.
Nelle note di lettura di Clotilde ricorrono con frequenza citazioni del pittore polacco sant’Alberto Chmielowski (nato Adam Hilary Bernard, 1845-1916), il fondatore delle congregazioni dei Fratelli del Terz’Ordine di San Francesco Servi dei Poveri e delle Suore Albertine, canonizzato nel 1989, che nel 1876 scriveva: «L’essenza dell’arte è l’a­nima che si esprime in uno stile» (cit. a p. 5). In effetti, in tutta l’opera della Devillers — davvero poliedrica — troviamo il tratto comune di uno stile.
Che si tratti della grande tela dipinta intitolata La vocazione della Francia e conservata in una sala per gli ospiti dell’abbazia Sainte-Madeleine, dei ceri pasquali con le scene del Battesimo di Clodoveo, delle numerosissime icone realizzate su legno, delle vetrate raffiguranti la Beata Isabella di Francia e San Luigi, presso la chiesa Notre-Dame du Cap Fleuri, a Cap-d’Ail, o ancora della scultura in pietra raffigurante la Vergine del­l’Annun­ciazione, presso l’abbazia Notre-Dame de l’Annonciation, il tratto comune di Clotilde è una forza luminosa e composta, una delicatezza di tratto, di lineamenti, di paesaggi, che riesce a raccogliere in sé in modo personale e originale secoli di tradizione d’ar­te cristiana, e in particolare il romanico, le icone orientali e la tradizione popolare provenzale, componendoli in una sintesi del tutto personale e fuori dal tempo, senza cadere nella pedante riproduzione di modelli del passato. Fra le sue opere più belle vanno ricordati i quaranta capitelli del chiostro dell’abbazia Notre-Dame de l’Annonciation, scolpiti in pietra lavica e raffiguranti le Litanie della santa Vergine: una stupefacente sintesi di storia del­l’i­conografia cristiana e di profonda spiritualità, purtroppo non accessibili al pubblico, ma che trovano ampia rappresentanza iconografica nell’opera appena pubblicata.

[Daniela Bovolenta, recensione al libro Clotilde Devillers (Ama, Le Barroux 2014, pp. 84), comparsa in Cristianità. Organo ufficiale di Alleanza Cattolica, n. 376, aprile-giugno 2015, pp. 63-64]

martedì 19 maggio 2015

A come… abate - San Benedetto per tutti / 3

Per san Benedetto tutta la fisionomia dell’abate è legata alla persona di Cristo, di cui l’abate è il rappresentante. “Si sa infatti per fede che egli nel monastero fa le veci di Cristo” (Regola 2,2), ed egli porta il suo nome, quello di Abba, cioè Padre. L’abate deve continuamente ricordarsi di questo nome, che da solo riassume l’intera carica abbaziale. Ma cos’è un padre secondo san Benedetto?
È anzitutto insegnare, più con i fatti che con le parole, la buona dottrina, conforme ai precetti del Signore, e che consente di avanzare verso la vita eterna. Perché l’abate non deve mai dimenticare che sono delle anime che egli ha ricevuto per condurle, e di cui dovrà rendere conto.
È inoltre, certamente, amare tutti i propri figli. “Si guardi dal fare preferenze nella comunità: non ami l’uno più dell’altro, a eccezione di quello che avrà trovato migliore nella condotta e nell’obbedienza” (Regola 2,16-17). “Quindi l’abate ami tutti allo stesso modo” (Regola 2,22).
È infine incoraggiare i propri figli, adattandosi al carattere di ciascuno, in vista del loro vero bene soprannaturale: “alternando i rimproveri agli incoraggiamenti, a seconda dei tempi e delle circostanze, sappia dimostrare la severità del maestro insieme con la tenerezza del padre” (Regola 2,24).
Per aiutarlo in un compito così arduo, san Benedetto dà all’abate alcuni consigli aurei: “sia consapevole che il suo dovere è di aiutare, piuttosto che di comandare” (Regola 64,8); “faccia ‘trionfare la misericordia sulla giustizia’” (Regola 64,10); “detesti i vizi, ma ami i suoi monaci” (Regola 64,11); “e cerchi di essere più amato che temuto” (Regola 64,15).
Come dubitare che anche oggi un tale ritratto del padre di famiglia vi possa aiutare? Felici le famiglie, le scuole, le imprese, le società che sapranno ispirarsi a questa visione dell’autorità!
La prossima volta, B come biblioteca.

