lunedì 23 giugno 2014

Azione di grazie a Le Barroux

Venerdì 27 giugno 2014, alle ore 10, nella solennità del Sacro Cuore, Sua Eminenza il cardinale Marc Ouellet P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi, celebrerà presso la chiesa abbaziale dell’Abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux una Messsa pontificale in azione di grazie per il 25mo anniversario del riconoscimento canonico della comunità, l’erezione del monastero in abbazia, la benedizione abbaziale di Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008) e la dedicazione della chiesa. Tutti sono calorosamente invitati a partecipare o a unirsi in preghiera a questa celebrazione e a rendere grazie con i monaci al Signore per tutti i suoi doni.
 

mercoledì 18 giugno 2014

La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare

[…] C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente [la Parola di Dio, la Sacra Scrittura]. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.
Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica – sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce per unire gli uomini nella pace dell’unico Dio. «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.
Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio. […]
Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis, 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.
Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che modo si rende possibile questa attualizzazione del Mistero Pasquale di Cristo? Il beato Papa Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, scrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Gv 17,3)» (Vicesimus quintus annus, n. 7). Sulla stessa linea, leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153). Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua Regola, parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, «la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente. Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l’inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all’interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio.
In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione. Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.
Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.
Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2564). Grazie.
[Benedetto XVI, Udienza Generale, 26 settembre 2012]

lunedì 16 giugno 2014

In Paradisum ! - Sr. M. Agnese De Lorenzi O.S.B.

Sr. M. Agnese De Lorenzi O.S.B. in Rwanda (a destra).
Il 14 giugno 2014 il Signore ha chiamato a sé Sr. M. Agnese De Lorenzi O.S.B., di anni 94 e 77 di Professione monastica.
Nata Luigia a Teòlo (Padova), a 16 anni compie il suo ingresso nel Monastero San Benedetto di Bergamo, su indicazione dei monaci dell'abbazia di Praglia, non essendoci più posto nei noviziati della Diocesi di Padova. Emette la Professione il 5 ottobre 1937, nella memoria di san Placido.
Il suo carattere molto aperto e gioioso la predisponeva ad avere facilità nei rapporti personali, vivendo al contempo una profonda vita interiore. Esprimeva la sua spiritualità in un grande amore per la celebrazione dell’Ufficio Divino, al quale ha partecipato fin quando la lucidità glielo ha permesso; ma pur nella malattia non ha mai perso la capacità di trasmettere il senso di preghiera e di pace che viveva interiormente.
Impegnata nella comunità monastica in diverse attività: maglieria, dispensiera, aiuto economa e infermiera, incaricata dell’accoglienza degli ospiti e Maestra delle novizie.
Nel 1968, su richiesta dell’A.I.M. (Aiuto Implantazione Monasteri) e della Congregazione dei religiosi, si rende disponibile per un aiuto alla comunità della fondazione belga di Maredret a Sovu, in Rwanda, dove vi trascorrerà 26 anni, conquistando la simpatia e l’affetto di tutti coloro che l’hanno conosciuta. La sua presenza è stata di riferimento e pacificante la comunità. Rientra in Italia per gravi motivi di salute alla vigilia del grande genocidio. Nel 1995, su richiesta della comunità ruandese sfollata in Belgio, viene inviata per un’analisi della situazione dei monasteri di Sovu e di Kigufi dopo la terribile guerra civile nella quale avevano perso la vita nove consorelle ruandesi.
Rientrata definitivamente nella comunità del Monastero San Benedetto di Bergamo, vi trascorre serenamente gli ultimi anni della sua vita, in completo abbandono alla volontà di Dio.
Da uno scritto autografo di Sr. Agnese (1994 ca.):
“Padre Santo, vengo a Te! Ecce quod concupivi iam video… sì, Padre, è da tanto tempo che aspetto la Tua chiamata, che desidero il tuo incontro definitivo!... conosco la mia povertà, la mia miseria; ma ho sempre avuto ed ho una grande fiducia, non nei miei meriti, ma nella Tua grande misericordia. Grazie per tanti Tuoi doni. Sì, il Tuo Amore per me è stato grande; mi hai ricolmata di grazie, mi hai accompagnata e Ti sei rivelato fin dalla mia tenera giovinezza con i Tuoi lumi e richiami.
Da parte mia, nonostante le mie grandi deficienze, ho cercato di seguirti sempre con filiale abbandono alla Tua volontà. Ti ho seguito per vie davvero da me inaspettate e solo la Tua grazia ha potuto farmi sormontare tante difficoltà e pericoli!... Il mio abbandono in Te è sempre stato la mia forza. Tenere la mia mano nella Tua mi è stato di grande conforto anche nei momenti più duri e difficili!...
Ho cercato la sincerità del cuore e la verità… e con questa sincerità ho amato tutti i Fratelli, ma specialmente tutte le Consorelle dei vari Monasteri con le quali sono vissuta più o meno a lungo, e questo, in modo particolare le mie Consorelle del Monastero di S. Benedetto, parecchie delle quali sono già in cielo. Sì, sono tanto grata e riconoscente alle Madri e Consorelle del mio Monastero nel quale ho fatto la mia Professione. La lontananza non mi ha mai fatto dimenticare la carità e le attenzioni avute nei miei confronti, specialmente durante la mia lunga malattia. Sono felice che il Signore abbia disposto che io vi ritorni per morirvi!...”.
 

Sr. M. Agnese De Lorenzi O.S.B. lo scorso Natale.