martedì 1 gennaio 2013

Il mistero del Natale continua

Siete così presenti a quel che costituisce la sostanza della nostra vita che non esito a rendervi partecipi della felicità di avere celebrato il Natale nel seno della nostra famiglia monastica. Vorremmo farvene condividere il sapore. Come esprimersi? Vi è la Notte, Nox sancta, il 25 dicembre; c’è il nostro presepe (come a casa vostra), lo scampanio annunciante i solenni mattutini meticolosamente preparati; vi sono la Messa di mezzanotte, la Messa dell’aurora e quella del giorno. Così accade in tutte le abbazie sorelle in cui monaci e monache ascoltano le letture e rispondono riempiendo la notte con i loro canti. Al primo notturno le letture del mattutino sono quelle dell’Antico Testamento che predicono l’avvento di un salvatore, e al secondo notturno ascoltiamo Papa san Leone Magno, del secolo V, dirci attraverso la voce del lettore queste parole ancora fresche: «Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! […] Riconosci, cristiano, la tua dignità […], reso partecipe della natura divina». Che audacia in queste parole che ci raggiungono in questa notte sin nel più profondo dell’anima!
Tuttavia, credete forse cari amici che una volta spenti i ceri e deposti gli ornamenti, si arrestino i fasti delle nostre grandi solennità? Senza dubbio, nel suo dispiegamento esteriore, la liturgia deve segnare una pausa; ciò nonostante la grazia soprannaturale infusa mediante gli splendori del rito perdura nelle anime. Essa è un dono più ineffabile e più prezioso di tutte le manifestazioni della cultura religiosa. Questa grazia è invisibile agli sguardi degli uomini. È una specie di miracolo interiore. È di essa che vi vorrei dire qualche parola.
Natale non appartiene al passato: bisogna viverlo per tutta la vita. È il mistero della generosità divina che celebra la generazione eterna del Figlio nel seno del Padre e l’uscita al di fuori del Figlio che diventa simile a ciascuno di noi: Dio discende presso di noi affinché noi saliamo presso di lui, o piuttosto, come dicono i Padri della Chiesa, Dio si è fatto uomo affinché l’uomo si faccia Dio. Questo Figlio amatissimo rivive in noi, mediante la comunicazione della sua grazia e della vita intima che custodisce il suo Cuore di Uomo-Dio. Ecco perché vi è una gioia misteriosa del Natale che non passa mai. La nascita in noi del Figlio di Dio deve metterci in uno stato di rinascita continua e di fioritura interiore, un risveglio, un dispiegamento progressivo – che sia questa lo spirito infantile? –, per fare di noi, lungo tutta la vita, dei figli che crescono sotto lo sguardo del loro Padre.
Occorre quindi fare attenzione a non rinchiudere ermeticamente la pietà filiale di Gesù negli anni trascorsi a Nazareth. Si noti che è durante la sua Passione che lo slancio d’amore del Figlio verso il Padre assume tutta la sua ampiezza: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre […]. Alzatevi, andiamo via di qui. […] Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo […]. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Gv 14,31 - 17,1; Lc 23,46). Ugualmente, se Resurrezione e Ascensione segnano il ritorno del Figlio nella gloria del Padre, vi è che questa risalita verso il Padre esprime la relazione essenziale che dà tutto il suo significato alla vita del Redentore.
Gesù è così essenzialmente e perfettamente Figlio in ogni istante della sua vita, che nascita, ritrovamento nel Tempio, morte e risurrezione, non fanno che svelare un aspetto di questo mistero unico: vi è continuamente perfetta e splendida unità fra il Generato eterno, il Bambino di Betlemme, la vittima sulla Croce e il Figlio risuscitato dai morti.
Ecco perché, cari oblati, v’invito a prolungare in tutta la vostra vita la grazia del Natale, considerando questo mistero non come un avvenimento transitorio, ma come una costante che imprime a tutta la vostra esistenza il suo significato e la sua unità profonda. Nessun pensiero, nessuna azione non può che passare da un asse attorno al quale l’essere si organizza e rimane diritto. Tale asse è la Lettera agli Ebrei, che interpretando il Salmo 39 come il pensiero segreto del Bambino che sta per nascere, ce ne fornisce la chiave in una visione meravigliosamente immobile e stabile che durerà tutta la vita: «Entrando nel mondo, Cristo dice:Ecco, io vengo […] per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10, 5-7). A dodici anni, egli risponde a sua madre che lo cerca da tre giorni: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio (Lc 2,49). Che bella unità potremmo dare alla nostra esistenza, semplificandola e accordandola a questa grande linea retta e pura che collega la pietà del Figlio a Colui da cui procede ogni bontà!
 
[Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), Le mystère de Noël continue, 6 gennaio 1997, in Benedictus. Tome III. Lettres aux oblats, Éditions Sainte-Madeleine, Le Barroux 2011, pp. 154-156, trad. it. di fr. Romualdo Obl.S.B.]

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