[Fr. Ambroise O.S.B., "Saint-Benoît pour tous...", La lettre aux amis, del Monastero Sainte-Marie de la Garde, n. 20, maggio 2015, p. 4, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

mercoledì 13 maggio 2015

Messa Abbaziale a Genova (lunedì 18 maggio)

In occasione di una visita a Genova dei monaci benedettini dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, lunedì 18 maggio 2015, presso la storica chiesa di Nostra Signora del Carmine e di Sant'Agnese (situata nel quartiere detto del Carmine, in via Brignole De Ferrari 3, a poca distanza dalla centrale via Balbi), alle ore 18:30, sarà celebrata una Messa Abbaziale nella forma extraordinaria del Rito romano, in canto gregoriano e con polifonie offerte dal Movimento Liturgico Giovanile (MLG) di Genova.
Celebrerà solennemente il M.R.P. Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Abate di Le Barroux, accompagnato da una nutrita schiera di monaci dell'abbazia, che canteranno il proprio della Messa votiva del Cuore Immacolato.
Precederà la celebrazione eucaristica l'Ufficio dei Vespri, alle ore 17:45.
La partecipazione dei fedeli è gradita, come pure la diffusione della notizia.



sabato 2 maggio 2015

Madonna dell'Equilibrio - (mese di maggio con Maria)

Nell’estate del 1967 un monaco cistercense, intento alla meditazione mattutina, subisce maggiori distrazioni del solito per il continuo ritornargli alla fantasia della parola “equilibrio”. Lo stesso giorno, mentre riordina in soffitta cose fuori uso, ecco capitargli tra le mani una lastra di bronzo con il rilievo di una orante: è l’Alma Æquilibrii Mater, Santa Maria dell’Equilibrio. Riprodotta a colori su tela da fr. Armando Panniello, la venerata effige viene oggi conservata nell’Abbazia trappista Nostra Signora del Santissimo Sacramento di Frattocchie (Roma), sede centrale della sua diffusione.

Preghiera alla Madonna dell’Equilibrio

Nel tempestoso mare della vita — al fin che dritta solchi la sua prora — chi non invoca Te, chi non t’addita amica Stella, e Madre, e gran Signora, Santa Maria?

Noi ti chiediamo il dono dell’equilibrio cristiano, tanto necessario alla Chiesa e al mondo di oggi.

Liberaci dal male e dalle nostre meschinità: salvaci dai compromessi e dai conformismi; tienici lontano dai miti e dalle illusioni, dallo scoraggiamento e dall’orgoglio, dalla timidezza e dalla sufficienza, dall’ignoranza e dalla presunzione, dall’errore, dalla durezza del cuore. Donaci la tenacia nello sforzo, la calma nella sconfitta, il coraggio per ricominciare, l’umiltà nel successo.

Apri i nostri cuori alla santità.

Donaci una perfetta semplicità, un cuore puro, l’amore alla verità, all’essenziale, la forza d’impegnarci senza calcolo alcuno, la lealtà di conoscere i nostri limiti e di rispettarli. Accordaci la grazia di sapere accogliere e vivere la Parola di Dio. Accordaci il dono della preghiera.

Apri i nostri cuori a Dio.

Noi ti chiediamo l’amore alla Chiesa, così come tuo Figlio l’ha voluta, per partecipare in essa e con essa, in fraterna comunione con tutti i membri del Popolo di Dio — gerarchia e fedeli — alla salvezza degli uomini nostri fratelli. Infondici per gli uomini comprensione e rispetto, misericordia e amore.